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17/12/2019 | di Andrea Zaliani
Leyland Innocenti Mini, citycar di stile
Verso la metà degli anni Settanta la Leyland-Innocenti compie un’impresa davvero ardua: realizza una nuova Mini, riuscita quanto la precedente, utilizzando la stessa meccanica della versione uscente.
17/12/2019 | di Andrea Zaliani

Verso la metà degli anni Settanta la Leyland-Innocenti compie un’impresa davvero ardua: realizza una nuova Mini, riuscita quanto la precedente, utilizzando la stessa meccanica della versione uscente

La Mini, nata nel 1959, rappresenta fin da subito un’auto fondamentale nell’evoluzione delle utilitarie. La sua impostazione meccanica, assolutamente originale per l’epoca, mette in atto una grande rivoluzione. Cambiare la filosofia e l’impostazione di un modello di successo non è mai semplice, perché si rischia di non eguagliare i consensi ottenuti in precedenza. Un’asserzione valida tanto per la meccanica quanto per l’estetica, che L’innocenti e Bertone decidono di rivisitare. Presentata ufficialmente al Salone di Torino, nel 1975, la nuova Mini è prodotta in due versioni, 90 e 120, rispettivamente con cilindrate di 1 e 1,3 litri.

Look aggiornato. Le sue linee vengono così reinterpretate, però, senza intaccare la tradizionale disposizione dei principali organi meccanici e le misure fondamentai d’ingombro. Si passa da linee tondeggianti a forme maggiormente decise e squadrate: cofano motore molto inclinato verso il basso, fiancate sono quasi dritte e coda tronca, con sbalzo minimo e portellone. Nel frontale, indubbiamente personale, svetta la calandra in plastica nera, nella quale sono incorporati anche proiettori quadrati e indicatori di direzione dalle dimensioni generose. L’elemento caratteristico del posteriore, invece, è il piccolo spoiler sul tetto.

Interni migliorati in alcuni dettagli. Nella nuova versione lo spazio a disposizione in larghezza è migliorato. Tre passeggeri dietro, comunque, ci stanno a fatica. La plancia è caratterizzata da due cavità, nelle quali si trovano la strumentazione e il vano portaoggetti. Al centro, in rilievo, i comandi per la climatizzazione. Il grado di finitura, nel complesso, si addice al tipo di vettura. Finta pelle sui sedili, sul rivestimento delle portiere e sulle fiancate. Buona la dotazione di serie, accettabile lo spazio del bagagliaio con lo schienale ribaltato.

La tecnica. L’impostazione meccanica è ancora quella che ha reso famosa la Mini sin dal ‘59: confermate, pertanto, la trazione anteriore con il motore trasversale e le sospensioni a quattro ruote indipendenti con elementi elastici in gomma. Attorno a tale schema, però, l’Innocenti ha introdotto una serie di modifiche: i freni, per esempio, ora sono a disco all’avantreno (senza servofreno) e le ruote hanno un diametro maggiore, 12 pollici invece di 10. Il motore è il noto quattro cilindri in linea di 998 cc a corsa lunga. In pratica è un “mille” con potenza inalterata (49 cv dgm) rispetto alla vecchia versione. Al suo fianco, un cambio manuale a quattro velocità, tutte sincronizzate.

La prova di Quattroruote. Il test effettuato dalla “nostra” rivista, a bordo della versione 90, evidenzia un motore molto vivace e meno rumoroso, affiancato da un cambio con innesti precisi ma un po' duri. Pronti e preciso lo sterzo, potenti ed efficienti i freni, sebbene lo sforzo al pedale risulti leggermente elevato.

La quotazione attuale. Indipendentemente dalla versione scelta, la valutazione odierna per una Innocenti Mini 90/120 (1974-1982) ha un range compreso tra un minimo di mille a un massimo di tremila euro, per una versione in perfette condizioni.

Diteci la vostra. A questo punto la parola passa a voi, perché siamo curiosi di conoscere la vostra opinione in merito a questa vettura, “piccola” ma di grande carattere. L’avete mai guidata o posseduta? Rientrava/rientra in una tipologia di vetture a voi cara? Fatecelo sapere nei commenti qui sotto. Inoltre, se avete una storia interessante sul suo conto, potete scriverci una mail all’indirizzo di posta redazione@ruoteclassiche.it.

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