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Frecce d’argento, un giorno speciale a Monza

Può una festa privata finire sulle pagine dei giornali e di numerosi siti internet? La risposta è sì, certo, quando l’evento è la discesa in pista, a Monza, la scorsa settimana, di due Formula 1 degli anni 50 e di due piloti mitici, uno del passato e uno di oggi. La Mercedes ha da sempre un legame molto forte con l’Italia, ma nel caso della vettura da corsa contraddistinta dal numero di progetto W196, il filo conduttore con il nostro Paese è tale da indurre la Stella a portare da noi le due auto.

Ma andiamo con ordine: nel 1954 Mercedes-Benz torna a correre nella massima formula. Per farlo prepara una monoposto avveniristica, numero di progetto W196 R, che trionfa al suo debutto sulla pista di Reims, in Francia, e continua a macinare vittorie con un ritmo impressionante. Tra i suoi successi anche quello nel Gran Premio di Monza, con alla guida Juan Manuel Fangio che proprio grazie a lei conquisterà il suo secondo titolo mondiale di Formula 1. La stessa macchina viene proposta in due versioni di carrozzeria: normale a ruote scoperte e carenata con carrozzeria aerodinamica (Stromlinien in tedesco, il suo nome ufficiale). Per rendersi conto di quanto questa macchina è proiettata nel futuro, basta vedere una qualsiasi foto dell’epoca dove la Mercedes è affiancata da altre monoposto. Sembra che un Ufo sia atterrato sulla pista, proveniente direttamente dal futuro.

La stessa vettura correrà anche nel campionato del mondo di Formula 1 dell’anno seguente, il 1955, che rivincerà sempre con Fangio al volante. Nello stesso anno, però, al campione argentino si affianca anche un giovane corridore inglese, Stirling Moss, oggi Sir Moss per meriti sportivi, che in pista lo segue come un’ombra e che nelle corse su strada che disputano con la 300 SLR, la versione “sport” della W196, presentata alla stampa proprio a Monza pochi giorni dopo il gran premio del 1954, gli sta pure davanti. A Monza nel 1955 si ripeterà quanto successo l’anno prima, con Fangio che vince il Gran Premio e Taruffi, da un paio di gare nella squadra Mercedes, secondo classificato.

Per festeggiare questi successi, a sessant’anni di distanza, Mercedes ha riportato sulla pista Brianzola i protagonisti di allora: due vetture W196 R, una con ruote scoperte e una con carrozzeria carenata e il pilota simbolo rimasto a testimonianza di quei duelli, Sir Stirling Moss. Ad affiancarlo, il pilota di punta della squadra Mercedes di F1 attuale, Lewis Hamilton, campione del mondo nel 2008 e nel 2014. La pista di Monza, poi, ha fatto la sua parte: visto che il gran premio del 1955 si è disputato sfruttando sia il circuito stradale sia le curve sopraelevate, poi chiuse nel 1961, le ha riaperte in via del tutto straordinaria per permettere alle due W196 di ripercorrere il percorso di una volta.

Sir Stirling Moss ha così preso posto sulla Stromlinien, mentre Lewis Hamilton si è accomodato sulla versione a ruote scoperte, per percorrere alcuni giri dimostrativi. Ed è proprio qui che è emerso lo spirito dei piloti che anche quando giocano non amano stare dietro. All’inizio erano previsti due giri a vetture appaiate e velocità ridottissima; ultimati quelli – un’emozione incredibile vederi i due assi del volante passare assieme sulla sopraelevata – le macchine hanno progressivamente accellerato. Lewis Hamilton, poi, una volta che Sir Stirling si è fermato, è partito per un altro giro, giusto per sperimentare di persona cosa significasse andare “in cima” alla sopraelevata, ben sapendo che per farlo avrebbe dovuto viaggiare a una discreta velocità.

Il suo sorriso alla fine diceva tutto, e mentre anche a noi veniva concessa l’emozione della stessa prova a bordo di una moderna Mercedes SL AMG, il sito dell’autodromo ha cominciato a postare alcune foto, raccontando quanto stava accadendo. Di colpo, il pubblico ha fatto la sua comparsa e la notizia ha fatto rapidamente il giro del mondo. A noi, ancora sorridenti e sconvolti dal nostro giro a velocità poco più che turistica, è rimasto soltanto il tempo di chiedere a Sir Stirling se non avesse mai avuto la tentazione di sollevare il piede all’avvicinarsi della sopraelevata. “Certo, a ogni giro il cervello suggeriva di mollare un po’, ma il cuore di diceva esattamente l’opposto. E ringrazio ancora Mercedes per aver fatto la 196 così bene che non avevi mai paura che si potesse rompere qualcosa a causa delle fortissime vibrazioni”.

Massimo Delbò

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