D-Type: il giaguaro nato per vincere - Ruoteclassiche
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17/11/2020 | di Giancarlo Gnepo Kla
D-Type: il giaguaro nato per vincere
Storia ed evoluzione delle Jaguar D-Type: tra le vetture da corsa più iconiche e vincenti mai realizzate dalla Casa del Giaguaro.
17/11/2020 | di Giancarlo Gnepo Kla

Le auto inglesi hanno dalla loro anche un fascino particolare. Non fa eccezione la spettacolare Jaguar D-Type, sviluppata per la 24 ore di Le Mans nei primi anni 50. Un modello iconico, che come pochi altri è riuscito a coniugare eleganza, sportività e tanta fame di vittoria.

La sensuale D-Type è stata prodotta da Jaguar Cars Ltd. tra il 1954 e il 1957. Si trattava di una roadster da corsa, che oltre ad aver conquistato il prestigioso podio del Circuit de la Sarthe, poteva vantare soluzioni tecniche di prim'ordine. Il cuore era lo stesso della precedente C-Type, evoluzione dell'unità montata sulla Jaguar XK stradale. Dal punto di vista strutturale, la nuova sportiva poteva contare su un’inedito telaio monoscocca. La Jaguar D-Type godeva poi di una migliore efficienza aerodinamica: integrava infatti una tecnologia di derivazione aeronautica e adottava il famoso stabilizzatore verticale, una pinna che ha reso la sua silhouette inconfondibile.

Missile terra-aria. Il progetto della D-Type venne curato daWilliam Heynes, Direttore Tecnico e Ingegnere Capo della Jaguar. Per la nuova vettura venne impiegata una tecnologia aeronautica, all'epoca rivoluzionaria. La "vasca" della cabina di pilotaggio, era composta da un monoscocca in lega di alluminio. La sua forma ellittica e la sezione trasversale relativamente contenuta garantivano un’elevata rigidità torsionale a fronte di una ridotta resistenza aerodinamica. Alla paratia anteriore si collegava un sottotelaio in tubi di alluminio dove erano ancorati il motore, il gruppo dello sterzo e le sospensioni anteriori. Le sospensioni posteriori e la trasmissione erano solidali con la paratia posteriore. Il carburante era contenuto nella coda: i progettisti seguirono una pratica mutuata dall’aviazione, installando una sacca deformabile della Marston Aviation Division al posto di un serbatoio convenzionale.

La tecnica. Le influenze aeronautiche derivavano dal contributo di Malcolm Sayer, che aveva già lavorato alla Jaguar C-Type dopo uno trascorso alla Bristol Aeroplane Company durante la Seconda Guerra Mondiale. La linea della leggera carrozzeria in alluminio venne plasmata da Sayer nella galleria del vento del MIRA (Motor Industry Research Association). Il risultato fu il più pulito possibile, con poche indispensabili aperture: una bocca ovale sul davanti e due più piccole per raffreddare i freni anteriori. L'area frontale era minima, con il muso che si sollevava in un unico pezzo con il cofano per dare libero accesso al motore. Anche il posto guida venne carenato con una grande pinna dietro il conducente. Il pilota trovava posto dietro un piccolo parabrezza, come previsto dai regolamenti. Grazie all'accurata aerodinamica e a un peso di soli 800 kg la D-Type sfiorava i 280 km/h. La riduzione della resistenza aerodinamica nel sottoscocca ha contribuì al raggiungimento di una velocità massima elevatissima per l’epoca. La grande pinna garantiva invece una maggior stabilità soprattutto lungo rettilineo della Mulsanne. La creazione della D-Type verteva su un'idea molto semplice: vincere a Le Mans.

La meccanica. La cilindrata ha visto un andamento altalenante: nel 1954 era di 3,4 litri, crebbe fino a 3,8 litri nel 1957, e poi venne ridotta a 3,0 litri nel 1958. La Jaguar D-Type hanno vinto consecutivamente la 24 Ore di Le Mans per tre volte, nel 1955, 1956 e 1957. Meccanicamente erano molte le similitudini con la C-Type uscente, vennero mantenute le stesse sospensioni anteriori (indipendenti) e posteriori (a ponte rigido), così come i freni a disco: una novità assoluta per i tempi. Per l’uso agonistico, il motore delle Jaguar XK venne rivisto, a partire da valvole più grandi e testate asimmetriche, diverso anche il sistema di lubrificazione, che sulla D-Type era a carter secco.

Un giaguaro da record. Molti richiami nelle forme della carrozzeria e diversi dettagli, invece furono ripresi anche sulla Jaguar E-Type, uno dei modelli più famosi ed iconici della Casa del Giaguaro. Le D-Type debuttarono alla 24 Ore di Le Mans del 1954 sotto la guida del direttore di gara Jaguar Lofty England. In quell'occasione, le vetture furono ostacolate dalla sete di carburante causata da alcuni problemi con i filtri del carburante, che resero necessario un pit-stop per la loro rimozione. Al volante Duncan Hamilton e Tony Rolt, che conclusero la gara a meno di un giro dalla Ferrari, vincitrice della corsa. La superiorità aerodinamica della D-Type però era evidente: sul rettilineo della Mulsanne, le vetture toccarono una velocità massima di 278 km/h, ben maggiore rispetto ai 258 della Ferrari, spinta da un più grande 4,9 litri. La prima vittoria della Jaguar D-Type arrivò tre settimane dopo, alla 12 Ore di Rheims.

