Non deve essere facile vivere con la sindrome del figlio “mezzano”, stretto tra il primogenito e quello più piccolo che ruba le attenzioni. Una storia che la Ferrari F50, venuta dopo un autentico mito come la F40 e prima della vettura che porta il nome del fondatore, evidentemente conosce bene e che, anche per gli appassionati di automobili, in realtà rappresenta un po’ un torto a un’auto eccezionale sotto molti punti di vista.
Ha parenti nel Circus. A guardarla oggi, la sua linea è figlia degli anni 90, ma evidenzia un’impostazione stilistica che la lega strettamente alla F40 e che – a dirla tutta – può non averle giovato, finendo sempre per evocare paragoni. Quello che rende speciale la F50, in realtà, è la meccanica, per cui non teme rivali e dove può mettere sul piatto un’esclusività che, da sola, valeva il prezzo d’acquisto, all’epoca pari a oltre 852 milioni di lire. Il telaio, monoscocca di fibra di carbonio, raccoglieva il know-how utilizzato sulle monoposto, così come le sospensioni che, nel caso di quelle anteriori, di tipo push rod, erano direttamente imbullonate alla scocca e posizionate orizzontalmente. Il meglio però era stato riservato al motore, una scelta sotto certi aspetti rivoluzionaria.
Un V12 da corsa. Abbandonato il V8 biturbo, per la F50 venne tirato in ballo un V12 con un pedigree di livello assoluto, in quanto il monoblocco era strettamente derivato da quello utilizzato nelle monoposto di Formula 1 delle stagioni 1990 e 1991, con la cilindrata aumentata a 4.7 litri per renderlo più corposo ai bassi e medi regimi. Forte di 520 CV sviluppati a 8.500 giri e un sound semplicemente esaltante, spingeva la F50 a 325 km/h, con uno scatto da 0 a 100 in 3,8 secondi.
Prestazioni analogiche. Il cambio, rigorosamente manuale e l’assenza di servofreno, Abs e servosterzo, sono elementi che, con il senno di poi, la identificano come l’ultima supercar analogica di Maranello, meno rabbiosa e violenta della F40, ma da trattare sempre con i guanti. Un’auto per piloti esperti, come Michael Schumacher, protagonista, poco meno di 30 anni fa, di un’esclusiva prova in pista a Monza per Quattroruote, al termine della quale il motore ne uscì più che promosso, mentre per l’incontentabile Kaiser lo sterzo peccava un po’ in precisione e i freni si affaticavano troppo. Ma dubitiamo che qualche proprietario sia mai riuscito a portare veramente al limite una F50 come in quell’occasione.
Rara e da rivalutare. Prodotta in soli 349 esemplari – e protagonista di furti su commissione nei primi anni di commercializzazione, causa richieste cinque volte superiori – la F50 in quanto a rarità è seconda solo alla 288 GTO ed è forse meno considerata di quanto meriti. Chissà che questo compleanno non serva a riportarla sotto i riflettori e a celebrarla adeguatamente.