Il 22 maggio 1966 si tenne la 24esima edizione del Gran Premio di F1 del Principato di Monaco, il primo della 17esima stagione. Per la massima formula competitiva automobilistica iniziava un nuovo periodo. Due i fatti principali: il ritorno a motori di grande cilindrata e il debutto della McLaren come marchio costruttore.
Cinquant’anni fa il Gran Premio del Principato inaugurava la stagione di Formula Uno 1966 con due grandi novità, destinate a segnare la serie.
La prima gara dell’anno sulle sponde del Mediterraneo marcava, innanzitutto, il ritorno a motori di grande cubatura. Questo avrebbe portato, naturalmente, a un significativo aumento della potenza, delle prestazioni e, nelle aspettative di organizzazione e pubblico, della spettacolarità. Dopo ben cinque stagioni con piccoli propulsori 1.5, la normativa aveva raddoppiato il limite della cilindrata, portandolo al nuovo tetto di 3 litri.
In realtà i primi annunci sulla modifica delle regole erano avvenuti ben tre anni prima ma, nonostante questo, non tutti i costruttori (soprattutto gli inglesi) si trovarono preparati al nuovo scenario (orfano, per altro, della Coventry Climax, grande protagonista delle passate stagioni ma che aveva deciso per il ritiro dalle corse alla fine della stagione ’65). Rispetto al 1961 (solo cinque marchi coinvolti provenienti da tre Paesi europei) la nuova stagione di corse si presentava più internazionale che mai: almeno 8 costruttori e fornitori di propulsori appartenenti a 8 Paesi differenti.
BRUCE MCLAREN NELLA MISCHIA CON IL SUO MARCHIO COSTRUTTORE
Accanto a Jack Brabham (che al GP di Monaco collezionò un ritiro ma a fine stagione si sarebbe laureato Campione del Mondo Piloti per la terza volta, la prima a bordo della “sua” automobile) comparve un nuovo marchio costruttore la cui denominazione era esattamente il cognome del suo primo pilota: Bruce McLaren, neozelandese, classe 1937, esordiva in Formula 1 come costruttore con la sua McLaren M2B. Nel 1962 aveva vinto a Monte Carlo a bordo di una Cooper. Nel ’64 aveva fondato la Bruce McLaren Motor Racing Ltd e a fine ’65 aveva abbandonato la Cooper per correre con il suo team privato personale.
MCLAREN M2B: LA PRIMA IN GARA
Al Gran Premio di Monaco ’66 McLaren si presentò ai nastri di partenza con la M2B, evoluzione della M2A progettata l’anno prima e utilizzata come muletto sperimentale. Il progetto era stato affidato a Robin Herd (nonostante McLaren stesso fosse un talentuoso ingegnere), un ingegnere aeronautico che aveva partecipato alla progettazione del Concorde. A questi, in seguito, si sarebbe affiancato Gordon Coppuck Herd, in seguito nominato capo ingegnere della Casa. Herd decise di utilizzare per il telaio la mallite, un materiale di derivazione aeronautica. La sua struttura era composta da un sandwich di alluminio e legno, che conferiva una rigidità molto maggiore rispetto al metallo. Questo, tuttavia, si rivelò un materiale problematico: difficile da produrre in forma di pannellature curve, difficile da riparare.
Motorizzata con un motore V8 Ford inizialmente progettato per correre a Indianapolis, aveva una cilindrata ridotta da oltre 4.0 litri a 3.0. A questo, McLaren abbinò l’utilizzo di un propulsore Serenissima M166, ancora con frazionamento a 8 cilindri e cubatura di 3.0 litri.
IN GARA
Con la sua M2B “brandizzata” McLaren, Bruce si qualificò in decima posizione in griglia (in pole position si era piazzato Jim Clark con la Lotus 33 motorizzata Climax V8 2 litri). In gara riuscì a raggiungere il sesto posto ma fu costretto all’abbandono a causa di un problema meccanico. La vittoria finale andò a Jackie Stewart, al volante di una BRM P261.
Alvise-Marco Seno