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Lancia Beta Trevi, la berlina col Volumex

Con la Beta Trevi del 1980 la Lancia ridà slancio al suo modello di maggiore successo, nato nel 1972 e primo risultato concreto dell’acquisizione da parte di Fiat della Casa di Chivasso. La nuova tre volumi nasce nell’anno dei grandi scioperi nelle fabbriche, culminati nella storica marca dei quarantamila. Passato quel periodo, la berlina torinese vivrà un’esistenza tranquilla.

Quarant’anni fa veniva presentata la nuova Lancia Beta Trevi e la Casa torinese vinceva il Campionato del Mondo Marche. In realtà il nuovo modello altro non era che la versione a tre volumi della Beta terza serie. Per alcuni si trattava di un’abile iniziativa di marketing per dare un po’ di ossigeno a un modello che aveva già otto anni sulle spalle, mentre per altri di una vettura poco riuscita esteticamente che diceva poco di nuovo. Ma tant’è. La nuova Beta Trevi, ovvero Tre Volumi, o anche Trevi in omaggio alla storica fontana romana e all’italianità, avrà comunque una discreta carriera che durerà sino al 1984, quando la Prisma, uscita nel 1982, le toglierà definitivamente lo scettro di berlina media di classe superiore.

Stop alla produzione. Ma il 1980 è ricordato anche per la situazione che si era venuta a creare negli stabilimenti Fiat a seguito della richiesta di migliaia di licenziamenti da parte dell’azienda che portò al blocco totale delle attività produttive per 35 giorni, un periodo durante il quale a Torino non si assemblarono più automobili. Le vendite ne risentirono drammaticamente e la fabbrica di Chivasso, dove era prodotta anche la Trevi, ai primi di ottobre di quell’anno era presidiata dai Carabinieri per permettere l’ingresso dei dirigenti. E solo un paio di settimane dopo la famosa “marcia dei quarantamila”, che si svolse nel capoluogo piemontese il 14 di quel mese, unitamente all’accordo con i sindacati, l’attività nello stabilimento venne ripresa e la Beta Trevi poté tornare dai concessionari ed essere consegnata ai clienti che l’aspettavano da mesi.

Cruscotto a groviera. Due le cilindrate proposte: 1585 cm³ con 102 CV oppure 1995 cm³ con 115 CV e alimentazione a carburatore o 122 CV e alimentazione a iniezione. Per tutte accensione elettronica, doppio albero a camme in testa, cambio a cinque marce o automatico e, ovviamente, trazione anteriore. Al momento del lancio questi erano i prezzi: 11.369.000 lire la 1,6, 12.526.000 lire la 2.0 e 13.352.000 lire la 2.0 i.e., in linea, per esempio, con quelli della Fiat Argenta del 1981 che montava gli stessi motori. Come abbiamo visto, la Beta Trevi era in pratica una Beta terza serie con la coda, di cui riprendeva anche il celebre e discusso cruscotto a fori circolari, soprannominato “groviera”, disegnato per il Centro Stile Lancia dal famoso architetto Mario Bellini. Un cruscotto forse fin troppo avveniristico per un modello destinato a una clientela tutto sommato tradizionalista, come appunto quella dei lancisti. Comunque la si veda, quel cruscotto così originale fece parlare molto e diede alla Beta quel tono di modernità necessario a svecchiarne l’immagine. Come detto, la coda venne completamente rifatta, con luci orizzontali e lunotto quasi verticale. Le portiere, per ragioni di costo, rimasero quelle della due volumi, creando uno spigolo piuttosto netto sul montante nel quale vennero inserite le griglie per l’uscita dell’aria dell’abitacolo.

