Oggi un rarissimo esemplare di Lamborghini Urraco P200, uno dei pochi superstiti delle 66 unità realizzate, viene messo all’asta su Catawiki. Giaceva in un garage in provincia di Milano.
Per gli aficionados del Toro di Sant’Agata è la figlia di un dio minore e della crisi petrolifera. La Lambo dei poveri. La tristezza degli anni Settanta. A volte invece, il destino offre un riscatto clamoroso e inaspettato. Perché non sarà certamente un minus habens – nel senso economico – ad aggiudicarsi una delle rare Lamborghini Urraco P117 2+2, costruite in 66 esemplari per il mercato italiano. L’auto giaceva inutilizzata in un garage di Milano da oltre 20 anni. Ne sono occorsi due per individuarne e finalmente contattarne il proprietario. La Urraco viene messa all’asta oggi su Catawiki con targhe e libretto di circolazione originali, quest’ultimo annota tre precedenti proprietari. L’ultima revisione risale al 1997 e c’è parecchio da fare, anzi da rifare, a cominciare dal motore. La carrozzeria e il fondo anteriore presentano alcuni punti di ruggine e segni di usura dovuti dal tempo. Gli interni sono descritti in buone condizioni generali, con strappi a livello delle cuciture dei sedili. così conservata, il valore stimato è di 50mila euro, che potrebbero salire a 80mila una volta restaurata a dovere. Questa Urraco bianca apparteneva a un imprenditore milanese appassionato di auto. Senza sorpresa, è rimasto a piedi quando la Lambo ha riscontrato un problema durante la carburazione. Non fidandosi di alcuna officina per ripararlo, il proprietario smontò personalmente parte del motore per ripararlo, salvo ammalarsi poco dopo e abbandonare la piccola Lambo al suo destino.
Povera ma bella, bella davvero. Sigla P117, la Urraco appartiene a un ramo laterale dell’albero genealogico del Toro, quello dei modelli che montano il V8 posteriore centrale, montato trasversalmente. Lei e poche altre negli anni Settanta: Bravo, Silhouette, Athon, fino alla Jalpa del 1982. Mentre la versione P250 ricevette il 2.5 litri per 220 cavalli e la P300 il 3 litri, come suggerisce la sigla la P200 si dovette accontentare dei più modesti 1.973 cc. Furono ottenuti riducendo l’alesaggio da 88 a 77,4 mm del motore P250 ed era capace di 182 cavalli, che in persino all’epoca erano una mandria sparuta per una Lamborghini. Ferruccio Lamborghini la volle come modello di seconda fascia, ragionevole nel prezzo e in parte nei consumi. Fu presentata al Salone di Torino del 1970 ed era bella, bella davvero. Come la Ferrari per la Dino GT, altro peso leggero, a Sant’Agata si erano rivolti a Bertone per la carrozzeria. Un Marcello Gandini in perenne stato di grazia la disegnò tesa e tagliente come una punta di selce. Esattamente come la sorella maggiore P250, la linea è pulita ed elegante, con la citazione della Miura nelle liste sovrapposte nere sul cofano e sul lunotto posteriore frangisole. È una 2+2 nani, nel senso che i sedili posteriori sono sacrificati, ma come la P300 ha ricevuto in dotazione interni più curati rispetto alla duemmezzo. Il nome arrivò da una razza di torelli piccoli ma combattivi, un po’ come ci si augurava da un’auto così. Ecco perché la Urraco prese il soprannome di “baby bull”.
Fuori tempo massimo. L’idea era quella di realizzare un prodotto che fosse diretto concorrente della Ferrari Dino e della Porsche 911, ma i due anni di messa a punto la misero un po’ in ombra e non contribuirono ai volumi di produzione. Quando uscì nel 1974 già come modello di seconda generazione, l’accoglienza da parte del mercato e l’austerity limitarono la Urraco ad appena 66 esemplari costruiti, con sola guida a sinistra. Non essendo mai stata prediletta dai collezionisti, al pari delle altre Lambo V8 di quegli anni, la Baby Bull è rimasta lontana dai riflettori, in un angolo della storia delle granturismo italiane. La storia di questa Urraco dimenticata nel garage a Milano è simbolica. Si sa che una Urraco è stata stata protagonista del film “Mr. Billion” (passato, diciamo così, all’onore delle cronache come debutto hollywoodiano di Terence Hill) nel 1977; un’altra fu guidata in una puntata di “Top Gear”. Per conoscere il lieto fine e il valore attribuito a questa P200 bianca visibile a Magenta (MI), tenetela d’occhio su Catawiki.it. Se davvero si tratta di una delle ultime P200 sopravvissute, a questo punto è impossibile non domandarsi che fine abbiano fatto le altre– se qualcuno di voi ne ha notizia, o ha una storia particolare da raccontare, scriva a: redazione@ruoteclassiche.it.