Quando, nel febbraio 1995, la Fiat presenta alla stampa la barchetta, il mercato delle piccole spider è in piena ebollizione e tutte o quasi le Case automobilistiche stanno mettendo in campo le loro proposte per inseguire la capostipite di questa “new wave”, ovvero la Mazda MX-5. Fortemente voluta da Paolo Cantarella, la Fiat barchetta (rigorosamente in minuscolo), scende a qualche compromesso meccanico per sfruttare le sinergie industriali, ma in quanto a design (la firma è di Andreas Zapatinas) convince subito, anche grazie un florilegio di ottime citazioni.
Dettagli storici. La più evidente e caratteristica è la maniglia “a bacchetta” per aprire le portiere, omaggio alla Cisitalia 202, mentre i fari carenati sono un classico anni 50-60 visto su molte Ferrari: a una in particolare, la 166 MM (la prima vera “barchetta” della storia), si riferisce la venatura che corre lungo tutta la fiancata. Le dimensioni sono compatte, meno di 4 metri, con un ridottissimo sbalzo posteriore che si contrappone al frontale che evoca la prua di un motoscafo, mentre la capote è nascosta da un apposito coperchio a filo carrozzeria.
Base tecnica Fiat. Anche l’abitacolo, sportivo e avvolgente, riprende alcune intuizioni già proposte sulla Coupé, ovvero i pannelli in colore carrozzeria che danno un’impronta sportiva a un’auto che, meccanicamente, prende ispirazione da telaio e meccanica della Punto, con il passo accorciato, pur se arricchita da diverse modifiche, per via della maggiori prestazioni. Ne consegue anche la trazione anteriore – soluzione, quindi, più “normale” rispetto a quella della Mazda “Miata” – abbinata a un motore brillante, ovvero il quattro cilindri da 1.747 cm3, 16 valvole e 130 CV, con variatore di fase. Il peso a vuoto è di 1.060 kg e le prestazioni, con uno scatto da 0 a 100 in 8,7 secondi e una velocità massima di 200 km/h, in linea con le rivali. La leggerezza però poteva compensare solo in parte una distribuzione dei pesi inevitabilmente sbilanciata sull’avantreno e quindi portatrice di sottosterzo, così come il cambio dai rapporti troppo lunghi non favoriva del tutto la guida sportiva.
Il restyling non convince. Complice una gamma colori che comprende tinte vivaci – su tutte l’arancione aragosta, lo stesso della Miura – la barchetta riscuote un buon successo, soprattutto sul mercato italiano e viene prodotta per 11 anni, fino al 2005, con un restyling nel 2003 che lascia invariata la meccanica (solo i cerchi di lega passano da 15 a 16 pollici). Il paraurti anteriore è completamente nuovo e, crea la grossa “bocca” dallo sviluppo verticale, decisamente meno armonico; anche i gruppi ottici sono leggermente rivisti, mentre viene introdotta la terza luce di stop, alloggiata in una protuberanza antiestetica. Inutile dire che il pubblico gradisce meno della “prima serie”, fino a quando l’ultimo esemplare esce da Mirafiori (fino al 2002 la barchetta era assemblata dalla Carrozzeria Maggiora).
Non proprio di nicchia. Della barchetta vengono venduti circa 60 mila esemplari, grazie anche al prezzo inferiore alla concorrenza, e questa è una dimostrazione evidente dell’abilità degli ingegneri Fiat nell’ottenere il massimo da ciò che, in partenza, c’era già in casa. Numerose poi sono state le serie speciali, una tattica per mantenere vivo l’interesse per il modello: la prima, del 1996 è la Club Italia, realizzata in sei esemplari numerati, con verniciatura bicolore verde-blu, abitacolo di pelle beige, pedaliera sportiva, cerchi di lega specifici e cupolini aerodinamici dietro i poggiatesta.
Speciali fino all’ultimo. Segue la Limited Edition del 1998 composta da 2.000 pezzi di colore grigio metallizzato con capottina bordeaux, stesso colore degli interni di pelle, mentre gli altri 500 sono di colore “Verde Stelvio” con interni di pelle e capotte beige. Curiosa la “Web” del 1999, che era possibile acquistare solo online: tre sono gli abbinamenti possibili, grigio “Mercury” con capottina bordeaux, azzurro “Rialto” con copertura beige e bianca abbinata al nero. La Naxos del 2001, oltre a tre colori esclusivi, presenta dettagli cromati e uno stereo Kenwood specifico, mentre è del 2004 la “Alviero Martini – Prima Classe” realizzata in esemplare unico e caratterizzata dalla verniciatura nera con interni di pelle chiara e una valigia – realizzata dallo stilista – da posizionare sul portapacchi.