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Nino Vaccarella, addio al preside volante

Se n’è andato Nino “Ninni” Vaccarella, siciliano classe 1933, nato a Palermo il 4 marzo, laurea in giurisprudenza, preside dell’Istituto Oriani, grande protagonista di un’epoca tanto luminosa quanto dimenticata. Vetture Sport, Prototipi, ruote coperte per il Mondiale Marche. Il suo mondo perfetto.

La carriera è lunga, fatta di corse con tutto, dappertutto, per amore e passione di un mestiere ad altissimo rischio. Il palmares ha tre tappe obbligate, tre vittorie alla Targa Florio, il leggendario tinello di casa. La prima nel 1965 con Lorenzo Bandini, Ferrari 275P, la seconda nel 1971 con Toine Hezemans, Alfa Romeo 33/3, la terza nel 1975 con Arturo Merzario, Alfa 33TT12 per una memorabile passerella d’addio. Convinto da Carlo Chiti, capitano dell’Autodelta, a offrire un ultimo colpo di volante su quelle strade là, dove le gioie furono terribili, dove lui, Vaccarella, sembrava un secondo Leone, al pari del conte Masetti.

L’oro della carriera con il rosso Ferrari, il rosso Alfa, le due metà del suo firmamento. Più segnato dal Cavallino: trionfo nella 24 Ore di Le Mans con il francese Jean Guichet, vittoria nella 1000 Km del Nürburgring con Ludovico Scarfiotti e conquista del titolo Mondiale Marche. Tutto nel 1964. Le Mans, ecco, una ossessione: molte partecipazioni e molta sfortuna. E poi, anno 1970, primo posto assoluto nella 12 Ore di Sebring con Ignazio Giunti e Mario Andretti con la mastodontica 512, perfetta per le piste, molto meno per le strade capricciose della Targa.

Vaccarella avrebbe voluto una consacrazione anche in Formula 1. Macchè, cinque presenze tra il 1961 e il ’63, con De Tomaso, Lotus e Ferrari, una volta soltanto a Monza. Piazzamenti e ritiri. Enzo Ferrari lo definì “Un pilota di temperamento”. Il giudizio non vale l’Oscar dell’empatia, ma anche lui, Ninni, era spigoloso, per nulla espansivo. Chi non è più un ragazzo ricorderà per sempre il suo nome abbinato a quello di Giunti. Venivano pronunciati insieme alla radio mentre si svolgevano gare interminabili e lontane, sprovviste di diretta tv. Noi qui, ad attendere notizie nelle notti insonni e italiane.

Ha tirato il freno ad anni 88 pensando, speriamo, ai giorni felici, confinando qualche rimpianto. La sua è stata una lunga avventura ad altissima intensità. Dunque grazie e addio, caro preside da 10 in pagella.

Giorgio Terruzzi

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