La ripresa di denominazioni leggendarie nella storia sportiva della Ferrari ritorna con la Mondial del 1980, che riprende il nome dell’omonima vettura Sport del 1953. Prosegue con la GTO (nota anche come 288) del 1984 e, nello stesso anno, con la Testarossa, che rimanda subito alla trionfatrice delle corse di durata in circuito della seconda metà degli anni 50, dapprima con il piccolo 4 cilindri “Lampredi” di 2 litri, poi con il V12 250. Con una sottile differenza grafica: la plurivittoriosa vettura da corsa si chiamava Testa Rossa, a sottolineare il colore delle teste verniciate. Nel nuovo modello, che si colloca al vertice alto della produzione di serie, il nome diventa una parola unica. Il compito di Pininfarina per realizzare la sostituta della BB, dopo anni di onorata carriera, non è facile, soprattutto per i vincoli progettuali imposti dall’utilizzo della meccanica, evoluta, della BB.
Design rivoluzionario. I designer partono da un foglio bianco, abbandonano il profilo a cuneo del frontale per adottare un muso arrotondato. In coda i gruppi ottici tondi lasciano il posto a una griglia orizzontale che occupa tutta la larghezza, celando gli inediti fanali rettangolari. La parte più innovativa è però la fiancata, che si allarga a dismisura ed è caratterizzata da enormi griglie che partono dalla portiera fino ai parafanghi posteriori e che dissimulano le prese d’aria di raffreddamento del motore posteriore centrale. È il tratto distintivo della Testarossa. La larghezza esagerata ha una motivazione tecnica: davanti alle ruote posteriori sono posizionati i generosi radiatori per il raffreddamento (il surriscaldamento era uno dei problemi tipici della BB).
Prestazioni e motorizzazione. Il telaio ha un passo di 2550 mm. Il motore, il V12 a 180 gradi della 512 BBi a carter secco montato in posizione longitudinale, adotta le quattro valvole per cilindro, un’innovazione già vista sul più piccolo 8 cilindri della 308, ed eroga 390 CV (380 per le versioni Usa: con la Testarossa, la Ferrari torna con una versione del 12 cilindri specifica per il mercato americano). L’incremento rispetto alle ultime “addomesticate” 512 BBi è di ben 50 CV. Che la Testarossa sia un capolavoro di design, dove la fantasia dell’autore è lasciata libera di volare, lo si nota anche dalla forma del retrovisore esterno: un monospecchio fissato in alto sul montante, all’inizio solamente dal lato guida. Bello da vedere, ma la cui funzionalità è pressoché nulla. Perciò, a partire da marzo del 1987 viene adottata una coppia di retrovisori che, pur conservando il design originale, sono montati in posizione ribassata. La situazione migliora, ma in maniera impercettibile. Del resto, i possessori della Testarossa, potendo, guardano sempre in avanti.
Evoluzione e successo. La Testarossa ottiene un successo straordinario: fino al 1991 ne vengono prodotte 7.177 unità. Oltre alle “monospecchio”, una piccola modifica riguarda anche i cerchi ruota: l’unico dado centrale viene sostituito da cinque bulloni nel corso del 1988. La Testarossa, tra l’altro, è il modello che inaugura il ritorno ai cerchi di dimensioni differenziate: davanti sono degli “8×16”, dietro “10×16”. Nel 1991 viene introdotto un aggiornamento e il nome muta in 512 TR (2261 esemplari fino al 1994). Qualche dettaglio modifica l’aerodinamica (soprattutto nel frontale, simile a quello della “sorellina” 348 TB). L’interno è rivisitato per accrescere lusso e confort. Il motore, montato in posizione più bassa, è oggetto di numerosi perfezionamenti, che elevano la potenza a 428 CV. Nel 1994 debutta l’ultima evoluzione: la F512 M (Modificata), prodotta fino al 1996 in soli 501 esemplari. La variazione più evidente consiste nei fari carenati e non più retrattili. Il motore raggiunge i 440 CV e viene adottato l’Abs. Ma del servosterzo neanche parlarne: una Ferrari a 12 cilindri, ancora per un po’, deve rimanere una supercar da uomini veri, con bicipiti d’acciaio.
Le quotazioni. La Testarossa è un’auto per appassionati dal potere d’acquisto elevato: non tanto per il costo iniziale, comunque in linea con il prestigio di una supercar di Maranello, quanto per gli esborsi necessari alla puntuale manutenzione, che deve essere frequente anche in caso di scarso utilizzo. Per esempio, la sostituzione delle cinghie di distribuzione, da calcolare in anni (al massimo 5) e non in base ai chilometri, prevede lo smontaggio del motore dal vano, con costi immaginabili. Per questo i valori di mercato possono variare sensibilmente a seconda della documentazione manutentiva dimostrabile. In linea generale, meglio un esemplare “chilometrato” e curato regolarmente piuttosto che una vettura con bassa percorrenza, ma inutilizzata da anni. La valutazione, comunque oscilla, anche in funzione del periodo di costruzione, da 170.000 a 220.000 euro di un esemplare in perfetto stato o completamente restaurato (label A+ nelle quotazioni di Ruoteclassiche), ai 125.000-163.000 di una vettura in discrete condizioni (AB), sino a 76.000-98.000 euro di una Testarossa incompleta in alcuni dettagli (B+), marciante, ma con meccanica da rivedere.
TECNICA
Motore | Cilindrata | Potenza | Velocità | Trazione | Dimensione | Esemplari Prodotti | Periodo di Produzione |
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posteriore-centrale, 12 cilindri contrapposti | cm3 4942 | CV 390 | km/h 290 | posteriore | mm (LxLxH) 4485x1976x1130 | 7.177 | 1984-91 |