Pantani era un dio, lo dice il titolo della biografia che gli ha dedicato Marco Pastonesi. Pantani era tante cose. Pantani era il fuoriclasse risoluto che aggrediva le montagne come per abbatterle. Pantani era l’eroe che sapeva dare un senso al ciclismo. Pantani era, soprattutto, un romagnolo ricavato dal pieno. I motori e la velocità lo attiravano d’istinto.
Il garage della sua villa fuori Cesenatico è stato frequentato da una Mercedes Classe G, una BMW 730i blu, una Jaguar, una Porsche Cayenne. E una Ferrari 360 Modena, bianco pastello con interno blu. L’aveva acquistata nel 2000 e la lasciava spesso in garage, per non apparire troppo.
In un’intervista della fine del 1994, l’anno del secondo posto al Giro e del terzo al Tour, quel ventiquattrenne ancora allegro si definiva “matto come lo sono tutti i romagnoli”.
“In bicicletta sono più tranquillo, ma nella vita sono un tantino più impulsivo. Come quasi tutti i romagnoli ho la malattia dei motori. Mi piace la guida veloce, ora posseggo due automobili sportive, una Mitsubishi 3000 Gran Turismo e una Delta Integrale Evoluzione. Le ho acquistate quest’anno, sono le uniche follie che mi sono concesso”.
Era il 1994. Oggi quella 3000 GT appartiene a Jacopo Ortolan, un ventisettenne con il bernoccolo della meccanica che vive in provincia di Padova. Quando a fine 2019 ha sentito parlare della “Mitsu” ex Pantani, non ci ha pensato troppo. È andato a vederla con papà Renzo, che in famiglia è il vero appassionato di ciclismo: la 3000 GT era in stato di semiabbandono sull’erba del piazzale retrostante un’officina di un amico di Renzo.
La ruggine affiorava nella parte inferiore, le gomme erano spianate. “Mi piaceva, così gialla e sportiva. Pensai che poteva essere un ottimo passatempo, che fosse ex Pantani o meno: è stato mio papà a insistere a portarla a casa”, racconta Ortolan.
Il giallo è l’indizio, il filo da seguire in questa storia. Naturalmente c’è il nome di Marco Pantani segnato sul libretto di circolazione, ma è il colore a rendere unica la coupé. In origine era rossa: le tracce della tinta sono rimaste visibili nell’affollatissimo vano motore e nel baule. Il campione la volle così per festeggiare il podio al Tour de France, che assegna la maglia gialla al vincitore.