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14/01/2013 | di Redazione Ruoteclassiche
Andrea Bonomi, così rilancerò l’Aston Martin
Il centesimo compleanno dell’Aston non è soltanto l’occasione per il doveroso riassunto di una storia di prestigio, privilegio e lusso (grande servizio a pag. 70 del numero di gennaio), ma segna altresì l’ennesimo capitolo di una vicenda societaria complessa e travagliata: per l’undicesima volta, infatti, la Casa britannica più prestigiosa cambia proprietario, alla ricerca di […]
14/01/2013 | di Redazione Ruoteclassiche

Il centesimo compleanno dell’Aston non è soltanto l’occasione per il doveroso riassunto di una storia di prestigio, privilegio e lusso (grande servizio a pag. 70 del numero di gennaio), ma segna altresì l’ennesimo capitolo di una vicenda
societaria complessa e travagliata: per l’undicesima volta, infatti, la Casa britannica più prestigiosa cambia proprietario, alla ricerca di un rilancio finanziario e commerciale sempre promesso e mai realizzato. E, abbastanza sorprendentemente, a controllare ora la maggioranza del pacchetto azionario è un italiano: Andrea Bonomi, erede di una dinastia che ha fatto la storia dell’industria nostrana (la nonna Anna, già conosciuta come “Lady Finanza”, ha dominato la scena economica negli anni 60 e 70), ha acquistato per 190 milioni di euro il 37,5% dell’Aston, con l’accordo di poter disporre del 50% dei diritti di voto assembleari, il che di fatto gli consegna il controllo dell’azienda. Già noto alle cronache motoristiche per aver rilevato la Ducati (poi venduta all’Audi con doverosa plusvalenza), Bonomi ha fin d’ora ben chiara la strada da seguire: come ha rivelato in un’intervista esclusiva a Quattroruote, ha intenzione d’investire 625 milioni di euro in nuovi prodotti (quelli attuali sono da lui giudicati inadeguati alle aspettative della clientela) e, soprattutto, di definire la partnership tecnica con un produttore tedesco (Mercedes) per la fornitura
dei motori. Al momento l’Aston continua a usare propulsori di derivazione Ford, eredità del proconsolato americano durato dieci anni (dal 1997 al 2006). Il telaio modulare “VH”, sul quale sono basati tutti i modelli, invece, è destinato a proseguire la propria carriera. Sarà sufficiente per rimettere in piedi un brand che nel 2007 vendeva 6500 auto e che l’anno scorso è sceso sotto le 4000? Bonomi sostiene di sì. Come è certo di non voler più ripetere operazioni tipo la “Cygnet”, una Toyota “iQ” imbellettata alla bell’e e meglio che ha lasciato interdetti i clienti Aston più tradizionalisti. (Gian Luca Pellegrini, Vicedirettore di Quattroruote)

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