Il 24 gennaio 2003 se ne andava Gianni Agnelli. A vent’anni dalla scomparsa lo ricordiamo con la storia della “sua” Ferrari Testarossa Spider
Nel 1986 l’Avvocato si fece confezionare da Pininfarina una Ferrari Testarossa in versione scoperta: un esemplare unico, grigio argento, con targa personalizzata TO0000G. Rimase nelle mani di Gianni Agnelli per qualche tempo e poi è passata più volte di mano
Il regalo. Gianni Agnelli, presidente della Fiat da vent’anni, aveva un desiderio. Una Ferrari scoperta. E così nacque la Testarossa Spider, una fuoriserie destinata a rimanere una one-off, imitata e adattata, ma mai riprodotta in originale. Questo capriccio avrebbe favorito, a partire dalla 348, il ritorno di una vera Ferrari spider in gamma. Agnelli si era già fatto confezionare una serie di pezzi unici, tra cui la Fiat 130 Maremma Shooting Brake e la Lancia Delta Integrale Spider (guarda tutte le auto dell’Avvocato nella gallery di Quattroruote). Ma soprattutto l’Avvocato amava le Ferrari “su misura”: dalla 166 MM Barchetta Touring del ’50 alla 365 P del ’66 con tre posti. L’occasione per farsi costruire un altro Cavallino esclusivo arrivò nel 1986, quando da 20 anni era al vertice della Fiat: una Testarossa Spider.
Sportività ed eleganza. Lo sviluppo non fu facile poiché il progetto Testarossa prevedeva solo la versione chiusa e non una convertibile. La realizzazione, quindi, impose una serie di rinforzi strutturali per ottenere una buona rigidità torsionale e flessionale che risolvesse la mancanza del tetto. Ricordava l’ingegner Leonardo Fioravanti, all’epoca amministratore delegato e direttore generale di Pininfarina Studi e Ricerche a Cambiano: “Rispetto a una Testarossa normale, la linea di cintura della Spider avrebbe dovuto essere identica. Dalla Ferrari ricevemmo un esemplare completo, ‘tagliato’ e modificato secondo le nostre indicazioni: tra esse l’irrobustimento dei brancardi sotto le porte, della base strutturale del parabrezza e dei montanti di questo. Modificammo la traversa superiore del parabrezza per ospitare i ganci della capote, che realizzammo a scomparsa dietro i sedili; cambiammo la parte superiore della coda predisponendo un coperchio per la capote e un cofano motore a esso raccordato, provvisto di feritoie per l’uscita dell’aria calda”. Il risultato fu un perfetto equilibrio tra sportività ed eleganza.
L’ombrello. Per la Pininfarina sarebbe stato semplice realizzare un soft top automatico, che rendesse quella meccanica così estrema, da quasi 400 CV, un compendio di lusso ed esclusività. Invece fu concepita una semplice capote manuale: “Caro Fioravanti, mi faccia una spider e mi aggiunga qualcosa di semplice, come un ombrello!”, chiese Agnelli. Per la scelta cromatica l’Avvocato optò per un grigio argento, in abbinamento a due bande di colore blu: la prima percorreva la parte sommitale delle portiere e il bordo del cofano anteriore; la seconda si articolava lungo la parte basse delle fiancate e del frontale. In quest’ultimo caso l’apporto del colore nero era dato dalle minigonne laterali e dal profondo spoiler anteriore. Per la capote e l’interno un vezzoso colore chiaro.
Passata di mano. Rimasta per poco tempo del suo primo prestigioso committente, la Testarossa Spider fu poi ceduta a un collezionista torinese. Nel 2016 fu messa all’asta e, dopo pochi mesi, passò ancora di mano e non ha mai più cambiato proprietario. È stata battuta all’asta per 1,2 milioni di euro. Oggi questo esemplare può fregiarsi del titolo di unica Testarossa Spider dall’origine. Altre furono allestite dalla carrozzeria Pavesi di Milano, da qualche customizzatore americano o, peggio, tuner europeo (come Koenig-Specials di Monaco di Baviera). Ruoteclassiche aveva parlato di questo esemplare nel dicembre 2015, poco prima che la Testarossa fosse venduta all’asta da Artcurial.