All'età di 85 anni il designer Marcello Gandini, tra coloro che hanno scritto pagine memorabili nella storia dell'automobile, è stato insignito con la laurea honoris causa in Ingegneria Meccanica dal Politecnico di Torino. La cerimonia è avvenuta venerdì 12 gennaio in un'aula gremita dell'ateneo piemontese.
Studenti ammirati. Nel Politecnico di Torino una folla di studenti si aggira tra la quindicina di auto esposte nel cortile, sotto il cielo grigio del capoluogo piemontese. Discutono, fotografano, ammirano, nei loro occhi lo stupore quando passano davanti a sportive del calibro di Lancia Stratos o Alfa Romeo Montreal, si interrogano di fronte a prototipi come la Autobianchi Runabout e sognano quando vedono la regina dell’esposizione: la Lamborghini Miura, l’auto che ha cambiato per sempre il mondo delle supersportive. Sono alcune delle creazioni uscite dalla matita di Marcello Gandini sono entrate nella leggenda e nei cuori degli appassionati. Ma il suo impegno non si è limitato al design, è stato anche un innovatore, sempre alla ricerca di nuovi materiali e nuove tecniche che fossero in grado di cambiare l’industria automobilistica, renderla più efficiente, ergonomica, al passo coi tempi e, soprattutto, proiettata nel futuro.
Non solo estetica. Sono queste le motivazioni che hanno spinto il Politecnico di Torino a conferire a Marcello Gandini la laurea honoris causa in Ingegneria Meccanica, la regina tra le discipline industriali. “In ogni suo progetto ha applicato un forte approccio ingegneristico per ottenere il miglior risultato possibile di forma, funzione e ricerca di materiali inediti, sempre con una spiccata tendenza all’innovazione e provando soluzioni meccaniche originali per l’inserimento e la disposizione degli organi meccanici all’interno delle sue creazioni”, ha dichiarato Guido Saracco, rettore del Politecnico di Torino.
Rapporto forma-funzione. Un lavoro, quindi, volto non solo alla ricerca di forme e linee appaganti, ma a una totale reinterpretazione dell’oggetto macchina e di tutti i suoi aspetti, molto spesso poco evidenti all’occhio dell’automobilista. Un costante aggiornamento del rapporto forma-funzione della vettura, sia nell’utilizzo quotidiano, sia ancor prima che esca dalle linee di produzione. “In alcuni progetti, citiamo La Piccola del 1983, ha anche proposto un cambio di paradigma nell’affrontare un nuovo tipo di produzione e di fabbrica, intesa come stabilimento vero e proprio; la proposta di laurea in Ingegneria Meccanica vuole proprio dare un riconoscimento a questo contributo”, ha continuato il rettore.
La storia. Marcello Gandini nasce nel 1938 a Torino in una famiglia di musicisti. Il padre, direttore d’orchestra, come si confaceva al clima conservatore in cui è cresciuto, lo indirizza a studi umanistici. Così Gandini frequenta il liceo classico, nel quale si diploma nel 1956. Nel suo cuore, però, ci sono da sempre le quattro ruote, passione che si manifesta continuamente, come quando, con il denaro datogli per acquistare un libro di latino, compra “Motori Endotermici” di Dante Giacosa, la Bibbia di ogni amante della tecnica automobilistica. Al momento di proseguire gli studi si rifiuta di prendere la strada voluta per lui dal padre e intraprende, in totale autonomia, il suo percorso. “Ricavate dalle limitazioni e dalle imposizioni un forte, caparbio, ma costruttivo, senso di ribellione” ha esortato gli studenti Gandini.
