L’eterna allure della Austin Healey 3000 - Ruoteclassiche
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16/02/2022 | di Giancarlo Gnepo Kla
L’eterna allure della Austin Healey 3000
A 70 anni dall'uscita della prima roadster sportiva Austin Healey, ripercorriamo la storia e l'evoluzione della 3000: un evergreen del motorismo classico.
16/02/2022 | di Giancarlo Gnepo Kla

Nel 1952 Donald Healey fondava la sua azienda automobilistica attraverso una joint venture con la Austin, che all’epoca apparteneva al grande gruppo BMC, British Motor Corporation. Di lì a poco il nuovo marchio avrebbe fatto parlare di sé in ambito sportivo, con la partecipazione ad alcune delle gare più importanti al mondo. Nel 1959 venne presentata la 3000, erede del primo modello (la 100) e ultima vettura a fregiarsi del nome Austin-Healey.

La storia di Donald Mitchell Healey sintetizza quella di molti “garagisti” inglesi, per dirla alla Enzo Ferrari: ex pilota e progettista di Invicta e Triumph, decise di mettersi in proprio e creare un’azienda tutta sua. Al termine della Seconda Guerra Mondiale la Donald Healey Motor Company guerra iniziò lo sviluppo dei primi modelli a marchio proprio, con la meccanica della Riley 2 ½ Litre.
Nel 1952, al Salone di Londra, la Healey presentò la “100”, alludendo alla velocità massima raggiungibile dall’auto: 100 miglia all’ora. La nuova roadster sportiva fece così il suo debutto a Earl’s Court, dove venne annunciato anche l’accordo tra Healey e Leonard Lord della Austin, nasceva ufficialmente la Austin-Healey.

La produzione Healey. Nei primi anni 50 Healey avviò la partnership con la Austin, che fornì il suo quattro cilindri da 2,6 litri e 88 CV: la stessa unità impiegata sulla vezzosa “Atlantic”. Nacquero così modelli come la Silverstone Roadster e le berline Abbot ed Elliott. Ma Healey aveva sempre avuto il pallino delle corse e fece parlare di se anche nelle competizioni. In tal senso vanno ricordate la doppietta nella classe Alpine Rally e una vittoria a Brands Hatch nel 1950. Dopo l’incontro con G. Romney dell’americana Nash, la Healey Motor Company produsse le affascinanti Nash-Healey, coupé e roadster. A questo punto, l’intento di Healey era quello di proporre una vettura in grado di rivaleggiare con la prestigiosa Jaguar XK120, la Austin Healey 100.

La Big Healey. Tra il 1959 e il 1965 la Healey conobbe il suo massimo splendore sia dal punto di vista commerciale e sia dal punto di vista agonistico. La Austin Healey 100, intanto, venne sottoposta ad alcune modifiche: dotata di un nuovo sei cilindri tre litri (2.912 cc) da 125 CV venne ribattezzata “3000”.
Nota nel gergo dei collezionisti come “Big Healey”, beneficiò anche di un nuovo impianto frenante con dischi sull’asse anteriore sviluppati dalla Girling. Nuova anche la frizione, rinforzata e una diversa rapportatura del cambio. mentre sulle ruote anteriori comparvero una coppia di dischi freno della Girling. La Austin Healey 3000 fu quindi una delle prime vetture stradali ad adottare questa soluzione.

Una spider, tre varianti. La Big Healey era proposta in due configurazioni: BN7 con due posti secchi e BT7, 2+2. A due anni dalla commercializzazione della 3000, venne presentata la seconda serie “MK II” distinguibile per la nuova mascherina a listelli verticali, la presa d’aria specifica sul cofano e le targhette identificative. Anche il motore venne rivisto: i tre carburatori SU (in luogo dei due precedenti) e una diversa fasatura della distribuzione consentirono alla Austin Healey 3000 di raggiungere una potenza di 132 CV.
Nel 1962, alle BN e BT7 si aggiunse una nuova variante, la BJ7. Questa più confortevole e rifinita era dotata di un parabrezza più protettivo e di una nuova capote, più facile da aprire e chiudere.

Buona la terza. Per far fronte ad alcuni difetti, mai risolti del tutto, come il surriscaldamento dell’abitacolo nel 1964 venne presentata la Austin Healey 3000 MKIII. Esteticamente, la terza serie rimase pressoché immutata ma all’interno presentava una plancia più elegante, rivestita di legno e un nuovo tunnel della trasmissione per limitare il trasferimento di calore nel comparto passeggeri.
Il motore ricevette una nuova fasatura mentre l’alimentazione tornò ai due carburatori SU conseguentemente a un nuovo collettore di aspirazione. Il sistema di scarico venne riprogettato, adottando ora due silenziatori, in modo da essere meno rumoroso. Delle molle a sei spire consentirono di aumentare la luce da terra, evitando che i tubi di scarico fossero troppo vicini al suolo. Il tre litri erogava 148 CV, consentendo all’ultima delle Big Healey di sfiorare i 200 all’ora (la Austin Healey dichiarava una velocità massima di 194 km/h) e garantendo persino consumi inferiori rispetto alla MKII. Un altro asso nella manica stava nel servofreno, proposto di serie.

Il trionfo alla Cursa. Come i modelli precedenti, anche la Austin Healey 3000 poté vantare un palmarès di livello, conquistato con numerose vittorie internazionali grazie a piloti come Pat Moss (sorella di Sir Stirling), Paddy Hopkirk, Rauno Aaltonen, Timo Makinen e i fratelli Morley che nella prima metà degli anni 60 contribuirono in modo determinante ai successi sportivi della Casa inglese.
Tra le prestigiose vittorie della Austin Healey 3000 c’è quella alla Targa Florio del 1965, quando la vettura numero 108 di Hawkins-Makinen tagliò per prima il traguardo della “Cursa”.

Fine dei giochi. Il 1966 segnò lo zenit nella produzione delle “Big Healey”, l’anno seguente le linee di montaggio rallentarono fino ad arrestarsi completamente nel dicembre del 1967. In totale si contano circa 51.000 esemplari, la cui stragrande maggioranza venne esportata Oltreoceano.
L’ultima Healey uscì dallo stabilimento agli inizi del 1968, per liquidare le giacenze rimaste prima della chiusura dello stabilimento di Abingdon.

Icona britannica. Si concludeva così una breve ma intensissima parentesi dell’automobilismo britannico. Ciò nonostante, la Healey continuò ad essere un’auto molto apprezzata tra gli appassionati che già negli anni 80 la consideravano un evergreen. E, non a caso, si contano innumerevoli apparizioni cinematografiche della Austin Healey 3000, nei film come nelle serie TV.
Tuttavia, nel 1985, fu il videoclip di “Everybody wants to rule the world”, capolavoro firmato Tears for Fears, a consacrare la Big Healey come una vera icona del motorismo classico, tutt’oggi amatissima.

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