Nata sul finire degli anni 40 per dare una macchina a chi non l’aveva mai avuta, aveva un rapporto qualità-prezzo così alto da renderla una delle vetture più desiderate del suo tempo.
L’idea di una piccola tuttofare partorita dall’allora direttore generale di Citroën, Pierre-Jules Boulanger, fu tradotta nell’auto che oggi tutti conosciamo da André Lefebvre. Grande abitabilità, trazione anteriore, costi di gestione da bicicletta (o quasi) e un design (opera del geniale Flaminio Bertoni) destinato a segnare un’epoca: gli ingredienti per un futuro radioso c’erano tutti.
Al prezzo di uno scooter. Ancor prima della commercializzazione e, quindi, della comunicazione ufficiale del prezzo, l’auto riscosse un successo senza precedenti, specialmente presso quegli automobilisti appartenenti alla piccolissima borghesia (in gran parte contadini) che un’automobile non l’avevano mai guidata né, tantomeno, mai posseduta. Le concessionarie francesi del “double chevron” furono letteralmente prese d’assalto dai clienti, spinti all’acquisto soprattutto in virtù di un prezzo di lancio annunciato di 185 mila franchi, una cifra che rapportata ai giorni nostri corrisponderebbe a un potere d’acquisto di 800 euro.
Venduta prima d’essere prodotta. Conveniva così tanto che molte famiglie furono disposte a mettere sul piatto il doppio dei soldi per accaparrarsene due: una in più avrebbe sicuramente fatto comodo per il lavoro in campagna. Le filiali videro così crescere la pila delle ordinazioni prima ancora che l’auto entrasse in produzione alla fabbrica di Javel, coi clienti che l’ordinavano la 2 CV “sulla fiducia”, basandosi sulle immagini dei dépliant informativi.
Prima a chi ne aveva davvero bisogno. La circolare ufficiale che stabilì definitivamente il prezzo (nel frattempo salito a 228 mila franchi) e gli arrivi dei primi lotti di vetture nelle concessionarie risale al 22 settembre del 1949 (quasi un anno dopo la presentazione del modello al Salone dell’Auto di Parigi). Gli ordini accumulati in questo lasso di tempo raggiunsero un numero tale per cui la Casa si vide costretta a fissare dei criteri per stabilire una gerarchia delle consegne: le prime auto, si legge in una nota ufficiale dell’epoca, sarebbero andate a quei clienti “che per lavoro sono costretti a spostarsi in auto e che non possono permettersi una vettura differente per costo, consumi e manutenzione”. Era tutto fuorché scontato, quindi, riuscire a ottenere una 2 CV subito: ai potenziali acquirenti, al momento dell’ordine, veniva fatto compilare un questionario mirato a inquadrare la loro situazione economica e, quindi, a valutare l’opportunità di una consegna prioritaria.
La domanda supera l’offerta. I ritmi di produzione, all’inizio, erano di cinque vetture al giorno: facile immaginare l’accumulo degli ordini in una Francia che, dopo i disastri delle Seconda guerra mondiale, si trovava impegnata con tutte le sue forze ad avviare un percorso di ripresa economica che non poteva prescindere dalla motorizzazione di massa. Più il tempo passava, più gli ordini aumentavano e la situazione diventava di difficile gestione: le attese per ricevere una 2 CV cominciarono a misurarsi in anni. A un certo punto si rese addirittura necessario interrompere la pubblicità in ogni sua forma: prima di illudere i clienti, spingendoli ad acquistare una macchina che avrebbero ricevuto solo dopo anni, era doveroso esaurire le richieste arretrate e attuare un piano d’incremento della produzione. Il quadro migliorò soltanto nella seconda metà degli anni 50, quando ormai il modello era divenuto un simbolo del Paese in tutto il mondo.