La Lamborghini Espada è stata la più iconica tra le granturismo della Casa del Toro. Una delle coupé di lusso più esclusive prodotte a cavallo tra gli anni 60 e 70, capace di evocare le suggestioni più eleganti con la sua linea firmata Bertone ed esaltare i fortunati guidatori con le note e la potenza del suo V12 emiliano.
La Lamborghini Espada debuttò nel 1968 al Salone di Ginevra del ’68: lunga, bassa e dalle superfici tese evocava immediatamente prestigio e dinamismo.
Veloce, comoda e distintiva, la Lamborghini Espada riunisce magistralmente due anime differenti: quella delle ammiraglie votate al lusso e al comfort con il temperamento sportivo e sanguigno delle sportive di Sant’Agata. Un’auto per quella schiera di bon vivant che non volevano rinunciare allo spazio e all’atmosfera raffinata, anche quando si trattava di sfrecciare in corsia di sorpasso facendo la spola tra una rinomata località e l’altra.
Lo stile. Contrariamente ad altre GT, la Lamborghini Espada si proponeva come una vera e propria quattro posti: con sedili posteriori singoli comodi per due adulti.
Il progetto della Espada vide il lavoro congiunto di due importanti esponenti del motorismo italiano: Gian Paolo Dallara e Paolo Stanzani. L’impostazione della nuova Lamborghini era quella prefigurata dalla Marzal di Bertone, una granturismo a quattro posti caratterizzata da porte ad ala di gabbiano e ampie vetrature. La Espada si differenziava per i volumi leggermente più morbidi, ma sempre a sviluppo orizzontale. Sul frontale i sei proiettori rettangolari (tre per lato) della Marzal lasciavano il posto ai quattro fari circolari (due per lato) della Espada. Convenzionale anche l’apertura delle due porte, mentre la silhouette, lineare ed essenziale, è sottolineata dai sottili paraurti cromati e ben integrati nell’incavo della fanaleria. Il tutto contribuiva a rendere la vettura larga e bassa, affilata appunto come una spada. Il nome “Espada” si riallaccia esattamente a questa idea, ricollegandosi alla tradizione, tutta Lamborghini, dei tori e delle corride.
La silhouette. Il grande cofano anteriore, lungo e piatto, era reso più personale con l’adozione di un inserto cromato e due prese d’aria aeronautiche tipo Naca. Nella vista laterale, altre due ampie feritoie si aprono in corrispondenza del passaruota anteriore.
Di profilo, la Lamborghini Espada spiccava per il particolare disegno del padiglione, alto e allungato nella parte posteriore. Per dissimulare l’altezza del volume e renderlo meno massiccio, Bertone disegnò finestrini posteriori con un’ampia curvatura nella parte inferiore, mentre nella vista posteriore l’ampio lunotto spiovente era accoppiato a un altro semilunotto orizzontale che alleggeriva la coda. Dei listelli verticali, dipinti in nero, proteggevano il vetro più piccolo.
La tecnica. A garanzia di prestigio ed elevate prestazioni, vi era il potente motore V12 Lamborghini. Montato anteriormente, aveva una cilindrata di quattro litri (3.929 cc) ed erogava 325 CV e 375 Nm di coppia massima, sufficienti a far sfrecciare la Espada a 245 km/h.
Il pianale della Lamborghini Espada derivava da quello 400 GT che, affidato alle officine Marchesi, venne allungato di 150 mm per garantire una miglior abitabilità per i passeggeri posteriori. Come era in voga all’epoca, la “griffe” che aveva tracciato le linee del modello, curò anche la produzione delle scocche. Nello specifico, le scocche della Espada erano realizzate negli stabilimenti Bertone di Grugliasco (TO) e poi completate con la meccaniche e le finiture a Sant’Agata Bolognese.
Agile e veloce. Nonostante l’allungamento del passo e un corpo vettura dalla massa importante (circa 1.700 kg), la Espada, pur confermandosi la più turistica della gamma Lamborghini, metteva in luce un’eccellente tenuta di strada. La generosa cavalleria e un assetto ben tarato garantivano prestazioni e maneggevolezza sorprendenti, il tutto senza rinunce al comfort di bordo.
Nell’abitacolo, una profusione di pellami pregiati rivestiva i sedili, i pannelli porta, il tunnel centrale e la plancia. A turbare “la quiete” in un ambiente d’impronta tradizionale, la strumentazione che riprendeva quella a disegno esagonale della futuristica Marzal.
Secondo atto. Dopo aver totalizzato 186 esemplari, nel 1970 al Salone di Bruxelles debuttò la seconda serie della Lamborghini Espada. Il modello si distingueva esteriormente per l’omissione dei listelli verticali posteriori e per i finestrini con deflettore fisso. Più sostanziosi gli aggiornamenti sottopelle: il motore raggiungeva quota 350 CV per 394 Nm di coppia, i semiassi adottavano dei nuovi giunti omocinetici e l’impianto frenante si avvaleva di nuovi dischi di tipo autoventilante.
Nell’abitacolo vennero ridisegnati plancia e pannelli porte, così come vennero adottate una strumentazione d’impronta più classica, un nuovo impianto di climatizzazione e moderni interruttori in luogo delle levette. Leggermente diverso il volante, sempre a tre razze e con la corona in legno.
La vocazione elegante e super esclusiva della Espada venne esaltata dall’allestimento “VIP”, arricchito con i rivestimenti in pelle bicolore, il set da bar (con bicchieri e bottiglie in cristallo) alloggiato nel pannello laterale posteriore sinistro e infine il caratteristico televisore Algol della Brionvega: un pezzo iconico del design italiano. La seconda Lamborghini Espada rimase in produzione per tre anni e, con 575 esemplari all’attivo, fu la serie di maggior successo della gloriosa stirpe delle Espada.
La terza Espada. L’ultima iterazione dell’ammiraglia Lamborghini venne svelata al Salone di Torino del 1972, accompagnata da un restyling più marcato. La rinnovata Espada si distingueva delle precedenti per la fanaleria posteriore aggiornata, i nuovi cerchi in lega a cinque bulloni (in precedenza erano montati i Campagnolo in magnesio con gallettone centrale, condivisi con la Miura). Completamente rivoluzionato il layout della plancia, che prevedeva la strumentazione orientata verso il guidatore e un inedito pannello in alluminio al posto della radica. Intanto, il servosterzo rientrava nella dotazione di serie, mentre a richiesta (dal 1974) è disponibile un cambio automatico di origine Chrysler. Per ironia della sorte, sarà proprio il gruppo americano, tra il 1987 e il 1994, a rilevare il controllo della Lamborghini. La trasmissione automatica segnava un importante punto a favore della Lamborghini sul mercato americano, che poteva godere del favore di una platea più vasta tra la facoltosa clientela, poco avvezza ai tre pedali. Dopo sei anni e 456 esemplari, nel 1978 la produzione della Lamborghini Espada volgeva al termine.
Granturismo per intenditori. Nei dieci anni di onorata carriera la Espada si è configurata come la prima vera quattro posti della Lamborghini e le va riconosciuto il merito di aver saputo coniugare sapientemente stile, lusso e prestazioni come poche altre auto.
La Lamborghini Espada rappresenta una scelta distintiva per chi desidera una grande GT comoda, sfruttabile ma anche anticonvenzionale ed esaltante alla guida. Oggi come allora, questa straordinaria creatura griffata Bertone rimane un prodotto per pochi, per l’élite dei connoisseurs in grado di apprezzare la magica alchimia di emozioni che solo le grandi GT italiane sanno regalare.