L’annus horribilis del Motorsport. Nella stagione 1955, le Jaguar D-Type adottarono una pinna più lunga (Long Nose), che favoriva la velocità massima e la stabilità. La carenatura del poggiatesta e la pinna furono combinate in un'unica unità, a vantaggio dell'aerodinamica e della massa complessiva. Anche i motori vennero potenziati adottando valvole più grandi, così come vennero riviste le sospensioni e alcuni particolari meccanici per migliorarne l'efficienza. A Le Mans, le Jaguar si dimostrarono competitive battendo le Mercedes-Benz 300 SLR, date per favorite. La D-Type di Mike Hawthorn era in lieve vantaggio sulla Mercedes di Juan Manuel Fangio quando un'altra vettura del team Mercedes fu coinvolta nell'incidente più catastrofico della storia dell'automobilismo sportivo: il pilota Pierre Levegh perse il controllo della vettura che si schiantò, falciando più di 80 spettatori. Altissimo anche il numero di feriti. A seguito di questa tragedia, Mercedes si ritirò dal motorsport alla fine della stagione 1955.

Vince ancora! La Jaguar tornò a Le Mans nel 1956 e la D-Type guidata da Hawthorn e Ivor Bueb trionfò nuovamente sul Circuit de la Sarthe. La D-Type “XKD606” vinse l’edizione della 24 Ore di Le Mans del 1957: questa volta con la livrea livrea metallizzata "bandiera blu" della Ecurie Ecosse. Il piccolo team di Edimburgo schierò in prima posizione la D-Type guidata da Ron Flockhart e Ninian Sanderson, battendo le agguerrite squadre ufficiali dell'Aston Martin e la Scuderia Ferrari. Solo una delle tre vetture iscritte dal team ufficiale Jaguar si classificò quell’anno, conquistando il sesto posto.

I risultati Oltreoceano. In America, il team Cunningham corse con diverse D-Type e nel 1955, Mike Hawthorn e Phil Walters vinsero la 12 Ore di Sebring. Nel maggio 1956, la squadra partecipò al Campionato Nazionale del Maryland con quattro D-Type con la livrea bianca e blu. Al volante: John Fitch, John Gordon Benett, Sherwood Johnston e Briggs Cunningham, proprietario del team. I quattro piloti si classificarono rispettivamente al quarto, quinto, settimo e ottavo posto. Sebbene Jaguar si fosse ritirata dagli sport motoristici alla fine della stagione 1956, il 1957 si rivelò l'anno di maggior successo per la D-Type. Con il motore da 3,8 litri, la D-Type conquistò cinque dei primi sei posti a Le Mans. Intanto, la Ecurie Ecosse potè contare su un grosso supporto da parte della Jaguar e così riuscì a classificarsi in prima e seconda posizione: una doppietta che segnò il miglior risultato nella storia agonistica della D-Type.

Il motore 3 litri. Il regolamento per l’edizione del 1958 della 24 Ore di Le Mans limitava le cilindrate a tre litri per le auto della categoria Sport, ponendo fine al dominio della D-Type da 3,8 litri. Jaguar dovette sviluppare una nuova motorizzazione 3.0 litri per partecipare all'edizione del '58 e alle successive. La nuova unità propulsiva si dimostrò inaffidabile e dopo le stagioni 1959 e 1960 non era più competitiva. La carriera sportiva della Jaguar D-Type giungeva al termine. Tuttavia, per tutta la prima metà degli anni 60, la D-Type continuò ad essere una delle auto da battere nelle gare nazionali.

Le XKSS. Dopo il ritiro della Jaguar come squadra ufficiale, l'azienda pensò di proporre le D-Type come versioni stradali. Nacquero così le XKSS, omologate per la circolazione stradale, ma idonee anche per le corse. Oltreoceano, le gare per auto sportive di produzione erano molto seguite. Agili e spartane, queste nuove derivate offrivano lo stretto necessario per poter circolare su strada: il secondo sedile, la porta lato passeggero, finestrini laterali, parabrezza, tergicristalli più grandi, interni (leggermente) più rifiniti e paraurti. La sera del 12 febbraio 1957, un incendio divampò nello stabilimento Jaguar di Browns Lane e distrusse nove delle 25 vetture che si trovavano in varie fasi di completamento. Oltre alle auto andarono perse anche le maschere e le attrezzature necessarie alla loro costruzione, ciò costrinse la Jaguar a interrompere bruscamente la produzione delle XKSS. Successivamente, due D-Type da corsa vennero convertite in XKSS.

Preziosissime. Nel 2018 Jaguar ha annunciato la produzione di 25 esemplari della D-Type nel Warwickshire, per completare l'obiettivo iniziale di produrre 100 vetture tra D-Type ed XKSS. Presentata a Retromobile Paris 2018, la "nuova" D-Type rientra nel filone delle continuation: auto per collezionisti ricostruite seguendo i progetti originali e le tecniche dell’epoca. I fortunati clienti potranno scegliere tra la carrozzeria con muso lungo del 1955 o quella con il naso lungo del 1956. Fa sorridere pensare che a fine anni '60 queste auto erano considerate semplici vetture da corsa obsolete, passate di mano a poco prezzo. Nel luglio 2008, la prima D-Type (XKD-509) costruita è stata venduta all'asta da Bonhams per 2,2 milioni di sterline, superando il record precedente per questo modello (1999), pari a 1,7 milioni. Nel 2016, un esemplare del 1955 è stato venduto da Sotheby's nel 2016 per quasi 19,8 milioni di dollari... Non male per una vecchia auto da corsa.

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