Gli inizi. Inizia con l’effettuare piccole modifiche alle vetture da corsa in salita, talvolta di carrozzeria, altre di meccanica e si cimenta nel disegno, da autodidatta. “La prima volta in cui portai una mia opera a un modellista per un lavoro in carrozzeria, appeso il foglio alla parete, stette un quarto d’ora in silenzio, poi, scuotendo la testa disse: io non ci capisco niente. Non sapevo che dire, ma poi capii che avevo disegnato al contrario rispetto all’usanza comune di orientare l’anteriore dell’auto verso sinistra. Per fortuna il disegno era su carta da lucido, lo girai, al modellista si illuminarono gli occhi e disse: perfettamente eseguito”. Dopo qualche collaborazione con i carrozzieri Boano e Marazzi, la svolta arriva nel 1965, quando entra a far parte del centro stile di Bertone, del quale rimarrà direttore fino al 1979. Bertone era un maestro nel riconoscere i giovani talenti e nel generare un ambiente fertile alla loro creatività.
Sportive e prototipi. I frutti di tutto questo non si fecero attendere: nel 1966 arriva la Lamborghini Miura, la prima auto di serie stradale a adottare la soluzione di motore centrale trasversale, la prima delle moderne supercar. Nel 1967 arriva la Marzal, poi l'anno dopo l’Alfa Romeo 33 Carabo, prima creazione in cui compaiono le portiere a forbice, azionate da un pistoncino a gas. Le stesse portiere che caratterizzeranno la Lamborghini Countach del 1974, ennesimo lavoro di Gandini, insieme alla Lancia Stratos HF Zero del 1970, dove, invece, a fare da portiera è il parabrezza, che si alza e si abbassa per mezzo di un meccanismo collegato al volante. Auto non solo belle ma anche originali e tecnicamente evolute.
Impegno nella motorizzazione di massa. Nel 1980, lasciata la Bertone, diventa consulente indipendente delle cui collaborazioni si avvalgono numerose case automobilistiche quali Alfa Romeo, Fiat, Simca, Maserati, Innocenti, Citroen, BMW e Renault. In questo periodo dà il contributo a numerosissime vetture di serie, a testimonianza del fatto che il lavoro di Gandini non si limita a prototipi e sportive per le elite ma, al contrario, svolge un ruolo fondamentale nel riconfigurare anche l’auto di serie e la sua produzione. La più radicale testimonianza di questo è la presentazione del prototipo La Piccola del 1983 che segna l’inizio della ricerca di innovazione dei materiali e dei metodi di costruzione. Sulla Piccola, infatti, una struttura in monoscocca, con costruzione a sandwich in materiale composito, racchiude la parte meccanica, che si assembla in un modulo applicabile alla carrozzeria in pochi passaggi. Le idee della piccola sono state riprese ed evolute in progetti successivi, come, per esempio, quello sviluppato da Tata per una gamma di modelli modulari in materiale composito, che consente la costruzione di veicoli diversificati che condividono la medesima base meccanica.
Non solo auto. Degno di nota è anche il lavoro nel settore del trasporto pesante con la progettazione del Renault Magnum, un’innovativa motrice che separava completamente la parte inferiore del mezzo con la cabina del guidatore. La soluzione, unita ad altri accorgimenti ergonomici, che consentiva un maggior confort di marcia per il guidatore, decretò il successo del modello, che rimase in produzione ininterrottamente dal 1990 al 2013. Nel 1991, probabilmente perché stanco di tenere i piedi per terra, si cimenta nel progetto CH7 Angel, un leggero elicottero nel quale Gandini non si limita a curare il design, ma rivede alcuni dettagli del rotore per semplificarne e alleggerirne la meccanica.
Un vulcano di creatività. In quest’epoca di omologazione e piatta reiterazione di soluzioni passate, le parole di Gandini risuonano come un faro di speranza per tutti i giovani creativi che lo stesso Gandini però ammonisce: “per progettare qualcosa di nuovo è necessario conoscere tutto quello che è stato realizzato in passato, diciamo da Leonardo Da Vinci in poi”. Come invito a non abbandonare ciò che ci ha preceduto senza prima conoscerlo.
Dove se non a Torino? L’evento organizzato al Politecnico di Torino in suo onore ha richiamato un grande pubblico di appassionati, studenti, personalità pubbliche e amanti del design, accorsi per ascoltare le parole del grande designer, come anche a sancire, ancora oggi, la centralità della città magica nel mondo dell’automobilismo.