Le automobili antiche, straordinaria testimonianza del passato dell’ingegno umano, non sono esattamente al primo posto nei desideri dei collezionisti italiani. Eppure qualcosa si sta muovendo…
Per Luciano Nicolis, il fondatore dell’omonimo museo di auto storiche (e non solo) a Villafranca di Verona, le centenarie e le anteguerra erano le auto storiche più affascinanti perché capaci di mostrare la ricerca, la passione e l’ingegno umani. In effetti, quale migliore testimonianza delle prime automobili per renderci conto che quanto abbiamo oggi è frutto del lavoro di chi, per fare passi avanti, ha magari scontato errori e impiegato anni di studi e di sudore in nome del progresso? In Italia, però, al contrario di quanto succede in altri Paesi europei, le ancêtre e le veteran (costruite all’incirca dal 1885-1905, secondo il sistema di classificazione britannico) non sono molto popolari tra i collezionisti. In tutta la Penisola si stima che il totale delle automobili attualmente circolanti, costruite tra la fine del 1800 e i primissimi anni del secolo scorso, non superi le cinquanta unità. Mentre risulta del tutto indefinibile la quantità di vetture antiche inutilizzate, conservate in musei e raccolte private. Di club specifici, superfluo dirlo, neanche l’ombra. Sul fronte degli eventi, però, qualcosa si muove.
Interesse crescente. Negli ultimi anni si sono viste nascere nuove manifestazioni e raduni dedicati alle Veteran, che hanno affiancato gli incontri di riferimento per la categoria. Ma andiamo con ordine. Una delle prime iniziative, dal 1978 al 2105, è stato il Memorial Run Torino-Asti (qui l’edizione del 2015) organizzato da Antonio Carella, allora futuro presidente del Registro Ancetres Club Italia, insieme ad Augusto Costantino del Centro Storico Fiat e all’Asi. Le manifestazioni “classiche” ancora esistenti sono la Settimana Motoristica Bresciana, biennale, e la Torino-Alessandria, che ha avuto luogo l’ultima volta nel 2016. Ancora, il Week End con le Vecchie Signore (Ceva-Mondovì), nato 14 anni fa – vincitore di tre Manovelle d’Oro – con auto fino agli anni Quaranta, anche dall’estero, e una decina di centenarie. L’anno scorso si è aggiunta la novità della Piombino-Livorno 1901, riservata a soli mezzi centenari e, forse, dopo la scorsa edizione ad aprile 2018, con periodicità biennale. Nel 2017 ha debuttato anche la Arona-Stresa, che dal settembre scorso rievoca una corsa addirittura del 1897. Il prossimo appuntamento è per il 2019. La giornata non è riservata ad ancêtre e veteran ma contiene comunque una buona parte di automobili antiche fino agli anni Trenta, con qualche buon esemplare molto più attempato.
Avventure “off-road”. Di recente è partito anche, per iniziativa spontanea di un gruppo di appassionati, un raduno di centenarie a Cremona e dintorni di cui si è svolta a giugno la quarta edizione. La particolarità di “Centenari in campagna” è che i partecipanti, una dozzina, sono per lo più giovani. Fanno parte del club Nino Previ Motori d’Epoca Soresina – che ha in calendario per il 9 settembre il Nino Previ Memorial, aperto a vetture fino agli anni Ottanta –, il cui comitato direttivo è costituito al 100 per cento da under 40. “All’inizio i ‘centenaristi’ erano tutti scettici” racconta Ferruccio Telò, 37 anni, tra gli organizzatori. Di certo raggiungere la destinazione di un evento con una macchina del genere, se c’è da fare un po’ di strada, richiede un trasporto adeguato, e quando si viaggia sotto la pioggia nella maggior parte dei casi non si può evitare di bagnarsi. Ci sono però dei miti da sfatare. Per esempio, “i costi di acquisto e restauro” prosegue l’appassionato. “Non è vero che sono esorbitanti. Su internet, tramite siti specializzati, si possono acquistare ottime centenarie pagandole fra 10mila e 30mila euro. Stessa cosa con le case d’asta. E i ricambi non sono difficili da reperire, specie per le americane. Su eBay si trovano a prezzi stracciati”. Lui la sua Hupmobile del 1909 l’ha comprata online per 14.500 dollari da un commerciante negli Stati Uniti.
Là dove tutto è iniziato. Per quanto riguarda guasti e manutenzione, lo spirito del driver di centenarie è fordiano, all’insegna della celebre frase per cui “quello che non c’è non si rompe”. Perché “la semplicità meccanica di certi mezzi secolari fa sì che con pochi attrezzi e in poco tempo si pone rimedio a tutto” prosegue Ferruccio. “E non è neanche vero che le centenarie sono difficoltose da guidare, basta un minimo di esperienza. In compenso consentono uno spirito d’avventura unico. Tra spinte – spesso necessarie! -, risate e, perché no, il lusso di andare a 30 all’ora”. Le ancêtre, in effetti, suscitano simpatia. Al loro passaggio raccolgono sorrisi e applausi “e in genere in molti passanti e curiosi manifestano interesse quando qualcuno della carovana comincia ad accennare al fatto che nell’Ottocento esistevano già le elettriche o del perché si chiamavano ‘automobili’ al maschile, ecc.”, conclude il driver. Una conoscenza, quella del pionierismo dell’auto, promossa anche dal Museo Nazionale dell’Automobile di Torino attraverso il suo centro di restauro inaugurato nel 2016. Gli Open Garage, questo il titolo degli eventi dimostrativi già organizzati per la fruizione del pubblico, hanno come oggetto vetture costruite prima degli anni Trenta. In autunno partiranno le nuove giornate, mentre in occasione di Torino Design of the City (12-21 ottobre) il museo esporrà i disegni tecnici del progetto a opera dell’ingegner Giulio Cesare Cappa della Itala Tipo 11 da corsa.
Il motore più potente? La passione. Intanto, nell’ambito di un programma mensile di alternanza scuola-lavoro con studenti delle superiori, è stata mostrata la messa in moto di una Reo, Ransomes Ely Olds, del 1908 – esposta a giugno anche al Salone dell’Auto Parco del Valentino – e, addirittura, del triciclo Pecori a vapore del 1891. Entrambi i pezzi fanno parte della collezione del Mauto e perché si mantengano in funzione devono ovviamente essere riaccesi di tanto in tanto. “Spieghiamo ai ragazzi la storia dell’automobile e le teorie sui restauri conservativi dei veicoli. L’obiettivo è trasmettere loro la passione per gli albori della motorizzazione, mostrando da dove tutto è partito” spiega Davide Lorenzone, responsabile conservazione del museo. Risultato, i giovani s’incuriosiscono e si appassionano. E, abituati alle auto di ora, “quando vedono, per esempio, che per avviare la Reo servono venti minuti, rimangono sbalorditi”.