L’auto più veloce del mondo diventa storica - Ruoteclassiche
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07/11/2025 | di Federico Brovarone
L’auto più veloce del mondo diventa storica
Sembra ieri quando il gruppo Volkswagen, nel 2005, che aveva acquisito Bugatti pochi anni prima nel 1998, presentò al pubblico quella che diventò il benchmark di tutte le hypercar e diede il LA ad una nuova corsa per l’auto stradale più veloce al mondo: la Bugatti Veyron
07/11/2025 | di Federico Brovarone

A cavallo tra gli anni 80 e 90 la competizione sopra i 300kmh vide come vincitrice la McLaren F1 e ci vollero 12 anni prima che venisse superata. La Veyron alzò l’asticella per la prima volta, sopra i 400kmh. Questa hypercar che sembrava nata direttamente da un sogno tecnologico, dopo anni di gestazione (il progetto partì verso la fine degli anni Novanta), la Veyron divenne il simbolo di un rilancio epocale per il marchio Bugatti, anche se in verità fu una mossa commerciale e tecnica del gruppo di Wolfsburg, confermata dal fatto che, nonostante il costo al pubblico di oltre 1.1M di euro, per ogni esemplare prodotto il brand perdeva soldi.

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Il nome e la genesi

Il nome “Veyron” non è casuale: omaggia Pierre Veyron, pilota e collaudatore Bugatti che vinse la 24 Ore di Le Mans nel 1939. Oltre al marchio e alla forma della griglia del radiatore che ricordava quella dei modelli iconici degli anni 20, nulla aveva in comune con la storia di Bugatti. Nel 1999 iniziano gli studi, con obiettivi che sembravano quasi folli: un’auto di serie con oltre 1.000 cavalli, capace di superare i 400 km/h, ma al tempo stesso lussuosa, affidabile. Progettare e produrre una macchina così richiese innovazioni radicali: motore quadro W16 quadriturbo da 8 litri, trasmissione integrale, aerodinamica variabile. Il motore era un prodigio tecnico tedesco, derivato dal famoso disegno VR6 di Volkswagen che ha la peculiarità, ripresa da una concezione già ideata nell’anteguerra, di proporre un motore a V molto compatto con un angolo così stretto da permettere una sola testata. Per aumentare cilindri e prestazioni, ma per tenere una struttura compatta e un albero a gomiti corto, venne sviluppato il motore W12 (semplificando, due vr6 disposti con un angolo di 72 gradi). Da qui nacquero 3 prototipi principali. La prima fu la Volkswagen W12, successivamente, ma con architettura W18 la Bugatti 18/3 Chiron ed infine la Audi Rosemeyer con motore W16 (due W8 della Passat) che può essere considerata come la “mamma” della Veyron, e pertanto, avendo genitori tedeschi nulla aveva a che fare con il marchio Franco-Italiano. Quando fece il suo debutto, da lungo attesa, la Veyron stupì non solo per la cifra simbolica di 1.001 cavalli con un indicatore specifico sul cruscotto così da ricordare sempre al guidatore l’incredibile potenza del motore, ma per i dati che accompagnavano quella potenza. 0-100 km/h in circa 2,5 secondi; da 0 a 200 in 7,3 secondi; da 0 a 300 km/h in 16,7. La velocità massima dichiarata superava i 407 km/h.

Impatto e importanza

L’arrivo della Veyron segnò una cesura con il passato: ridefinì cosa fosse possibile fare su una vettura “stradale” senza scendere troppo a compromessi. Non solo potenza e velocità, ma lusso, rifinitura, prestigio. Bugatti tornava a essere non solo un marchio leggendario, ma anche un attore che spingeva l’industria automobilistica a ripensare i limiti. Oggi, a distanza di vent’anni, la Veyron è celebrata non solo come macchina da record, ma come opera d’arte meccanica, oggetto di culto per collezionisti e appassionati, con un design senza tempo e finezze concettuali come un interno lineare e senza tanti tasti o schermi che, come si prevedeva, a distanza di poco avrebbe invecchiato rapidamente la vettura. Sebbene non abbia alcun palmares o una connessione con il mondo sportivo, cosa che invece contraddistingueva le “vere” Bugatti, si è saputa ritagliare nella storia dell’automobile un posto di tutto rispetto, una mossa di marketing geniale che unì la tecnica tedesca con un marchio quasi romantico e scomparso (eccezion fatta per la EB110) da quasi di mezzo secolo.

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