"Modulo" Pininfarina, così è nata la dream car - Ruoteclassiche
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30/05/2014 | di Redazione Ruoteclassiche
“Modulo” Pininfarina, così è nata la dream car
Paolo Martin racconta che la "Modulo", di cui fu il designer, inizialmente non fu ben vista in Pininfarina, nonostante gli sforzi profusi per realizzare il prototipo. Solo dopo parecchio tempo, il management decise di dotarla di un motore Ferrari per creare una show car di forte impatto. Fino al 7 settembre la vettura è in trasferta ad Atlanta assime a moltissime altre dream car.
30/05/2014 | di Redazione Ruoteclassiche

“Sogniamo di auto che galleggeranno e voleranno, o circoleranno prendendo energia da un raggio laser. Queste pretese possono sembrare ai confini della realtà, ma così è nata l’idea di viaggiare per il paese senza un cavallo”: la frase, tratta dal Ford book of styling del 1963, rappresenta meglio di altre lo spirito della mostra intitolata “Dream Cars: innovative design, visionary ideas” in scena ad Atlanta (USA) presso l’High Museum of Art fino al 7 settembre. In esposizione i prototipi e le vetture a tiratura limitata che più di altre hanno rappresentato, per stile e tecnologia, un balzo nel futuro per le rispettive epoche, partendo dal 1932 fino ai giorni nostri.

Secondi a nessuno. Si resta allibiti di fronte alla GM Firebird XP-21 del 1953, la prima auto a turbina costruita e collaudata su strada negli Stati Uniti e lo stupore perdura al cospetto di icone come Norma Timbs Special del 1947, la GM Le Sabre XP-8 del 1951 e la Chrysler Thunderbolt del 1941, quest’ultima la prima vettura americana ad avere il tetto rigido apribile elettricamente. Ma ad Atlanta, la città della Coca Cola e della CNN, l’Italia merita lo stesso applausi a scena aperta grazie alla Chrysler Streamline X “Gilda” della Ghia (1955), la Lancia Stratos HF Zero della Bertone (1970) e la eccezionale Ferrari 512 S Modulo della Pininfarina, disegnata da Paolo Martin.

Orgoglio di stilista. Il designer torinese ha raccontato che inizialmente la Modulo non fu ben vista in Pininfarina, nonostante lo sforzo che aveva profuso nella realizzazione del prototipo, sacrificando anche le sue ferie. La Ferrari più estrema di sempre è così rimasta abbandonata sotto un telo sino a quando, un giorno, l’allora direttore Franco Martinengo chiese a Paolo Martin di adattare una meccanica del Cavallino al prototipo per creare una show car di forte impatto. Dalla successiva mostra di Ginevra, dove destò scalpore, a tutti i successivi eventi, la Modulo è così diventata un’icona e attrazione principale ai quattro angoli del mondo.

Cosimo Murianni

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