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Ammiraglie: l’eleganza in corsa

Lanciarsi tra i tornanti del Col de Turini con una Citroen DS? Sfrecciare nella Sierras argentine con una Meredes-Benz 220 SE? Dune e guadi con una Rolls-Royce? Si può fare!

Una plancia contenente più legname, pardon “radica di noce”,  di una credenza in stile vittoriano non è esattamente ciò che ci si aspetta nel cockpit di un’auto da corsa… Curiosando tra i piazzamenti di alcuni tra i rally più prestigiosi e impegnativi, spuntano i nomi di alcune outsider: eleganti vetture abituate a sfilare placidamente in autostrada o lungo i boulevard più rinomati. Le bandierine di rappresentanza sventolano sui parafanghi, chauffeur e segretari si avvicendano tra ambasciate e consolati, ma quando a sventolare è la bandiera a scacchi, la situazione cambia, e le placide ammiraglie sfrecciano e vincono, in barba a ogni pronostico. Citroen DS (e ID), Lancia Flavia e Aurelia, o ancora Mercedes-Benz 220 e 300SE, se non modelli ancora più imponenti e costosi come le varie Rolls-Roye Silver Cloud, Silver Seraph e Corniche. Nate per scommessa, assecondando i capricci di eccentrici gentlemen drivers o di ingegneri visionari, si affermarono in alcune delle competizioni più impegnative del motorsport.

La première. Apre questo Grand Tour, la “dea” francese, il modello che ha gareggiato per più tempo. A pochi mesi dalla commercializzazione, la Citroen DS si impone anche nei rally, dove le sue “magiche” sospensioni idropneumatiche la avvantaggiano nei tratti più accidentati. Nel 1956 la prima vittoria al Rallye di Montecarlo, ma la consacrazione arriva nel 1959, quando Paul Coltelloni, Pierre Alexandre e Claude Desrosiers si aggiudicano la vittoria al Rallye di Montecarlo a bordo di una Citroen ID19, di proprietà di Madame Coltelloni, moglie del pilota… Sarà Sua Altezza Serenissima, Grace di Monaco a premiare i piloti. Un’immagine che assume contorni mistici, che vede riunite due divinità dello stile: la DS e Grace Kelly. Cos’altro potevano desiderare i piloti della scuderia di Renè Cotton dopo la premiazione stellare di quel 25 gennaio 1959? Magari una collaborazione ufficiale con Citroen. E la proposta arrivò proprio da Jacques Wolgensinger, il giovane direttore delle Pubbliche Relazioni della Casa. Toccava alla Scuderia “Paris Ile-de-France” (gestita da Cotton) tenere alta la bandiera Citroen nelle competizioni. In forza anche i meccanici di Citroen Italia, sotto la regia di Camillo Saini.

La rivincita del calabrone.
La Citroen DS non era stata concepita per le corse, troppo pesante, troppo lunga, quanto poco potente e delicata, ma la storia ci dimostra che a volte è possibile vincere anche in condizioni di svantaggio. Un po’ come la teoria del calabrone di Sikorskij: “La sua conformazione non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso”. Dopo le vittorie monegasche, arrivarono molti altri successi, Paul Coltelloni conquista anche il Rally Adriatico in Jugoslavia; Guy Verrier conduce alla vittoria una Citroen DS 19 al “Tulpen Rally” (Rally dei Tulipani) in Olanda, mentre Renè Trautmann giungerà secondo in Germania e in Svizzera al volante della ID19. Quest’ultima era la versione semplificata, ma non meno affascinante, della DS. Se nel 1961 Pauli Toivonen giunge secondo al “1000 Laghi”, la vittoria “casalinga” arriva nel ’62: svetta al Rally di Finlandia al volante di una DS19. Intanto, alla Liegi-Sofia-Liegi, Henri Marang chiude in seconda posizione con la ID; Renè Trautmann è 3° al Rally dell’Acropoli e in Germania. Nel 1962 ben 5 Citroen DS si classificano tra i primi 10 al Rallye di Montecarlo, con Toivonen-Jarvi secondi assoluti. Nel 1963 nasce in veste ufficiale il reparto corse Citroën (gestito sempre da Cotton) e il primo successo rilevante, firmato Trautmann arriva al Tour de Corse. Toivonen arriva secondo al Montecarlo, mentre Lucien Bianchi è terzo alla massacrante Spa-Sofia-Liegi.

