Hummer, quando il gioco si fa duro - Ruoteclassiche
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23/01/2021 | di Paolo Sormani
Hummer, quando il gioco si fa duro
General Motors riporta in auge il marchio Hummer, nell'articolo ripercorriamo la storia e l'evoluzione dei modelli.
23/01/2021 | di Paolo Sormani

Il programma elettrico annunciato da General Motors prevede anche il ritorno dell’Hummer, l’arrogante bisonte della strada (e del fuoristrada) direttamente derivato dall’Humvee militare americano. Per la grande felicità del suo primo fan, Arnold Schwarzenegger.

Anche se oggi sui social va di moda fotografare qualsiasi auto sportiva mentre si rotola nel fango con le gomme offroad, bisogna ammettere che ci sono situazioni che solo una specialista riesce a sbrogliare. E quando il gioco si fa duro, i duri come l’Hummer cominciano a giocare. Non c’è SUV o 4x4 che tenga. Tanto idealizzato, quanto disprezzato per la sua presenza ingombrante e arrogante sulla pubblica strada, l’Hummer deve origini e fortuna al servizio militare. Negli anni Settanta, l’US Army aveva deciso di pensionare le Jeep Willys progettate per la Seconda guerra mondiale. Il loro sostituto, più versatile e protettivo, fu l’HMMWV, High Mobility Multipurpose Wheeled Vehicle. Per gli amici e i soldati: Humvee. I Costruttori americani, ma anche quelli esotici come Lamborghini, videro nel bando militare di fornitura un’ottima opportunità di blindare il fatturato. Il capitolato del 1979 richiedeva un veicolo inarrestabile, adatto sia all’asfalto che al fuoristrada, con la possibilità di montare armi leggere e trasportare carichi pesanti. Oltre che in grado di non battere ciglio davanti a una sventagliata di mitragliatrice. Furono ben 61 le aziende che parteciparono al bando, ma alla fine solo tre – AM General, Chrysler Defense e Continental – riuscirono a consegnare un prototipo funzionante nei termini previsti.

Il giocattolo di Schwarzy. Gli Humvee furono il biglietto da visita a quattro ruote dell’esercito americano per tutti gli anni Ottanta e Novanta, dall’invasione di Panama a quelle dell’Iraq e dell’Afghanistan. La sua vita civile iniziò nel 1992 quando la AM General decise di targare l’Humvee M998. Il “brand ambassador” volontario della prima serie di Hummer fu nientemeno che l’attore e futuro governatore della California Arnold Schwarzenegger, che non credeva alla fortuna di aver finalmente trovato un’auto adeguata alla sua immagine. Fu lui a comprare i primi due esemplari del modello H1, praticamente un Humvee senza la verniciatura mimetica. Dal suo lancio all’uscita dalle concessionarie nel 2006, l’H1 è stato disponibile in tre motorizzazioni V8: Detroit Diesel, Duramax e GM a benzina, assortite a trasmissioni automatiche a 3 e 4 marce. L’ultima versione, la più evoluta, prevedeva un cambio a 5 marce con motore Duramax. Le varianti di allestimento includevano un hard top 4 porte, una station wagon, un pick-up due porte, una quattro porte “slantback” a coda diagonale e persino una convertibile. Solo una cosa non cambiava mai: gli angoli, retti e inscalfibili come il sergente maggiore Hartman di “Full metal jacket”. Abbastanza spigolosi per dissuadere qualsiasi automobilista ad avvicinarcisi troppo nel traffico.

L’Hummer conquista il mondo. La vera svolta commerciale della youngtimer XXXL americana giunse nel 1999 quando la General Motors acquisì dalla AM General il marchio Hummer. Aggiunse un paio di nuove varianti, commercializzate attraverso la rete GMC. Il modello H2 era una versione più modaiola e rifinita basata sulla piattaforma dei pick-up GMC Serie 1500 e 2500, mentre il più… piccolo H3 condivideva la piattaforma GMT-355 dei pick-up "compatti" Colorado e Canyon. I tre Hummer offrivano le quattro porte e la scelta fra l’allestimento a carrozzeria (wagon) chiusa o pick-up. Presto vennero commercializzati in ben 33 Paesi, attraverso piccoli importatori locali o le aziende che li assemblavano in loco, come la Avtotor in Russia. Sfortunatamente, dopo una decina d’anni la scarsa efficienza in fatto di consumi, la crescente sensibilità ambientale e il tramonto della moda colpirono gli Hummer come nemmeno un Kalashnikov avrebbe saputo fare. I tentativi di tenere in vita al marchio si susseguirono fino al 2009 quando GM dichiarò bancarotta.

Una seconda vita elettrica. Grazie al boom dei SUV, per quanto meno oltraggiosi, General Motors non si è mai disfatta del marchio Hummer. O meglio, aveva tentato di venderlo alla Mahindra e ai cinesi di Sichuan Tengzhong, ma non se n’era fatto nulla. Quando il colosso americano ha dichiarato di voler costruire una fabbrica nuova di zecca a Detroit per la futura piattaforma elettrica e relative batterie di Cadillac, Chevrolet e il misterioso brand “M”, solo i meglio informati la collegarono all’Hummer. Durante il Super Bowl del 2020, uno spot televisivo con la star della NBA LeBron James ha annunciato il ritorno del bestione sottoforma di SUV elettrico marchiato GMC. Un carrarmatino da 1.000 cv e 0-100 kmh in 3 secondi, che avrebbe rivaleggiato i vari Tesla CyberTruck, Rivian R1T e Bollinger B1. La stampa di Detroit ha annunciato ben 10.000 preordini da 1.900 concessionari a partire dal 2022, con un prezzo che si aggirerà intorno ai 140.000 dollari. L’elettrico è un ottimo modo di resuscitare i modelli iconici del passato, anche recente. Sicuramente Arnold Schwarzenegger, fautore dell’auto a batteria, si sarà già messo in fila per averne uno dei primissimi esemplari. A quanto pare, le pale eoliche dovranno girare parecchio.

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