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06/06/2017 | di Redazione Ruoteclassiche
Marchi scomparsi: Alba, Adami e Ausonia
Hanno in comune la lettera iniziale e il fatto di essere state “laboratori di creatività automobilistica” risalenti a 110 anni fa. Tre fabbriche di autovetture che all’inizio del ventesimo secolo provarono a iniziare una strada imprenditoriale per l’epoca decisamente nuova.
06/06/2017 | di Redazione Ruoteclassiche

Hanno in comune la lettera iniziale e il fatto di essere state “laboratori di creatività automobilistica” risalenti a 110 anni fa. Tre fabbriche di autovetture che all’inizio del ventesimo secolo provarono a iniziare una strada imprenditoriale per l’epoca decisamente nuova. Siamo in un’Italia in cui ancora la strada viene chiamata “carrozzabile” e non “carrabile”, perché tra i veicoli che la attraversano, le carrozze sono per numero di gran lunga superiori alle automobili.

Qui ha inizio la storia della “Alba”, fabbrica di auto fondata a Trieste nel 1906, chiusa nel 1908, messa in liquidazione nel 1909: lavora di fatto principalmente nel 1907, centodieci anni or sono. Ancora non c’è stata la prima guerra mondiale, Trieste fa parte del territorio dell'Impero austro-ungarico e la Alba è di fatto una casa automobilistica austriaca.

Non manca il doppio nome, Alba Fabbrica Automobili S.A. e Alba Automobilwerke Aktiengesellschaft. A fondare l’Alba è un gruppo di appassionati di auto, tra cui Edmondo Richetti, segretario delle Assicurazioni Generali, ed Ettore Modiano, figlio di Saul, fondatore di un’industria cartotecnica. Si prevede la produzione di due diversi modelli da 18/24 HP e 35/40 HP. Mentre si avvicina il Salone di Parigi del 1907 viene approntato il modello più potente. La Alba 35/40 piace, riscuote ottime critiche, ma nel 1908 vengono commissionate e realizzate solo nove vetture di questo tipo. Troppo poco per pagare 150 operai. La società viene quindi messa in liquidazione nel 1909.

Nel 1906, mentre nasceva l’Alba, in Italia stavano già chiudendo altre due fabbriche di auto. Una era la Adami Automobili, fondata a Firenze nel 1899: aveva resistito per sei anni dalla sua fondazione, avvenuta per volontà dell’ingegnere Guido Adami. Tra i soci tanti nomi che hanno fatto la storia iniziale dell’automobilismo fiorentino: Carlo Ginori, Gerino Gerini, Ernesto Corsini, Antonio Civelli, Antonio della Stufa, Piero Strozzi, Camillo Bondi, Ugobaldo Tonietti e Giorgio Fossi. Adami realizza un solo modello di automobile chiamato Rondine, che viene presentato al Salone dell'automobile di Torino del 1902 e ottiene la medaglia d'oro della Presidenza del Salone. L'azienda chiude appunto nel 1906.

L’anno di fondazione (1899) e quello di chiusura ( il 1906) la Adami li condivide con la casa automobilistica Ausonia, prima chiamata Sive (Società italiana vetture elettriche), che era stata fondata a Milano dall'ingegnere Gino Turinelli con l'intento di produrre vetture a propulsione elettrica. È una realtà veramente piccola, ma già nel 1901 a Milano circolano le prime 4 vetture elettriche a 6 posti, per pubblico servizio. A Turinelli nel 1902 viene proposto di entrare in società con le "Officine Sesto San Giovanni” e di trasferire la sede produttiva e trasformare il laboratorio nel reparto vendite e assistenza della nuova marca, denominata "Ausonia".

Il primo automezzo prodotto è un piccolo omnibus da 8 posti per i passeggeri, oltre a due posti esterni per il personale: i grandi alberghi possono così offrire ai clienti il servizio di collegamento con le stazioni ferroviarie della città. È ciò che oggi chiameremmo “navetta”. Vengono realizzate anche carrozzerie di tipo coupé de ville, con divisione tra passeggeri e guidatore, e di tipo landaulet, a quattro posti coperti e due scoperti, oltre a un più leggero cabriolet, decappottabile, di tipo Victoria. Dopo l'ingresso nell'azienda madre di Abramo Valsecchi anche l'Ausonia viene chiusa: non rende abbastanza. Ma è solo l’inizio. La storia dell’auto in Italia è ancora tutta da scrivere.

Elisa Latella

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