Prestazioni eccellenti e un design sportivo ed elegante che non sembra risentire del tempo che passa. A vent’anni dal lancio, l’Alfa Romeo 166 resta un riferimento per le ammiraglie sportive.
Quando arriva il momento di sostituire 164, il Centro Stile Alfa Romeo ha già una proposta nel cassetto…
Come sarebbe dovuta essere. I ragazzi di Walter de Silva, partendo dal pianale della Lancia K e ispirandosi alla stessa 164, uniscono con sapienza, in un insieme di grande eleganza, gli stilemi più importanti del marchio. Dal grande scudetto – elemento comparso per la prima volta sulla 8C 2900 degli anni 30 e che ancora oggi contraddistingue le auto del Biscione – prende forma un frontale di ampio respiro, con le due aperture laterali a scomporre la calandra in tre parti. L’idea – mutuata dall’esperienza vincente della 156, la tre volumi che aprirà un nuovo corso del design Alfa Romeo – dà origine a un trilobo sobrio, dalle forme classiche, che omaggia due grandi berline Alfa Romeo del passato, la 1900 e la Giulietta.
Troppo bella per essere vera. “Espiò la colpa di essere troppo bella”, ha spiegato Walter de Silva durante il dibattito Alfa 156, vent’anni di successi, organizzato dall’Alfa Club Abruzzo e dal Registro Italiano Alfa Romeo poco più di un anno fa al Museo di arte contemporanea di Pescara. “Il progetto messo a punto nel nostro Centro stile fu fermato immediatamente dai vertici della Fiat, perché avrebbe gettato più di qualche ombra sulla Lancia K, che era sul punto di debuttare sul mercato. Se non altro”, racconta l’ex capo dello stile del Biscione, “fu mandata avanti la 156, per la quale avevano proposto un modello anche Giugiaro e la Pininfarina…”.
La bellezza non ha età. Il modello di serie, sempre disegnato all’interno dell’atelier della Casa milanese, conserverà comunque una buona parte delle caratteristiche dell’idea originale. La linea a cuneo conferisce all’insieme un senso di sportività insolito per la categoria. Per gli alfisti, tuttavia, la pecca resta il frontale, giudicato poco aggressivo per via dei fari piccoli e troppo distanti tra loro. Sulla 166, la plasticità della 156 è soltanto accennata, e il risultato è una bellezza più discreta e malinconica: non certo un difetto per una grande berlina di rappresentanza. A vent’anni dal lancio, la 166 sussurra ancora la bellezza delle sue forme, e ha l’indubbio (e grande) merito di mostrare soluzioni che, se per la fine degli anni 90 erano insolite, oggi appaiono imprescindibili per ottenere un design moderno e dinamico (si pensi, per esempio, allo sviluppo orizzontale dei gruppi ottici posteriori).
Una grande stradista. Con una meccanica raffinata. Bella, elegante, velocissima: la 166 diventa un nuovo punto di riferimento per le ammiraglie sportive, nonostante i limiti posti dalla trazione anteriore e da una gamma motori che non prevede unità con cilindrate superiori ai tre litri. Il telaio, in acciaio, è un’evoluzione di quello della 164, ma all’anteriore, in luogo del Mc Pherson, è previsto uno schema a quadrilatero alto. Al posteriore debutta un moderno multilink, che consente di ottenere una lieve autosterzatura. I propulsori sono tutti d’alto rango, a partire dal “piccolo” quattro cilindri 2.0 Twin Spark 16V da 155 CV, già visto sulla 156. Ripresi dalla “sorellina” anche il sei cilindri a V di 2,5 litri (190 CV) e il 2.4 JTD common-rail (136 CV). Alla clientela più sportiva sono riservate le versioni 2.0 V6 Turbo da 205 CV e 3.0 V6 da 226 CV: quest’ultima, forte di una punta massima di 243 km/h, è la berlina con motore tre litri più veloce sul mercato. La dirigenza non crederà mai a fondo nel progetto: la 166 non verrà mai evoluta, né sviluppata, e le linee di produzione si chiuderanno nel 2007 con un totale di 99.498 esemplari assemblati.