Horacio Pagani aggira l’isolamento da CoVid-19 invitandoci nel suo garage, dove custodisce con passione e amore le sue automobili personali
In questa invasione di video, videodirette e videoperdite di tempo che ingolfano questi giorni indifferenti, Horacio Pagani regala sei minuti di candore. Eccolo ritratto nel suo elemento dove trae la benzina per la sua ambizione di costruttore di auto esclusive. Con un clip semplice semplice, Pagani aggira l’isolamento da CoVid-19 in modo inclusivo. Ci invita in quello che, com’è logico aspettarsi, un garage fuori dal comune. Però somiglia a quello di molti, perché è costruito con la stessa materia di cui sono fatti i sogni. Piccolo o grande, che custodisca una Lambretta, una macchina d’epoca o una sportiva, con i suoi angoli segreti e silenziosi, il garage è la cameretta del bambino che da qualche parte si nasconde in noi. E attende, fiducioso, un po’ della nostra attenzione.
Inseguendo una Jaguar. In quello di Pagani troviamo la sua Zonda personale. Intorno, la camera spolvera velocemente una sfilata di ciclomotori d’epoca, un paio di Vespa 50, il meraviglioso Rumi Formichino. Sullo sfondo un’Aprilia RS con il numero 46, le biciclette da corsa, le pareti con i poster incorniciati di Steve McQueen. E tanti modellini: Lamborghini, Bugatti, Ferrari. Le immancabili e ormai preziose auto di latta smaltata di una volta. Quello che lo ispira di più è nel suo ufficio. Pagani racconta di averlo comprato nel lontano 1984, appena arrivato in Italia: una Jaguar E-Type 3.8 Spider “open two seater” rossa della Bburago. “Avevo i soldi solo per quello”, ammette con naturalezza. Anni dopo è riuscito ad avere anche il modello in scala reale. Materializzando il sogno del bambino di sei anni che a Casilda, una cittadina della Pampa argentina che sembra tracciata su un bloc notes a quadretti, inseguiva una Jaguar rossa del ’63 sulla sua “biciclina gialla”. Apparteneva a un signore benestante e per il piccolo Horacio costituiva uno spettacolo indescrivibile. La visione inafferrabile dello stesso colore che, in un altro emisfero, rapiva l’immaginazione degli italiani.
Il mito della Porsche 917. Fra i tanti modellini della sua collezione, i preferiti di Pagani sono quelli della Porsche 917. Ne ha 120: piccoli, grandi, slotcar, di metallo e di plastica. “Questa è l’ultima che ho preso”, dice, nel tradire per meno di un istante lo stesso orgoglio di un ragazzino davanti agli amici. Ogni mattina Pagani fa colazione con un modellino e una delle diverse tazze serigrafate con l’immagine della 917. Ne sceglie una a seconda della giornata, ma tutte rivelano il logo Porsche alla fine del tè. “Sono emozioni alla portata di tutti noi”, non ha importanza il valore intrinseco, quanto ciò che l’oggetto sa trasmettere. Certo, è più facile dirlo quando schiacci lo start della Zonda per invitarci a ridare vita alla nostra auto con una bella sgasata e ricordarci cosa ci fa sentire vivi. “L’importante è fare un po’ di casino”. E quella parola, casino, Pagani la pronuncia con la esse aspra e insieme musicale dei sudamericani. La dolcezza malinconica dell’inflessione argentina, l’aureola di capelli candidi e la scelta di diffonderlo nel fine settimana della Pasqua ammantano il video della sacralità di un suo illustre connazionale. Una benedizione laica agli appassionati, invitati a condividere le loro emozioni sulla grande piazza dei social. Non se ne abbia Horacio, è solo una battuta. Noi di Ruoteclassiche la prendiamo in parola. #stayhome #staysafe #stayinyourgarage