Cent’anni fa scompariva il marchio De Vecchi - Ruoteclassiche
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06/11/2019 | di Elisa Latella
Cent’anni fa scompariva il marchio De Vecchi
Esattamente 100 anni fa il marchio automobilistico De Vecchi usciva di scena in maniera definitiva.
06/11/2019 | di Elisa Latella

In seguito a una serie di difficoltà, esattamente 100 anni fa, nel 1919, il marchio automobilistico De Vecchi usciva di scena in maniera definitiva

Sono trascorsi 100 anni dalla scomparsa definitiva del marchio automobilistico De Vecchi. Un’avventura imprenditoriale risalente agli albori dell’industria automobilistica, prima della Grande Guerra, prima delle grandi corse, quando quelli che sarebbero diventati grandi piloti ancora erano alle prime esperienze. Un racconto questo, due volte doppio, perché due furono le aziende legate al marchio De Vecchi, e due le persone che fecero questo marchio grande: Giuseppe De Vecchi ed Ettore Strada.

Gli albori dell’industria automobilistica. Era il 1905, il periodo in Italia in cui le carrozze a cavalli stavano per essere sostituite gradualmente dalle carrozze semoventi, che poi sarebbero diventate vere e proprie automobili. Le immagini d’epoca infatti ci restituiscono visioni di veicoli ibridi, simili alle carrozze ottocentesche, a cui mancano però i cavalli, perché si muovono da sole. In Via Bertani 16 a Milano c’è una bottega al piano terra di un’abitazione. Giuseppe ed Ettore lì gestiscono un'attività di "rappresentanza ed officina di riparazione motociclette ed automobili". Giuseppe in particolare è un appassionato di velocipedi a motore, ha fatto pratica alla Prinetti & Stucchi di Milano assieme ad Ettore Bugatti.

Nasce la De Vecchi Strada. Il 25 novembre 1905 De Vecchi e Strada fondano la De Vecchi-Strada & C., raccogliendo fondi tra persone accomunate dalla passione per l'automobile. Ci si trasferisce prima in Via Melzi (vicino Corso Sempione) e poi in una nuova officina sempre a Milano, in Via Peschiera, 2.

Il primo modello. Inizia la produzione di propulsori, di automobili, e di un motociclo leggero. Il primo modello di auto, 10/12 Hp, con propulsore a quattro cilindri a doppia accensione, è previsto in due versioni: in autotelaio e completo di carrozzeria.

Le cose non vanno bene. Il 1907 è l’annus terribilis dei problemi economici, la crisi che prelude alla rinascita. Entrano nuovi soci e nel 1908 la ragione sociale muta in "De Vecchi & C. - Accomandita per Automobili".

Si riparte. Si produce ancora, si vende all’estero, anche in Russia. Sono i modelli De Vecchi & C.: Tipo A (16-20 Hp), Tipo B (20-30 Hp), Tipo D (15-20 Hp),Tipo E (20-25 Hp) e Tipo F (25-35 Hp). Con la vittoria alla Padova - Bovolenta su De Vecchi Strada & C. Tipo10/12 Hp, guidata da Fumagalli, l’auto viene notata per essere la prima in Italia ad arrivare a cento all’ora. Poi è Antonio Ascari a partecipare con la Tipo A 16-20 Hp al Criterium di Modena.

Ettore Strada lascia nel 1912. Intanto sulle De Vecchi si continua a correre, nelle competizioni sportive. Contattiamo il nipote di Ugo Sivocci, Giorgio, che ci racconta di quando il nonno corse sulla De Vecchi e ci fornisce una foto d’epoca della Targa Florio del 1913. A novembre è stato organizzato un seminario dalla Fondazione De Vecchi a Sesto San Giovanni per ripercorrere anche l’esperienza di Giuseppe De Vecchi e di altri lungimiranti imprenditori protagonisti della storia dell’auto dei primi anni del Novecento. Sivocci ottiene il secondo posto di categoria alla prima edizione della Parma - Poggio di Berceto. Nel 1914 secondo posto assoluto alla Targa Florio per una De Vecchi 25/35 Hp 5.7, guidata da Alberto Marani. Poi la Grande Guerra orienta l’azienda verso veicoli veicoli da trasporto, motori per aerei e imbarcazioni. I soci mollano tutti, tranne De Vecchi, che riparte con degli investitori emiliani. Ancora una volta il nome cambia: si passa alle Officine Meccaniche De Vecchi S.A. , che producono principalmente motori e pezzi singoli, non autoveicoli completi.

Il 1919 è l’ultimo anno di vita del marchio De Vecchi. Con l’uscita di scena del suo fondatore, l’azienda sarà rilevata da altri e si chiamerà Cmn, Costruzioni Meccaniche Nazionali. Ma questa è un’altra storia. Una ne finisce, una ne inizia. Cento anni fa, il coraggio non mancava.

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