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Alfa Romeo Giulietta, ok il prezzo è giusto

Una tre volumi dal design moderno e rivoluzionario che raccolse con coraggio il testimone della Giulia, autentica best-seller degli anni 60 e icona indiscussa del marchio Alfa Romeo. La “nuova” Giulietta è un’auto brillante, bella da guidare ed economica, sia nell’acquisto sia nella manutenzione. Ripercorriamone insieme la storia e facciamo il punto sulle versioni da non lasciarsi scappare.

Nata in tempo di crisi. Se la Giulia nasce nel periodo di massimo sviluppo dell’Alfa Romeo, con l’inaugurazione del modernissimo stabilimento di Arese e della pista di Balocco, la Giulietta vede la luce in un momento assai più critico. È il 1974 e il presidente Giuseppe Luraghi, l’uomo che aveva inventato la Giulietta e promosso lo sviluppo industriale del meridione col progetto Alfasud, viene defenestrato in seguito a un ormai irreversibile deterioramento dei rapporti con l’Iri. Orfana della sua guida più illuminata, l’Alfa Romeo si trova a dover gettare le basi di quella che sarà la nuova Giulietta.

Il cuneo degli anni 80. La nuova berlina compatta del Biscione viene presentata a Taormina il 19 novembre del 1977. La linea, fortemente a cuneo, segna una rottura definitiva con gli stilemi del passato e apre al nuovo corso che darà vita ai modelli degli anni 80 e 90. Piace il frontale, basso e aggressivo, mentre non convince del tutto la coda che, alta e tronca, limita sensibilmente la capacità del bagagliaio. All’interno si registra un netto salto in avanti dal punto di vista della qualità: la plancia, senza fronzoli, ha un design moderno ed è costruita con più cura rispetto al passato.

Meccanica raffinata. La Giulietta è una berlina a tre volumi di medie dimensioni. All’epoca veniva fatta rientrare nel segmento 4, ma vantava soluzioni tecniche da auto di categoria superiore. Il telaio è sostanzialmente quello della “cugina” Alfetta (che appartiene al segmento 5, ndr): schema transaxle (cambio, differenziale e freni a disco in-board sono riuniti in un unico blocco sospeso alla scocca al posteriore), sospensioni a quadrilateri con barre di torsione all’anteriore, ponte De Dion a triangolo chiuso e parallelogramma di Watt al posteriore.

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Perché comprarla oggi. Non ha le proporzioni auree dell’Alfetta, rispetto alla quale è più corta di quasi venti centimetri (a essere ridotto è lo sbalzo posteriore) ed è anche meno riuscita della 75, che grazie alla fascia nera che percorre tutta la carrozzeria ben dissimula i lamierati ereditati dalla progenitrice (un occhio attento noterà che il telaio delle portiere è lo stesso della Giulietta). Il fattore estetico, combinato con un’offerta di motori  che comprende propulsori meno nobili, per così dire, rispetto ai 6 cilindri e al twin spark della 75, ha determinato una quiescenza del suo valore di mercato: la Giulietta si compra a prezzi ragionevoli.

Per andare a colpo sicuro. Escludendo la poco appetibile 2.0 a gasolio (monta un 2.0 turbodiesel prodotto dalla VM di Cento in grado di erogare 82 CV a 4300 giri al minuto e vale al massimo 3000 euro), vediamo i tre motori a benzina disponibili. Il 1.3 “superquadro” da 95 CV, derivato dal “vecchio” bialbero da 1290 cm³ della prima Giulietta, è un gioiello di meccanica ma, viste le dimensioni e il peso della vettura, non fornisce prestazioni particolarmente sportive. Meglio puntare su una 1.6 (109 CV a 5600 giri/min, 174 km/h) o su una 1.8, versione che arriva nel 1979 e monta il brillante 4 cilindri di 1779 cm³ già visto su 1750 e Alfetta (122 CV a 5300 giri/min, 180 km/h). La quotazione per una 1.3, una 1.6 o una 1.8 perfettamente conservata o completamente restaurata è di 4500 euro. Sfiziosa la Super, che anticipa alcuni tratti della seconda serie del 1981 e introduce sul mercato italiano la motorizzazione di due litri (1962 cm³, 130 CV, 187 km/h). Per una 2.0, Super o TI non fa differenza, non si dovrebbero spendere più di 6000 euro.

La più rara. Capitolo a parte la Turbodelta del 1983: vistosa, estrema e cara, all’epoca costava quasi 27 milioni di lire, oltre dieci in più della 2.0 “normale”. Oggi è una mosca bianca e, se in condizioni da concorso, spunta quotazioni superiori ai 37.000 euro.  

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