Innovativa e bella come poche, la Jaguar XJ13 venne sviluppata negli anni 60 per riaffermare la Jaguar nelle gare endurance, in particolare la 24 Ore di Le Mans. Tuttavia la XJ13 non corse mai e una serie di sfortunati eventi accompagnò la sua vita “in cattività”.
Le prerogative per mettere a segno un colpo degno di nota c’erano tutte, a partire da un potente motore 12 cilindri, il primo messo a punto dalla Casa del giaguaro e poi quella linea mozzafiato. Il progetto XJ13 venne avviato nel 1960, ma Sir Lyons, patron di Casa Jaguar non era molto favorevole al progetto e ciò contribuì al prolungarsi dei tempi di sviluppo: la costruzione della vettura non cominciò prima del 1965, con la prima (e unica) vettura realizzata nel marzo 1966.
Opera d’arte in corsa. Nei primi anni 60 la Jaguar XJ13 era da considerarsi un’auto di nuova concezione con un layout a motore centrale, celato sotto una carrozzeria in alluminio rivettata: una tecnica di derivazione aeronautica, opera di quello stesso Malcolm Sayer che aveva messo a punto le precedenti Jaguar C e D-Type. Il team di lavoro includeva inoltre Derick White, Ted Brookes, Mike Kimberley e Bob Blake, tecnici esperti del reparto corse della Jaguar. Blake era soprannominato “L’artista del metallo” ed è a lui che si devono le forme sinuose della XJ13: un’auto da corsa la cui bellezza ha ben poche rivali.
Apprendisti promettenti. Per assicurarsi che la nuova XJ13 fosse competitiva come le sue antenate, nel 1964 William Heynes richiese la collaborazione di un pilota d’eccezione, Jack Brabham per affinare l’handling della vettura. La sfida venne raccolta poi da un ex apprendista Jaguar, David Hobbs, che fu il principale collaudatore della XJ13. Hobbs fu un guidatore eccellente e nel 1969 venne incluso in una lista FIA con i 27 piloti migliori al mondo e a bordo della XJ13 stabilì un record non ufficiale su circuito chiuso rimasto imbattuto per i successivi 32 anni. A Silverstone, per il test finale di velocità della XJ13, Hobbs venne affiancato da un altro ex apprendista Jaguar, il pilota Richard Attwood.
La tecnica. Il motore della Jaguar XJ13 venne realizzato dall’unione di due motori a 6 cilindri delle Jaguar XK, su un comune albero a camme e un basamento in alluminio. Diversi i condotti di aspirazione, l’inclinazione delle valvole e la forma delle camere di combustione. Il primo motore iniziò a rombare nel luglio 1964. Ne risultò un V12 con angolo di 60°, con una cilindrata di 5 litri. L’unità progettata da Heynes e Claude Bailey, prevedeva una distribuzione a doppio albero a camme in testa dotata in questo caso di sole due valvole per cilindro. Il propulsore venne montato in posizione centrale, dietro il pilota; come trasmissione, un cambio manuale ZF a cinque marce con schema Transaxle. Per quanto concerne le sospensioni, sull’asse anteriore i bracci erano simili a quelli della E-Type. Dove la GT stradale utilizzava barre di torsione longitudinali, la XJ13 aveva come elementi di molleggio e smorzamento molle più convenzionali. Nella parte posteriore restavano ancora delle similitudini con la E-Type, come ad esempio l’albero di trasmissione. Per l’asse posteriore, lo schema sospensivo prevedeva ruote indipendenti, doppi puntoni di reazione longitudinali, barra stabilizzatrice, molle elicoidali e ammortizzatori idraulici telescopici.
Occasione mancata. Il progetto Jaguar XJ13, sebbene affrontato con grande impegno dai tecnici Jaguar, non è mai stato una priorità per la gestione dell’azienda, né tantomeno dopo la fusione del 1966 con la BMC. A quel tempo Ford, infatti, aveva già sviluppato la GT40 da 7 litri e la XJ13 da considerarsi ormai obsoleta al momento del completamento del prototipo. Il prototipo fu testato al MIRA e a Silverstone, e ciò confermò che sarebbero state necessarie molte altre modifiche per renderla competitiva. Il prototipo venne quindi accantonato.
