Sessant’anni fa prendeva il via la produzione della Carrozzeria Touring Superleggera nel suo nuovo stabilimento avveniristico a nord di Milano.
Nova Milanese, 1gennaio 1961. I visitatori entrano nell’edificio nuovo di pacca da una piccola porta. L’ingresso è studiato ad hoc per il giorno dell’inaugurazione e li conduce direttamente a uno dei fiori all’occhiello del nuovo stabilimento della Carrozzeria Touring Superleggera: il reparto verniciatura. Bianco, piastrellato e di dimensioni sterminate, il locale è un tempio tecnologico da 80 pezzi al giorno e si trova all’interno di una delle manifatture del settore più all’avanguardia in Europa. È stato messo in piedi su un terreno di 30mila mq (di cui 21mila al coperto) per far fronte a una mole di lavoro che si prospetta più vasta.
Colosso della carrozzeria mondiale. La Touring, fondata nel 1926 dagli avvocati Felice Bianchi Anderloni e Gaetano Ponzoni in via Ludovico di Breme, a Milano, all’epoca aveva necessità di passare dalla dimensione di grande atelier a quella di industria, con una forza lavoro di 500 dipendenti. Del resto, tra il 1953 e il 1958, nello stabilimento originario aveva realizzato una media di 288 carrozzerie all’anno, passata a 1.215 nel 1959 e cresciuta ancora fino a 2.862 manufatti l’anno seguente (dati: Giovanni Bianchi Anderloni, "Carrozzeria Touring Superleggera", ed. Fucina). Aveva già creato capolavori immortali come le Alfa Romeo anteguerra da corsa, la 6C 2500, le “Disco Volante”, la Ferrari 166 Sport MM, solo per citarne alcuni. Oltre a numerosi esemplari unici per regine, imperatori e personaggi del jet set internazionale. Con le sue linee sobrie, la sua purezza formale e il suo rivoluzionario sistema di costruzione Superleggera – con tralicci di sottili tubi d’acciaio al cromo molibdeno ricoperti con pannelli in alluminio electron –, Touring era già ampiamente conclamato come uno dei nomi che più hanno marcato la storia del design di automobili al mondo. E ora nuove commesse sostanziose bussavano alla porta. Almeno in apparenza.
Il grande fermento progettuale degli anni precedenti. Nella seconda metà degli anni Cinquanta la Touring aveva raggiunto l’accordo con David Brown per la progettazione e la costruzione di prototipi quali DB2/4, DB4 e Lagonda. Anche le lavorazioni per le Maserati 3500 GT e le Lancia Flaminia GT e Convertibile erano iniziate. Come riportato da Giovanni Bianchi Anderloni nel libro Carrozzeria Touring Superleggera (Fucina ed.), nel 1962 ben tre delle quattro linee parallele di finizione nel nuovo stabilimento erano impiegate per i coupé e i cabriolet dell’ammiraglia Lancia. L’organizzazione del lavoro era del tutto innovativa, con linee di assemblaggio dei lamierati, due circuiti automatici di verniciatura, linee di abbigliamento, e un magazzino dalle caratteristiche ultra moderne. Se richiesto dai clienti, era anche possibile montare i gruppi meccanici alle carrozzerie grazie a una linea di lavorazione dedicata. In una palazzina a parte di trovavano poi gli spogliatoi, i servizi igienici e la mensa.
La fine del sogno. Peccato che le commesse paventate per cui era necessario il salto in avanti della Carrozzeria siano rimaste solo promesse e l’investimento per il nuovo impianto a Nova Milanese – due miliardi di vecchie lire soltanto fino alla fase di start up – abbia segnato in realtà l’inizio dell’epilogo della Carrozzeria. Gli ordini in corso hanno cominciato a vacillare uno dopo l’altro, fino a interrompersi o a saltare del tutto. Complice anche la grossa crisi sindacale del settore scoppiata nei primi anni Sessanta con continui scioperi, di cui hanno risentito tutte le case automobilistiche che avevano in atto commesse con la Carrozzeria. Anche la costruzione su licenza Touring delle Aston Martin DB5 e DB6 Vantage, in Inghilterra, si è rivelata di colpo problematica e, dopo un migliaio di esemplari costruiti, c’è stato un rallentamento nei rapporti anche per la realizzazione dell’Autobianchi Primula Coupé S. Altra batosta, il fallimento del gruppo britannico Rootes Ltd con il quale la Carrozzeria era giunta a un accordo nel 1962 per l’assemblaggio di una versione modificata del roadster Sunbeam Alpine, della berlina Hillman Superminx e per la realizzazione del coupé Sunbeam Venezia.
Poesia finita in cenere. Un ulteriore annullamento, stavolta ancora prima di cominciare la produzione, è stato per la Fiat 124 C Cabriolet – presentata al Salone di Torino del 1966. Intanto la Touring era in amministrazione controllata, dal 1965. Ma non è finita: dopo la chiusura, sancita dal tribunale il 31 dicembre 1966, è stata anche distrutta gran parte dell’archivio aziendale. Di fatto i nuovi occupanti della struttura di Nova Milanese avevano fretta di insediarsi e non hanno esitato a bruciare il materiale trovato negli uffici. Carlo Felice Bianchi Anderloni, che ha condotto l’azienda dalla morte del padre Felice (nel 1948) creando molte delle vetture più ammirate di tutti i tempi, ha potuto salvare solo una piccola parte dei suoi documenti. È accorso dopo la telefonata di un ex dipendente che abitava in zona e si era accorto dei falò. Aveva le lacrime agli occhi. E come dargli torto. Quarant’anni di successi che hanno reso l’Italian style celebrato in tutto il mondo, nonché quarant’anni della sua vita, stavano andando in fumo.