Monteverdi Safari, lusso countrychic - Ruoteclassiche
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10/12/2021 | di Giancarlo Gnepo Kla
Monteverdi Safari, lusso countrychic
Nel 1976, la "Automobile Monteverdi" presentava il suo modello di maggior successo, la Safari: un fuoristrada di lusso con motori V8 e meccanica americani ma con un po' di Italia nel suo dna...
10/12/2021 | di Giancarlo Gnepo Kla

Nella seconda metà degli anni 70, la parola “SUV” era ancora lontana da venire ma le 4x4 iniziavano a scrollarsi di dosso l’idea del veicolo prettamente utilitaristico, sposando l’idea dell’auto adatta a tutti gli impieghi e capace di offrire un comfort simile a quello delle berline. Proprio in questo contesto andava ad inserirsi un modello molto particolare, la Monteverdi Safari.

Immaginate un ibrido tra una Range Rover prima maniera e una Fiat 124 Special seconda serie, ora aggiungete un V8 Chrysler. Scegliete voi se vi bastano 5,2, 5,9 oppure sette litri, otterreste comunque una Monteverdi Safari: fuoristrada di lusso ante litteram, di origine elvetica, pensata per far concorrenza alla Range Rover. Prestazioni e livello di finitura erano persino superiori alla rivale inglese ma questo non bastò per avere la meglio dal punto di vista commerciale. L'obiettivo, in realtà, era differente. La Safari si rivolgeva ad un target molto più ristretto e rimase a listino dal 1976 al 1982, totalizzando circa 2.500 unità complessive, confermandosi come uno dei veicoli tutto terreno più prestigiosi sul mercato.

Le origini. Tra gli anni Sessanta e Settanta vi fu un proliferare di piccole realtà artigianali specializzate nella creazione di repliche, auto sportive leggere o, nel caso della Monteverdi, di modelli di gran lusso. Il marchio venne fondato dall’ex pilota svizzero (di origini italiane) Peter Montevedervi e si affacciò sul mercato nel 1967 con la “High Speed 375S”, una potente granturismo equipaggiata con motori Chrysler da sette litri. Lo stile era firmato Pietro Frua, già autore della Maserati Mistral. E proprio contro le Maserati che la GT elvetica puntava il mirino, proponendo un approccio simile: fatto di materiali pregiati, comfort e prestazioni. Alla lussuosissima coupé, seguirono poi la 375L, la 375/4 L a quattro porte e la super sportiva “Hai 450 SS”.
Nel 1973, la crisi petrolifera decretò il crollo delle vendita di auto supersportive: anche la giovane Maison svizzera risentì profondamente di questa situazione. La serie High Speed 375, prodotta dl 1968 al 1974 totalizzò poco più di 30 esemplari, a cui si aggiunsero una ventina di unità l’anno successivo. Numeri molto bassi, persino per un piccolo costruttore artigianale come Monteverdi. Urgeva una soluzione.

Parti comuni. Peter Monteverdi intravide una possibilità nel segmento delle fuoristrada e sviluppò la Safari nel corso del 1975, questa volta prendendo come riferimento un altro “mostro sacro”, la Land Rover Range Rover. A differenza delle GT, la nuova 4x4 faceva largo impiego di componenti di grande serie provenienti da altre Case automobilistiche, a partire dal telaio della International Harvester Scuot: un veicolo tutto terreno, civilizzato, pensato come concorrente delle Jeep nude e crude ma in grado di assicurare un comfort di bordo migliore nell’uso quotidiano. In questo modo i costi di sviluppo e di produzione furono notevolmente abbattuti ma nonostante ciò, la Monteverdi Safari rimaneva un’auto costosa: nel 1980 il prezzo di una Safari era di circa 65.000 marchi tedeschi, non distante da quello di una Rolls-Royce Silver Shadow. Decisamente più abbordabile in Svizzera, dove il listino partiva da 39.000 franchi (5.000 in più rispetto alla Range Rover).

