Tredici anni dopo una macchina italiana torna a vincere il Rally Monte-Carlo Historique: un’impresa che non poteva toccare che a una Lancia, la "Casa" per eccellenza quando si parla di auto italiane sulle strade monegasche. Sulle curve che hanno reso immortale il talento di Sandro Munari al volante della Fulvia e che hanno consacrato poi, nell’ordine, Stratos, 037 e Delta, quest’anno è toccato alla "piccola" Fulvia 1200 del 1965 di Gianmaria Aghem e Diego Cumino trionfare nel rally di regolarità più importante del mondo, dimostrando come la scuola italiana della regolarità a media abbia ormai raggiunto (e probabilmente superato) quella belga e francese che per anni hanno fatto tendenza in una disciplina che sta conoscendo una rapida crescita anche dentro i confini italiani.
Per il regolarista piemontese si è trattato di un successo partito decisamente da lontano: terzo classificato nel 2016 con una rabbiosa rimonta nel finale, secondo nel 2017 grazie ad una condotta di gara molto accorta e trionfatore quest’anno, dopo una gara condotta sempre nelle posizioni di vertice con la ciliegina sulla torta di aver avuto la freddezza di gestire il risicato vantaggio nella notte finale del Turini, dove in passato la classifica ha subito spesso ribaltoni incredibili. Passato in testa alla nona prova, Aghem ha resistito agli assalti degli avversari beneficiando anche del ritiro del tedesco Bruns che al volante della propria Ford Falcon condividevail comandocon l’italiano a due prove dalla conclusione.
Il successo di Aghem è solamente la punta dell’iceberg italiano a Monte-Carlo: di grande spessorel'ottavo posto finale di Maurizio Aiolfi e Paolo Giafusti su Lancia Beta Coupé, così come il tredicesimo posto di Paolo Marcattilj e Francesco Giammarino su Triumph TR2. Solamente l’Italia è riuscita a piazzare tre equipaggi nei primi quindici di una classifica che ha visto al secondo posto i greci Delaportas-Mustakas su Volkswagen Golf GTI esul terzo gradino del podio i polacchi Postawka-Postawka su Zastava 1100.
Testo di Daniele Bonetti, foto di Roberto Deias