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Fiat Multipla, la rivincita del brutto anatroccolo

Compie vent’anni uno dei modelli più controversi, originali e rivoluzionari della storia recente dell’auto. Nel 1999 portò la Fiat al MoMa di New York, oggi ci ricorda il valore e la bellezza della diversità.  

Dan Neil, brillante penna del giornalismo statunitense (e primo giornalista automobilistico della storia a vincere il premio Pulitzer, nel 2004) non ha esitato a inserirla nella lista delle 50 auto più brutte di tutti i tempi.

“Sembra un girino illuminato”. Nel reportage, pubblicato sul sito del settimanale americano Time ormai una decina di anni fa, in merito alla monovolume della Fiat Neil scrisse: “Multipla è un nome importante, perché rimanda all’adorabile furgoncino costruito dalla Casa negli anni 50 e 60. La Multipla che apparve nel 1998, invece, fu tutto tranne che adorabile. Quegli strani abbaglianti, situati alla base dei montanti anteriori, la facevano sembrare un grosso girino illuminato. Aveva quella strana proboscide davanti e un’ingombrante cabina dietro, e l’insieme era montato su delle ruotine da carrello della spesa. La Multipla ci ricorda che le auto non devono solo essere funzionali, ma devono essere anche belle o almeno evitare di assomigliare a questa”.

Sa ridere di se stessa (e per questo vince). Con la Multipla non va per il sottile, Neil, che però circoscrive le critiche all’aspetto. “Ricordo che ne noleggiai una durante un viaggio in Europa e funzionò meravigliosamente”, confessa, “ma ogni volta guardarla era una tragedia”. Del resto persino Roberto Giolito, il designer che l’ha progettata, in una delle ultime interviste rilasciate a Ruoteclassiche prima di regalarci un bozzetto della Multipla ha scherzato: “Notoriamente non una bella macchina”. Che dire poi della campagna pubblicitaria che accompagnò il lancio commerciale, costruita su slogan irriverenti come “Sarete belli voi” o “Chissà cosa ha bevuto”? In un certo senso la Fiat andò oltre l’umorismo, di per sé un ottimo meccanismo di difesa, e nell’autoironia trovò una sorta di formula magica per la felicità. 

 

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Una tuttofare col sorriso. Chi infatti l’ha provata almeno una volta, non può non essere rimasto contagiato dalla sua simpatia. La Multipla è un’auto in grado di cambiare in meglio la giornata di un automobilista, perché ha il (super) potere di riconciliarlo con i contrasti e i contraccolpi indesiderati con cui si trova a dover fare i conti nel traffico di tutti i giorni. Rompe la routine con un’iniezione di energia che passa per un aspetto buffo e controverso e trova la conferma più bella nella posizione di guida, rialzata, dominante, col cambio in alto a una spanna dal volante pronto a regalare un sorriso a ogni utilizzo. La Multipla è adatta per il casa-ufficio (è lunga 3,99 metri, meno delle coeve Bravo e Brava, per intenderci), è perfetta per un lungo viaggio (in tempi in cui le monovolume sono più simili a dei pulmini che a delle automobili, le sei poltroncine su due file sono un colpo di genio) ed è ideale per portare figli e compagni di squadra a una partita di pallone (a dispetto delle dimensioni ultracompatte, ha un bagagliaio molto generoso). Non c’è terreno in cui non possa battersi, specialmente nelle versioni turbodiesel common-rail, che le permettono di viaggiare in scioltezza ovunque e con consumi sempre contenuti.

Il coraggio di osare. A restare intatta, a distanza di vent’anni, è soprattutto l’idea di “monolocale in movimento” che Giolito mise sul tavolo dell’allora amministratore delegato Paolo Cantarella. Salire sulla Multipla è un’esperienza di condivisione dell’abitacolo unica, senza precedenti. Merito del pavimento piatto che, si legge sulle note dei primi schizzi di Giolito, “facilita il movimento tra i sedili”. Il montante anteriore, come la meccanica, è collocato il più avanti possibile per aumentare l’abitabilità interna, eccellente anche per i passeggeri più alti grazie al tetto rialzato. A chi nemmeno oggi riesce a fare pace con l’aspetto della Multipla, Giolito spiega che “le proporzioni perfette esistono solo in natura” e che per i prodotti industriali “bisognerebbe essere sempre liberi di osare”.

La bellezza della diversità. Sulla Multipla la plancia si sviluppa in profondità, con le bocchette dell’aria e i comandi della strumentazione accorpati al centro e orientati verso il pilota, disposti per essere usati con facilità, “proprio come si dispongono gli oggetti su una scrivania”, fa notare Giolito. Con venti candeline sulla torta da spegnere, la Multipla merita una “redenzione” totale anche da parte di quel pubblico, addetto ai lavori e non, che non ha ancora trovato il coraggio e la sensibilità (almeno automobilistica) di capirla fino in fondo. E di apprezzarla per quel che è: un capitolo tra i più importanti nella storia recente dell’auto e, a modo suo, una “piccola” opera d’arte moderna, tanto che nel 1999 il MoMa di New York ne inserì un esemplare a doppia alimentazione Bi-Power nella rassegna “Different Roads”. Accanto a modelli rivoluzionari come la Honda VV, la Smart e la Toyota Prius, la Multipla ha dato così al mondo delle quattro ruote l’occasione di comprendere (e di apprezzare) la diversità. E – con buona pace di Dan Neil – la bellezza di essere unici…

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