La F1 – 2000 di “Schumi”. Il prototipo in legno della carrozzeria della rarissima 365P. Ancora, la replica di una 125 S del lontano 1947. Da qualche giorno, a Londra, va in scena il Cavallino Rampante.
Del resto, com’era possibile che la capitale di un Paese dove sono concentrate le collezioni private di Ferrari fra le più vaste al mondo si dimenticasse di festeggiare i 70 anni del mito di Maranello?
E poteva il Design Museum, il più importante museo di design del pianeta (che dal 1989 ha creato focus praticamente su tutto, dai fucili d’assalto sovietici ai tacchi vertiginosi di Christian Louboutin), cogliere un’occasione migliore per omaggiare l’universo Ferrari? La risposta è no e a dimostrarlo è la bellissima mostra sul tema appena sbarcata ad High Street Kensington da Maranello, dove era quest’estate fra le meraviglie di “Ferrari 70”. L’edizione british della mostra, che rimarrà aperta fino al 15 aprile 2018, è però diversa dall’esposizione italiana, più in linea con la natura dell’organizzazione che la ospita adesso e che l’ha organizzata.
Con allestimenti spettacolari, firmati da due giganti del design attuale quali la spagnola Patricia Urquiola e Pentagram, studio internazionale fra i più celebri, il percorso espositivo pone soprattutto l’accento sullo sviluppo creativo, su quel fattore magico ed esclusivo di uno dei brand iconici più amati e sognati dell’industria automobilistica globale. Il titolo dell’evento, “Ferrari: Under the Skin”, lascia già intendere il “dietro le quinte” alla base del concept, ovvero uno sguardo da vicino, sebbene lungo il Tamigi, al processo produttivo che rende ogni Ferrari un gioiello a quattro ruote. Il risultato è un affascinante viaggio nel rapporto tra funzione e forma, dalle origini fino alle tecnologie impiegate oggi a Maranello. Pezzo forte della rassegna è, non a caso, il modello in argilla della J50 in scala reale, fatto a mano nel 2016.
Ancora in tema di avanguardie, la prima sezione della mostra mette in risalto proprio la capacità innovativa del Drake e ne celebra lo spirito competitivo ripercorrendone le principali tappe biografiche e professionali. “Ferrari: Under the Skin” esibisce anche molta memorabilia, tra cui disegni, progetti, lettere personali: di Enzo c’è persino la patente di guida. Nella sezione “Racing”, invece, si possono vedere i caschi di Alberto Ascari, Mike Hawthorn, Michael Schumacher e Kimi Räikkönen. Non solo loro, ovviamente: in tutta l’area espositiva, sono riunite vetture leggendarie per un totale di 140 milioni di sterline, tra cui alcune guidate da campioni come Stirling Moss.
E Nick Mason (qui la sua intervista rilasciata a marzo 2017 a Ruoteclassiche)? Immancabile. Il 73enne batterista dei Pink Floyd, grande appassionato di auto storiche e di velocità nonché proprietario di una delle 250 GTO più desiderate in assoluto, ha dato un bel contributo all’esposizione prestando la sua F40 del 1988. Ma la lista di vip è ancora lunga: nella sezione “I Clienti”, denominata proprio in italiano, le citazioni di personaggi famosi che con le loro Ferrari hanno contribuito ad aumentare la patina di glamour attorno al mito vanno da Clint Eastwood a Brigitte Bardot, da Peter Sellers a Miles Davis. Il tutto in una sala dove si trovano la Testarossa Spider dell’Avvocato e, regina fra tutte, una 250 GT cabriolet del 1957. Quella del super driver britannico Peter Collins.
La mostra rimarrà aperta tutti i giorni dalle 10 alle 18, fino al 15 aprile 2018; ingresso, 18 sterline.
Laura Ferriccioli