Prima quattro anni fa al traguardo di Brescia con Mozzi-Biacca, ora la vettura, finita in Giappone, è stata declassata dalla locale Fiva.
Dovrebbe (ormai il condizionale è d’obbligo) essere una delle tre vetture costruite per “vincere” la Mille Miglia del ’28. Ma per presentarsi per prima sotto il traguardo della “corsa più bella del mondo” la Lambda Casaro ha dovuto attendere il 2014. Un successo annunciato e non privo di polemiche. La partecipazione della vettura con cui Giordano Mozzi e Stefania Biacca si presentarono al via della Freccia Rossa era stata presentata con grande clamore mediatico, forse ignorando che così si sarebbe accesa la miccia delle polemiche.
“La macchina di Vincenzo Lancia torna alla Mille Miglia” intitolava Repubblica Motori che poi aggiungeva che questo esemplare “uscì di fabbrica il giorno 29 marzo del 1928, con numero di produzione 8613 e numero di telaio 18611 su autotelaio ‘tipo 221’: era dotata di motore a 4 cilindri e venne resa più leggera ed aerodinamica di carrozzeria rispetto alle tradizionali Lambda in commercio, proprio per correre più veloce sulle strade sterrate e polverose di quel periodo”.
Da subito non erano mancate le polemiche, partite proprio dalla città di Brescia perché era stato concesso (citazione dal quotidiano locale) “l’innalzamento del coefficiente della […] Lambda, accettata con il punteggio 1,70 e nelle ultime ore ‘salita’ a 1,80 in virtù di un documento che certificherebbe la sua partecipazione alla Mille Miglia del 1928. Dettaglio non trascurabile, perché si tratta della stessa vettura che per ben due volte il bresciano Alberto Riboldi aveva provato a iscrivere alla corsa in passato e in entrambe le occasioni fu rifiutata perché ‘chiacchierata’ e priva dei documenti necessari”. Proprio come è successo anche in queste edizioni ad un “aspirante” concorrente del Sol Levante.
Qui il mistero si infittisce. Ciò che è certo è che la vettura telaio 18611, conclusa la sua carriera agonistica in Italia venne inviata in Sud America, come era prassi in quei tempi. E dall’America ritornò in Italia – insieme ad altre Lambda – davvero in condizioni di relitto (anche largamente incompleto). Per alcuni di fatto arrivò solo il telaio. Al momento di certificare la vettura, all’Asi venne prodotta la “bolla doganale” senza tanta altra documentazione a corredo. Non ci sono dunque troppi dubbi sulla necessità di ricostruire buona parte della carrozzeria. Un lavoro fatto a regola d’arte in un centro di restauro del Veneto, eseguito con la consulenza anche di esperti riconosciuti dall’Asi. A difendere la vettura c’è la testimonianza di alcuni esperti del modello che assicurano di aver visto il telaio ancora in dogana e di aver verificato la corrispondenza dei numeri di telaio e motore.
Oggi la macchina monta una testa Pirotta. Potrebbe essere una garanzia se questo particolare non fosse stato replicato da alcuni collezionisti intenzionati a rimettere un così prezioso kit di trasformazione sulle loro auto. E anche la ricostruzione di blocchi motore (proprio perché in alluminio e peraltro facile al deterioramento) è prassi oggi ben consolidata. Dunque possiamo concludere che trovato il relitto non sarebbe stato troppo difficile ripristinare la vettura rossa e lucente come l’abbiamo ammirata nella edizione della Mille Miglia nel 2014. Ma dobbiamo lasciare ad altri esperti la valutazione sulla corrispondenza e sulla completa originalità del mezzo. Nel 2014, le polemiche non riguardarono il fatto che la vettura fosse o meno autentica – telaio e meccanica, per quanto ricondizionati, sono del tutto conformi – quanto che quella fosse veramente la Lancia Lambda tipo 221 spider Casaro con la quale Gildo Strazza chiuse al terzo posto assoluto la Mille Miglia del 1928.
Secondo il regolamento di quell’anno, le vetture che avevano preso parte ad almeno un’edizione di velocità della Freccia Rossa dovevano essere accettate di diritto, con il coefficiente incrementato del 10%. Gli organizzatori della Mille Miglia, ricordando che qualche anno prima, con la precedente gestione, la Lambda in questione non era stata accettata per il rifiuto espresso dallo stimato storico, purtroppo scomparso, Andrea Curami, la accettarono solo perché – nel frattempo – la vettura aveva ottenuto un ID Fiva di classificazione “A4”.
Il coefficiente “MM”, inizialmente non riconosciuto, fu successivamente assegnato in virtù di due certificazioni, entrambe che attestavano che a quel numero di telaio corrispondeva la vettura di Strazza: una del Centro Storico Fiat (che conserva l’archivio Lancia) e uno del Registro Lambda. E a documentare che il numero di telaio di quella Lambda fosse quello corretto c’era la certificazione Fiva, che nessun organizzatore può contestare.
Quattro anni più tardi, dal Giappone – dove la Lambda è stata venduta – giunge notizia che, in fase di rinnovo, la certificazione Fiva abbia subito un pesante declassamento, che la renderebbe non più accettabile alla Mille Miglia.
In questa storia delle Lambda alla corsa della Freccia Rossa rappresenta un punto fermo l’esemplare conservato da un collezionista francese (una vettura di provata originalità e con una storia chiarissima). La seconda sarebbe quella che vinse nel 2014. Della terza non si hanno notizie, almeno per ora.
Vale la pena anche ricordare che a Essen gli organizzatori della Brescia-Roma-Brescia hanno presentato una speciale commissione, denominata Comitato Scientifico del Registro Mille Miglia, che da quest’anno verifica l’originalità delle auto che si iscrivono alla gara. Il Comitato, presieduto da Paolo Mazzetti, è composto da Marco Mottini, Adolfo Orsi, Bruno Ferrari, Giuseppe Cherubini, Paul Loveridge e Mark Gessler.
Gaetano Derosa