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24/05/2012 | di Redazione Ruoteclassiche
L’ULTIMO VESSILLO DELL’URSS È CADUTO
Vecchia “Zhigulì” addio! Con la fine produzione annunciata qualche settimana fa cala definitivamente il sipario su una delle auto simbolo dell’ex impero sovietico: la Lada conosciuta come “Zhigulì”, prodotta ininterrottamente in più serie dal 1970. Una longevità conquistata sul campo grazie alla sua solidità, alla semplicità della sua manutenzione e alla facilità con cui se […]
24/05/2012 | di Redazione Ruoteclassiche

Vecchia "Zhigulì" addio! Con la fine produzione annunciata qualche settimana fa cala definitivamente il sipario su una delle auto simbolo dell'ex impero sovietico: la Lada conosciuta come "Zhigulì", prodotta ininterrottamente in più serie dal 1970. Una longevità conquistata sul campo grazie alla sua solidità, alla semplicità della sua manutenzione e alla facilità con cui se ne trovavano i ricambi in tutta l'Urss, dal Caucaso alla Siberia. La sua produzione parte nell'impianto Vaz di Togliattigrad, quattro anni dopo lo storico accordo firmato con Fiat, nel 1966, dall'amministratore delegato dell'azienda torinese, Vittorio Valletta, dal vicepresidente, Gianni Agnelli, e dal ministro per l'Industria automobilistica, Aleksandr Tarasov.

La vettura altro non è che una Fiat "124" adattata alle strade locali, e quindi con sospensioni rinforzate, carrozzeria più robusta e motore ad albero a camme in testa anziché ad aste e bilancieri. I primi esemplari escono dalla catena di montaggio (che occupava 180.000 persone) ancora prima che la fabbrica sia completata. A stupire è che il modello - in origine una berlina, affiancata poi dalla versione familiare ("2102", dal 1972) - rimane sostanzialmente lo stesso per oltre quarant'anni. E se la motorizzazione inizialmente fu solo a benzina di 1,2 litri da 60 CV (modello "2101"), negli anni si aggiunsero le versioni 1,5 ("2103" di fine 1972), 1,3 (1974), 1,6 ("2106" di fine 1975), 1,7 (1995) e 1,5 litri diesel e turbodiesel (1997).

La vettura ha sùbito un successo travolgente in patria e in tutti i Paesi della Cortina di Ferro, tanto che nei primi due anni ne vengono prodotti quasi 200.000 esemplari; complice un prezzo particolarmente competitivo, anche l'Europa occidentale ne importa un discreto numero. Nel 1980 arriva unnuovo modello, contrassegnato dalla sigla "2105", rinnovato nella carrozzeria e negli interni, mentre l'ultima evoluzione (la "2107") è del 1981. Oggi, al momento di cessarne la produzione, 42 anni dopo il suo debutto, la "Zhigulì" costa 5000 euro, cifra abbordabilissima anche per l'automobilista russo, che però da tempo ambisce a modelli occidentali, ben più moderni e seducenti sul piano dell'estetica, del confort e delle prestazioni, ma anche per l'immagine che ne deriva.

L'appeal della vettura comincia inevitabilmente a tramontare, tanto che nel primo trimestre del 2012, complice la crisi generalizzata, le vendite crollano a picco a sole 34.018 unità consegnate (-76% rispetto allo stesso periodo del 2011). La Casa, che nel frattempo ha stretto un'alleanza con Renault-Nissan per la produzione di nuovi modelli, decide che è venuto il tempo di dire basta. Cade un ulteriore pezzetto di storia dell'ex impero sovietico, uno degli ultimi, anche se di "Zhigulì" sulle strade dell'ex Urss se ne vedranno ancora (e tante) per un bel pezzo. E c'è già chi comincia a metterle via, come accaduto con le Trabant, simbolo della Germania dell'Est.

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