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Icone berline e SW, prima parte

Allegato al numero di marzo di Ruoteclassiche, in edicola dal 6 del mese, potete acquistare il secondo volume della collana Icone, dedicato alle berline e alle station wagon. Che, siccome sono molte, proseguiranno anche sul numero successivo, il terzo. Ogni fascicolo ha 146 pagine in cui vi raccontiamo la nascita, l’importanza per il mercato italiano e i particolari meno noti dei vari modelli.  Di ciascuno ripercorriamo la storia e l’evoluzione, illustriamo la tecnica, raccontiamo le curiosità e gli aneddoti meno conosciuti, oltre a riportare quanto scritto e rilevato da Quattroruote, o Ruoteclassiche, nelle prove pubblicate al tempo.

Cuore sportivo. La carrellata di berline e station wagon che hanno caratterizzato il panorama automobilistico italiano dall’ultimo dopoguerra in poi si apre, seguendo l’ordine alfabetico, con l’Alfa Romeo. Come non ricordare la Giulietta degli anni 50, che, pur con un motore 1.300, vinceva anche in pista? E la successiva Giulia, l’auto “disegnata dal vento”? Seguono l’Alfetta, altra pietra miliare delle berline di Arese, e la 164, figlia del progetto comune con la Fiat Croma, la Lancia Thema e la Saab 9000, ma dall’estetica assolutamente personale e gradita dalla clientela.

Cx da primato. Audi, fino alla 100 serie C3, non aveva per nulla convinto gli italiani a considerare la Casa dei Quattro anelli come valida alternativa a Mercedes e BMW nel segmento delle grandi berline. Poi la C3, dalla linea pulita e filante che le garantiva un’aerodinamica senza precedenti e, di conseguenza, bassi consumi e buona velocità pur con motori non così potenti, segnò la svolta.

Compatta e meno compatta. La BMW serie 3 prima generazione esisteva solo a due porte. Un limite da sempre, per la clientela nostrana, che fu tuttavia subito superato, tanto che il modello piacque, e molto. Per chi non poteva fare a meno delle quattro porte, o comunque desiderava una berlina più “importante” e confortevole, c’era la serie 5, che ricalcava lo schema stilistico della serie 3 ed è stata un altro bestseller.

Astronavi sulla terra. Come definire altrimenti vetture come la Citroen DS, innovativa e rivoluzionaria al punto da richiedere una sorta di apprendistato per poter essere guidata con disinvoltura? Nel 1955, anno del lancio, doveva sembrare davvero qualcosa di più vicino a una nave spaziale che non a un’automobile. La CX, sua erede, proseguì la tradizione, conquistando a sua volta schiere di fan che mai avrebbero acquistato un modello differente.

Quando Torino era la capitale. E la maggior parte degli italiani viaggiava sulle Fiat: dalla 1100/103, evolutasi fino alla 1100 R, alla 124, che offriva parecchio spazio in più pur con cilindrata appena superiore, di 1.200. Poi la 128, con la rivoluzione della trazione anteriore, che garantisce un’abitabilità ottimale; la Ritmo, con il suo design anticonvenzionale e del tutto personale, con il plus del portellone posteriore; infine, la Croma, berlina di categoria superiore forse non abbastanza apprezzata al tempo, quando lo stesso avvocato Agnelli se ne serviva abitualmente, ma la clientela le preferiva spesso la Lancia Thema o l’Alfa Romeo 164, figlie dello stesso progetto.

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