Guida al collezionismo atto secondo: Saab e Volvo - Ruoteclassiche
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06/03/2023 | di Fabrizio Greggio
Guida al collezionismo atto secondo: Saab e Volvo
06/03/2023 | di Fabrizio Greggio

Eccoci giunti al secondo volume della nostra Guida al collezionismo: in questa puntata la nostra attenzione si volge alla Svezia, patria di Saab e Volvo. Due Case divenute sinonimo di qualità, sicurezza e anticonformismo

La Svezia non è il primo Paese che associamo alle auto: almeno Germania, Italia e Regno Unito la precedono. Eppure, Saab e Volvo hanno svolto ruoli di primaria importanza nel mondo delle quattro ruote, ponendosi come word car di nicchia per eccellenza. Sono spesso state loro, insieme a poche altre, le marche ambasciatrici dell’auto europea nel mondo. Essere globali per loro è una necessità, perché la Svezia è piccola, non come estensione territoriale (è una volta e mezza l’Italia) quanto a mercato perché i suoi abitanti sono circa un sesto degli italiani; se poi consideriamo come Saab e Volvo siano concentrate all’incirca sulla stessa fascia (il segmento D con pochi sconfinamenti), e quindi molti svedesi scelgano giocoforza auto straniere, capiamo la spinta delle due Case verso i mercati internazionali, che diventano uno sbocco necessario.

Tradizione aeronautica. La “A”, nelle sigle delle Case automobilistiche, sta quasi sempre per “automobili”. In “Svenska Aeroplan Aktiebolaget”, no: la “SpA svedese degli aeroplani” ha iniziato con le ali e solo dopo un po’ è passata alle ruote, come la Piaggio, la Voisin e poche altre. Come tutte le auto che nascono dal volo, le Saab hanno mantenuto una personalità unica e rispettata almeno fino a quando la Casa è stata indipendente. La Saab debutta nel mondo dell’automobile nel 1949 con la 92, versione di serie del primo prototipo marciante datato 1947. Il basso coefficiente aerodinamico, 0.35, il sottoscocca liscio e la carrozzeria a due porte dal profilo a goccia (opera di Sixten Sason) mostrano tutta la modernità e l’intelligenza del progetto. La meccanica è semplice: motore a due tempi di 764 centimetri cubi da 25 CV, velocità 100 km/h, trazione anteriore. Inizialmente è previsto un solo colore, verde, ma dal dicembre 1952, con la 92 B, vengono aggiunti grigio, blu, nero, rosso. Sempre nel 1952 la 92 si fa conoscere all’estero, grazie a Greta Molander che conquista la Coppa delle Dame al Rally di Montecarlo. Tra le altre caratteristiche, la ruota libera, che consente di escludere la trasmissione evitando il freno motore e risparmiando carburante. La 92 è costruita in 20.128 unità fino al 1956, poco dopo l’introduzione, a dicembre 1955, della 93, che ha nuove sospensioni, motore sempre a due tempi, ma a tre cilindri di 748 centimetri cubi con 33 CV e disposto longitudinalmente invece che trasversalmente. La nostra carrellata parte proprio dalla 92 per proseguire con la 95, che impone il brand all’attenzione internazionale grazie ai successi sportivi. Spazio poi alla 99 Turbo, la prima berlina di serie europea sovralimentata, e alla 900, una delle regine degli anni 80. Poi la 9000, la 900 “New generation” per giungere infine alle 9-5 e 9-3, con le quali l’avventura della Saab arriva al termine.

Origine latina. La Volvo è l’auto dei lunghi viaggi con grandi carichi, e non a caso è il marchio che per anni sul nostro mercato è stato sinonimo di station wagon. Il nome Volvo, dal verbo latino volvere (far rotolare, girare), venne registrato dalla SKF nel 1911 con l’idea di indicare una linea di cuscinetti a sfera, ma non venne mai utilizzato. La denominazione fu ripresa nel 1927, questa volta come Casa automobilistica, che debutta nello stesso anno con la ÖV4. La nostra galleria inizia però nel dopoguerra, precisamente con la PV 444 del 1947, il modello col quale la Volvo si fa conoscere nel mondo. Proseguiamo poi con la PV 544 e con la Serie 120 (in patria denominata Amazon). Grande attenzione è dedicata alla P1800, entrata nell’immaginario collettivo come la coupé scelta da Simon Templar, interpretato da Roger Moore nella serie televisiva “Il Santo”. E poi le indistruttibili vetture della Serie 240, la cui versione station wagon è divenuta negli anni 80 un autentico status symbol in Italia. Non mancano la 480, la Serie 940-960, la 850 T-5R, le C70 e le S80.

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