Arriva il volumetrico. La Beta Trevi prima serie fu prodotta in trentamila esemplari fino al 1983, di cui quasi il 60% nelle versioni due litri. Tra la prima serie e la seconda serie Lancia introdusse quasi a sorpresa, alla fine del 1982, la 2.0 VX, ovvero la Volumex. Il motore di 1985 cm³ venne gratificato con un compressore volumetrico che incrementò la potenza a 135 CV, ma soprattutto migliorò la coppia motrice del 17%. Il compressore a due rotori era del tipo Roots (dal nome del fabbro inglese che lo inventò nell’800 come pompa d’aria) e montato a valle del carburatore. Riceveva direttamente il moto dal motore stesso, con il quale era collegato permanentemente in modo meccanico mediante cinghia dentata. Per adeguare il motore alle prestazioni maggiorate vennero introdotte alcune modifiche tra cui: camere di combustione ottimizzate, guarnizioni della testa di disegno e materiale speciali, nuovo condotto di aspirazione e diverso collettore di scarico, aggiunta del radiatore olio, ritaratura della fasatura e dell’alzata delle valvole,  frizione maggiorata e differente taratura delle sospensioni. Come pneumatici vennero adottati i Pirelli P6 185/65 HR 14. Il compressore volumetrico era abbinato alla versione a carburatore e fece salire il prezzo a 17.052.000 lire (1982).

La seconda serie. Per l’estate del 1983 venne deciso di rinfrescare la linea alleggerendola di qualche orpello di troppo, come la fascia alla base del coperchio del bagagliaio, e facendo scomparire il nome Beta (la seconda serie si chiamerà infatti solo Trevi). Lo spoiler anteriore divenne di serie su tutte le versioni, nuove scritte di identificazione vennero apposte posteriormente, le griglie sul montante verso il lunotto ridisegnate. Molto belli  i nuovi rivestimenti dei sedili in pettinato di pura lana (già visti sulla VX prima serie) realizzati appositamente da Ermenegildo Zegna, la celebre azienda tessile del biellese. Con l’intento di diminuire il consumo vennero allungati i rapporti del cambio e quello al ponte. La Trevi seconda serie fu prodotta in poco più di 6.500 unità, il che dimostra come essa ormai non attirava più la clientela ed era oltretutto in concorrenza diretta con altri modelli prodotti dalla stessa Lancia. La VX prima e seconda serie venne invece costruita per un totale di 3844 esemplari, il che ne fa oggi un pezzo piuttosto raro.

I segreti del venditore. Per la ex Casa di Chivasso, comunque, la Volumex fu, più che un successo commerciale, che come abbiamo visto fu limitato, un fattore di immagine. Nel riservato quaderno del venditore dell’epoca, destinato esclusivamente all’Organizzazione di vendita Lancia-Autobianchi, questa versione era logicamente esaltata proprio per la sovralimentazione, che la staccava nettamente dalla concorrenza, anche da quella abituata al turbo (vedi Saab). Nel fascicolo era infatti scritto: “Con il Volumex si ottiene soprattutto una formidabile esaltazione dell’elasticità di marcia ai regimi bassi e medi. Il Volumex è quindi una soluzione di grandissimo pregio automobilistico. Qualcuno ha parlato di potenza morbida a fronte della potenza bruta quale viene spesso erogata dalla sovralimentazione a turbocompressore. Il punto sta proprio qui. Ma siccome è tutt’altro che evidente, bisogna spiegarlo bene al cliente”.

Più rapida della Ferrari BB. Sempre nel fascicolo per i venditori, la VX venne paragonata in termini di ripresa ad altre automobili con risultati stupefacenti: Da 80 a 100 km/h in quarta, il tempo per la VX era dato per 3,3 secondi, secondo solo a quello della Ferrari BB 512, 3,2 secondi. Seguivano la Ferrari 308 GTBi (3,4 sec.), la Porsche 928 (3,8 sec.), l’Alfetta 2.0 (4,0 sec.), l’Audi Quattro (4,0 sec.). La BMW 323i risultava ben più lenta (4,6 sec.) così come la Saab 900 Turbo (4,9 sec.). Il manuale metteva poi a confronto la VX con alcune delle sue più note concorrenti, che venivano aspramente criticate: dell’Alfetta 2000 si scrisse, per esempio, che “il suo motore non è scattante nell’uso normale a regimi bassi e medi” e che “il cambio di velocità è impreciso e lo sterzo lento e pesante”. Della BMW 520i/525i si appuntò: “il motore è indolente al di sotto dei 4000 giri” e “la tenuta di strada è poco rassicurante sul bagnato”. Secondo il compilatore del fascicolo, in definitiva, la Trevi Volumex era da considerare “un prodotto esclusivo che si colloca effettivamente all’avanguardia del progresso automobilistico e che gli conferisce maggiore prestigio”. Del resto, è bene ricordare che Lancia, anche nel 1981 è stata Campione del Mondo Marche…

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