Una tragedia sfiorata. Nel 1971, la Jaguar E-Type terza serie stava per essere lanciata con il primo motore 12 cilindri di produzione Jaguar, lo stesso derivato dalla XJ13. Il reparto marketing per pubblicizzare il nuovo motore, richiese alcune riprese della Jaguar XJ13 in velocità per la sequenza di apertura del filmato di lancio del V12 E-Type. Il 21 gennaio 1971, la XJ13 venne portata sul circuito del MIRA (Motor Industry Research Association) con il collaudatore Jaguar Norman Dewis al volante. L’auto girò con un pneumatico danneggiato e ne risultò un incidente che danneggiò pesantemente la vettura, Dewis rimase illeso. Il prototipo venne quindi nuovamente accantonato.
Debutto ufficiale. Alcuni anni dopo, Edward Loades individuò la XJ13 nel deposito della Jaguar e propose a “Lofty” England di riparare l’auto presso la sua azienda, la Abbey Panels. L’auto venne ricostruita, secondo specifiche simili all’originale, utilizzando alcune delle maschere della carrozzeria realizzate in origine. Tuttavia, secondo la Jaguar, l’auto non è una riproduzione esatta dell’originale. Nelle lavorazioni artigianali è praticamente impossibile far sì che le auto siano identiche al 100% tra loro, come avviene nella produzione in serie. La rediviva XJ13 fece il suo debutto ufficiale nel luglio 1973 quando England la guidò a Silverstone in apertura del Gran Premio di Gran Bretagna.
Una serie di sfortunati eventi. Escluso ogni possibile utilizzo agonistico, l’auto venne impiegata in varie manifestazioni pubblicitarie. Ma, anche stavolta la “maledizione della XJ13” ebbe i suoi effetti: un fuorigiri prolungato danneggiò nuovamente il motore. Il motore dell’incidente al MIRA, nel frattempo era stato riparato perciò venne rimontato sulla vettura. Nel 2004, la XJ13 dovette subire un nuovo importante restauro: mentre veniva scaricata da un camion a Copenaghen, la vettura urtò violentemente contro il marciapiede. I danni riguardarono la carrozzeria e il basamento del motore. La vettura venne ricostruita e molte componenti vennero sostituite. Il motore venne riportato alle sue condizioni originarie, potendo erogare tutta la sua cavalleria.
Era nata per correre. Mentre la vettura originale è esposta al British Motor Museum di Gaydon nel Regno Unito, la bellezza della Jaguar XJ13 ha fatto sì che nel tempo venissero realizzate delle “copie d’autore” di grande pregio e valore. Neville Swales di Building the Legend, crea “repliche fedeli” della Jaguar XJ13 del 1966. Il primo esemplare spinto da un motore sperimentale a quattro alberi a camme, è stata costruita con la collaborazione del Jaguar Heritage Trust sotto la guida dei membri del Team XJ13 sopravvissuti. L’auto, verniciata nel più classico British Racing Green e con motore funzionante, è stata esposta nel febbraio 2016 al Salone dell’auto d’epoca di Londra. La XJ di Swaels ha fatto bella mostra di sé in pista a Curborough il 9 agosto 2016, alla presenza di alcuni dei protagonisti del progetto originale e alcuni membri delle famiglie di William Heynes e Malcolm Sayer, padri spirituali della XJ13. L’auto è stata anche nominata finalista agli International Historic Motoring Awards 2016 nella categoria “Car of the Year”. Altre repliche dell’auto includono la Proteus P90 e la Proteus XJ13 Coupé, oltre alle proposte della Charles Motors Ltd e The Sports Car Factory / TWRR.
La vendetta del giaguaro. C’è chi dice che le auto hanno un’anima e se così fosse, la XJ13 sembrerebbe essersi presa la sua vendetta contro chi la costrinse a vivere in cattività: invece, lei era un giaguaro nato per predare nella giungla d’asfalto delle competizioni.