Ultimi fuochi. L’anno successivo, all’ombra del Partenone, Jean-Claude Ogier arriva secondo durante il Rally dell’Acropoli. Ma è il 1966 a segnare l’ultimo grande trionfo per l’ammiraglia francese: la vittoria della Citroen DS21 al Rallye di Montecarlo ad opera di Pauli Toivonen. Seguono le coupè italiane Lancia Flavia, di Trautmann-Handrioud e Andersson-Dahlgren. Da non sottovalutare poi la terza piazza rimediata in Austria dal pilota locale Richard Bochnicek. La Citroën DS presentata nel 1955, sul finire degli anni ’60 inizia ad accusare peso dell’età e le vittorie arrivano solo nei rally minori. Nel 1971 la scomparsa di Renè Cotton non compromette il raggiungimento del 3° posto al Rally del Marocco, conseguito da Bernard Consten. Neyret, l’anno successivo conquista il 2° posto a bordo di una speciale DS a passo accorciato, a seguire, Raymond Ponnelle, anche lui su un’altra Citroën DS21 accorciata. Inedita la berlinetta su base DS presentata nel 1972, ma il debutto non è dei migliori: La DS 21 “rally TAP” è costretta al ritiro in Portogallo e al Bandama Rally, in Costa d’Avorio. La nuova DS da corsa, propone una meccanica derivata dal modello “21” capace di erogare ben 190 cv contro i 115 del modello di serie. 1973, con il primo Campionato Rally Mondiale, la Citroen riesce invece a conquistare tre podi iridati: due in Marocco, con Neyret e Bochnicek, rispettivamente in seconda e terza posizione; uno in Portogallo, con Francisco Romãozinho che si piazza 3° al “Rally TAP”. Questa speciale berlinetta sarà poi la base di partenza per lo sviluppo della nuova granturismo di lusso, la Citroen-Maserati SM. Dal 1974, le difficoltà economiche del “Double Chevron” e l’anzianità del progetto DS porteranno al ritiro di Citroen dal mondo delle competizioni.

L’apparenza inganna. I grandi fari verticali e leggermente inclinati sottolineano un’immagine austera. L’imponente Mercedes-Benz 220SE, ha l’aria della Signorina Rottermeier… Appartenente alla famiglia W111, la 220SEb (per distinguerla dal modello precedente), negli anni ‘60 era il modello di alta gamma della Casa di Stoccarda. Presentata nel 1959, si caratterizzava per le tipiche “Heckflossen”, le pinne di coda di ispirazione americana. Pensata per accompagnare alti funzionari, dirigenti e diplomatici, la compassata ammiraglia tedesca non sembra farsi troppe remore quando si tratta di sfrecciare tra mulattiere e strade accidentate, dove sfodera una grinta insospettabile. La pesante Mercedes conquista il Rallye di Montecarlo nel 1960 con Walter Schock e Rolf Moll, nel 1962 è seconda assoluta e prima di categoria con Eugen Bohringer e Peter Lang. La Stella a tre punte illumina l’Acropoli nel 1960 e dal ’62 al ’64; svetta tra i Tulipani (sempre nel 1960) e al Mille Laghi con Aaltonen nel 1961. Non manca poi la tripletta di vittorie, in casa, al Rally di Germania: 1961-62-63. Mentre nel 1962 sarà Ewy Rosqvist a vincere la “Coppa delle Dame” al Rallye di Montecarlo insieme a Ursula Wirth, oltre a conquistare il terzo posto al massacrante “Grand Prix dell’Argentina”. Un successo che ha una valenza storica più che agonistica, in quanto rispedisce al mittente ogni dubbio e pregiudizio sulle abilità di una donna al volante: la Rosqvist stabilì il record di velocità media della gara, che passava da 121,1 a 126,8 km/h. Del resto, le Mercedes vanno trattate con i guanti, anche quelli da pilota… Nel 1967 sarà poi la 300SEL 6.8 AMG a far parlare di sé, ma questa è un’altra (bella) storia.

La torinese. Nemmeno la granturismo torinese griffata Pininfarina, la Lancia Flavia, resiste al richiamo delle corse. L’elegante coupè di fascia medio-alta, senza bissare i successi della grande ammiraglia di casa Lancia, la Aurelia (vincitrice del Rallye di Montecarlo nel 1954), nel 1963 giunge al 9° posto con Frescobaldi e Rossi. Nel 1964 Lancia “piazza” 7 Flavia Coupè 1.8 a Montecarlo; Renè Trautmann ottiene la vittoria al Lyon-Charbonniers. Oltralpe la Flavia raccoglie ancora successi al Criterium Fleurs et Parfum, Paris-Saint Raphael, poi al Trofeo Lazzaroni e alla Coppa d’Oro Pesci; nello stesso anno arriva anche la vittoria di classe alla salita della Consuma. Al Montecarlo del 1965 Giacomo Bialetti, nuovamente senza copilota “rimedia” Italo Varisco, replicando quanto avvenuto in Corsica, dove gareggiò all’ultimo minuto con Marie Claude Charmasson, ma non conclude la corsa. Soltanto nel 1966, la bella Flavia giungerà sul podio del prestigioso Rallye di Montecarlo: fioccano un 2° e 3° posto con Renè Trautmann-Jean Pierre Hanrioud e Ove Andersson-Rolf Dahlgren. Affascinante la dotazione di bordo: oltre agli indicatori supplementari e i sedili avvolgenti troviamo il cavo per il traino, un badile per rimuovere terra e neve in caso di fuori pista e un piede di porco per raddrizzare le lamiere alla bene meglio e ripartire subito, nella malaugurata (e assai probabile) evenienza di un incidente…

