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BELLEZZA SELVAGGIA

Disegnata dal vento delle piste d’Inghilterra, dalle reazioni brutali, orgogliosa come un purosangue di razza, sin dal 1961 la Jaguar “E-Type” incanta i driver di tutto il mondo. Nella storia, cinque vittorie a Le Mans restano il sigillo di un sogno di potenza e di bellezza selvaggia al tempo stesso.

Il motore a sei cilindri da 265 CV, il bel telaio monoscocca, il peso contenuto e la velocità di 240 km orari sono gli ingredienti di un cocktail perfetto, di una seduzione infinita. Sotto quella sigla “E”, che continua la progressione alfabetica delle Jaguar da competizione, sir William Lyons e Malcolm Sayer, patron e stilista della Casa, conservano alcuni caratteri della spartana e ruvida “D”: per esempio il suono dello scarico così personale, virile, invadente. Ma in un mondo che cambia in fretta anche la pattuglia dei piloti “puri e duri” si va assottigliando e così, anno dopo anno, pure la “E” si lascia progressivamente addomesticare, perdendo, lungo la strada dei vari remake, la grinta iniziale. Nel ’62 si passa così dal pavimento piatto (flat floor) a uno con incavi per dare più spazio ai piedi, nel ’63 l’alluminio della plancia lascia il posto alla pelle, nel ’64 un motore gonfiato a 4.2 litri ma ben più docile manda in pensione il nervosissimo 3.8. Nel ’67 con la “Series 1” arrivano nuovi fari senza cupolette in plexiglas e sul mercato americano la Jaguar perde tutto il suo carattere grazie a due carburatori “ecologici” Zenith al posto dei tradizionali tre SU. Il risultato è una perdita di potenza secca, da 265 a 171 CV: sportivamente parlando, un delitto. Con la “Series 2” i fari avanzano di 62 mm, le luci di posizione, ingrandite, passano sotto i paraurti. La presa d’aria sul muso si fa più larga per raffreddare meglio nel traffico delle città e per alimentare il condizionatore, niente più sedili da aviazione, ma comode poltroncine con poggiatesta. Poi, nel 1971, con la “Series 3” si tocca il fondo. Un eccesso di cromature appesantisce il look e anche il motore, un dodici cilindri 5.3, è una delusione: per una produzione a costi ragionevoli, si deve dire addio alla distribuzione bialbero e all’iniezione. I cavalli restano così solo 272, pochi più del “4.2”… Forse, quando un progetto nasce perfetto, ogni successivo intervento suona stonato. Persino stilisti di grande livello come Raymond Loewy, Pietro Frua, Nuccio Bertone e William Towns provano infatti negli anni a ridisegnare la “E-Type”. Ma nessuno riesce a crearla più bella.

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Categorie: Auto
Tags: jaguar
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