Piaceva ai viveur. All’interno non mancavano comodità come il cambio automatico, gli alzacristalli elettrici e una strumentazione completa. Alla buona guidabilità contribuivano la trazione integrale disinseribile e una posizione di guida insolitamente sportiva per il tipo di auto, un omaggio al passato sportivo della Monteverdi.
Durante la produzione, vennero offerte diverse motorizzazioni, tutte V8: il 5,2 Chrysler, il 5,7 liti Harvester e un poderoso otto cilindri da 7,2 litri, il Chrysler 440 Magnum Big Block. Il motore da 5,2 litri era proposto come primo equipaggiamento ed erogava 152 CV e 346 Nm di coppia massima. In questo caso la Safari poteva accelerare da 0 a 100 km/h in 13 secondi e raggiungere i 165 km/h. Il consumo? Circa 4 km/l… Il modello di punta, da 7,2 litri era accreditato di ben 305 CV e 200 km/h di velocità massima, ciò rese la Monteverdi Safari il più veloce fuoristrada del suo tempo. In tal caso il consumo aumentava del 50%. Di questa variante vennero prodotte sole sette unità, vendute principalmente ai nuovi ricchi del Medio Oriente e ad alcuni eminenti rappresentanti del jet set internazionale. Tra questi ricordiamo collezionisti come lo Scià di Persia Reza Pahlavi e l’imprenditore Gunter Sachs.

Destino congiunto. Considerate le prerogative, la Monteverdi Safari, si poneva così su un livello ben più elevato rispetto alla Range Rover e pertanto rimase un’auto per pochi intenditori. Oltre al prezzo, vi era anche lo scoglio di una rete commerciale molto limitata: le vendite erano coordinate direttamente dalla Casa madre.
Al pari di telaio e meccanica anche la carrozzeria della Safari veniva realizzata al di fuori dell’azienda, a Savigliano (CN). Se ne occupava, durante i suoi ultimi anni di attività, la Carrozzeria Fissore: partner della realtà elvetica sin dagli esordi. Un’azienda che al pari della Monteverdi, finì nell’oblio insieme a molti piccoli grandi marchi indipendenti tra la fine degli anni 70 e i primi anni 80.

Una di sette. Di recente il rivenditore tedesco di auto storiche e supercar “Lemacc” ha proposto uno dei soli sette esemplari con motore Big Block 7,2 litri “Magnum 440”. Il primo proprietario acquistò la vettura il 16 giugno 1978 dalla Auto Becker a Dusseldorf. L’auto venne consegnata direttamente dalla Automobile Monteverdi AG di Binningen, fuori Basilea. L'auto viene presentata in un’elegante combinazione di colori: "Grünmetallisé" all'esterno con interni in velluto a coste beige e tappezzeria nera. Dopo la consegna è stata applicata una protezione extra del sottoscocca e, inoltre, tutte le cavità del telaio sono state incerate. Ciò ha consentito di preservare la vettura dalla ruggine. In oltre 40 anni, la Safari è rimasta con il primo proprietario che ne ha curato la manutenzione e la conservazione. L’auto è originale al 100%, con la sua prima vernice e ha all’attivo di 51.500 km, verificabili.

Come lei non c’è nessuna. La Monteverdi Safari, oggi come mezzo secolo fa può considerarsi un mezzo molto esclusivo. Il suo segmento di appartenenza, quello dei fuoristrada di lusso (non ancora SUV) popolato dalle versioni speciali della Range Rover, della Mercedes-Benz Classe G e la Lamborghini LM002, punta con decisione al rialzo ma, a differenza delle rivali, la Safari può contare su una meccanica tanto semplice quanto robusta. Senza contare la rarità, nettamente maggiore. Perciò se vi piacciono i 4x4 vecchia scuola e, magari, volete assicurarvi un’entrata in grande stile per la prossima settimana bianca, allora la Monteverdi Safari è certamente la scelta migliore.

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