Stile britannico. Perché gareggiare su vetture scomode e spartane come gli altri comuni mortali? I più eccentrici tra i gentlemen drivers non scendevano a compromessi, nemmeno quando si trattava di imbrattarsi tra fanghiglia, fogliame o sabbia desertica: desideravano il meglio, anche in corsa, e anche a rischio di danneggiare la costosa carrozzeria. Le maestose Rolls-Royce vestivano gli “stivali” pesanti e si preparano ai raid più impegnativi, l’esito talvolta sfiora il tragicomico, ma l’aplomb e un po’ dello humor, tipicamente inglesi, aggiungono fascino agli aneddoti su queste imprese. La Silver Shadow è la più costosa e pesante vettura a prendere parte alla massacrante Londra-Città del Messico, un percorso di 25 mila chilometri svoltosi in occasione dei Mondiali di Messico ’70 patrocinato dal Daily Mirror. Un record che forse è stato battuto dalla gloriosa Bentley 8 Litre, ribaltatasi durante la London-Sydney dopo aver provocato il cedimento di una strada in Egitto… La Silver Shadow era spinta da un motore V8 da 6750 cc, modificato per l’occasione in modo da avere un rapporto di compressione inferiore; invece, due nolder convogliano gli scarichi verso la parte alta della vettura, utili per affrontare i guadi più profondi. Due anche i serbatoi, a garanzia dell’approvvigionamento di idrocarburi per la vorace ammiraglia: 240 litri in totale. L’assetto è rialzato e in nome di un rinnovato imperialismo che spinge la Silver Shadow a nuove conquiste (agonistiche), qui viene indicato come “Rolls-Royce Colonial”; tutto questo non bastò per assicurare il buon esito della corsa… Ma non è l’unica volta in cui una Rolls-Royce si cimenta in una competizione simile. La partenza è sempre la stessa, Londra: da qui, le regali vetture partono verso gli angoli più remoti del Commonwealth toccando l’Africa (Cape Town) e l’Oceania (Sydney) passando per Singapore.

Distinguersi, sempre e ovunque. Una Silver Shadow in “Athenian Blue” ad esempio partecipa all’edizione 1977 del Londra- Cape Town. All’interno i sedili avvolgenti sostituiscono le grandi poltrone in pelle mentre il divano posteriore lascia posto alla ruota di scorta, che ancorata con un grande gallettone può ancora specchiarsi nei “Vanity Mirrors” posteriori. Parte dei rivestimenti in pelle viene sostituito da semplici piastre d’alluminio, ma c’è sempre un’occhio di riguardo per gli inserti in legno: rimangono al loro posto a rimarcare l’eleganza dell ’atmosfera a bordo. E che dire poi delle Silver Cloud? Nel 2014 Alaister Caldwell e sua madre Dorothy (97 anni, record mondiale di anzianità per un navigatore) gareggiano al “Road to Mandalay” in Myanmar con una preziosa Silver Cloud III del 1963, già protagonista di una traversata da New York all’Alaska… Giunta 5° assoluta e prima in categoria. In questa sfilata di modelli non può mancare la Corniche Coupè “Jules”, sponsorizzata da Christian Dior, che nel 1981 partecipa alla Parigi-Dakar. Era nata come una (costosa) scommessa di Jean-Christophe Pelletier, che affiderà il timone al famoso pilota Thierry de Montcorgé, la vettura si rivelò inaspettatamente competitiva. In realtà della nobile coupè britannica viene conservata solamente la scocca e parte della plancia con gli irrinunciabili inserti in legno. La meccanica, con cambio e trasmissione vengono presi in prestito dalla Toyota Land Cruiser, mentre la propulsione viene affidata a un poderoso V8 da 5.7 litri Chevrolet. Il telaio tubolare, invece è realizzato ad hoc, a conclusione di un progetto che porta la firma di Michel Mokrycki e Montcorgè. L’auto pesava 1400 kg, quasi 800 in meno rispetto al modello originario. Così preparata, la “Corniche”, raggiunge la 13° posizione assoluta, ma un problema allo sterzo fu causa di un incidente. La riparazione con un intervento non ammesso, decretò la squalifica immediata della Rolls-Royce. A distanza di quasi 40 anni, la partecipazione della “Jules” alla Paris-Dakar ’81 fa ancora scalpore, non solo per l’auto in sè: pare che per farle ultimare la corsa (come non classificata), Christian Dior abbia provveduto ad una sostanziosa fornitura di Champagne per l’intero evento…

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