OM 469 S Torpedo Lusso (1924), l’affidabilità la rese celebre - Ruoteclassiche
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02/06/2023 | di Fulvio Zucco
OM 469 S Torpedo Lusso (1924), l’affidabilità la rese celebre
La prima produzione delle Officine Meccaniche di Brescia fu quella di automobili, a partire dal 1917. E OM fu la vincitrice della prima Mille Miglia, nel 1927, con Minoia e Morandi. Il modello 469 di 1.5 litri raggiunse buoni consensi
02/06/2023 | di Fulvio Zucco

Ecco le nostre impressioni sulla OM 469 S Torpedo Lusso del 1924. Tutti, o quasi, pensando alla OM ricordano i camion e gli autobus che ancora in tempi non troppo lontani affollavano le strade d’Italia. Ci vuole un appassionato di storia dell’automobile per sapere che le tre posizioni sul podio della Mille Miglia, nella prima edizione del 1927, sono state ottenute proprio da vetture della Casa bresciana. La conoscenza della produzione OM, articolata su vari modelli, è poi appannaggio di pochi cultori delle vetture anteguerra.

La nascita del marchio. La OM nasce nel 1917 con l’acquisizione da parte dell’AOM, produttrice di materiale ferroviario con sede a Milano, dello stabilimento bresciano della Züst, costruttrice di automobili di grossa cilindrata. Le prime vetture OM sono infatti delle Züst rivisitate, tanto da conservare persino il nome del modello preesistente, S305. Ben presto però viene lanciata una nuova auto più in linea con le richieste della clientela del tempo: motore a quattro cilindri in linea di cubatura contenuta, semplicità costruttiva e conseguente buona affidabilità, cura delle finiture, peso non elevato e impianto elettrico a 12 Volt di serie. La denominazione commerciale, 465, sta per 4 cilindri con alesaggio di 65 mm, mentre la corsa, che non ha riferimento nella sigla, è di 100 mm, per questo come per gli altri modelli che si susseguiranno.

Semplice ed efficace. Il nuovo motore OM, progettato dal tecnico Lucien Barratouche, è estremamente semplice nella sua architettura e ha la classica distribuzione a valvole laterali, ma è concepito con tre supporti di banco, quando al tempo due sono la norma, e dimensionato tenendo già conto dei possibili futuri incrementi di cilindrata. Che presto arrivano, nel 1921, con la nuova 467. Questa rimane in listino all’incirca un biennio, finché nel 1922 debutta la 469, definitivo sviluppo dello schema nato con la 465. Le varianti disponibili sono due: la 469 N con freni sulle sole ruote posteriori e la 469 S equipaggiata con quattro freni a tamburo.

Ancora in servizio. L’esemplare del nostro servizio è proprio una più sicura e utilizzabile S, in allestimento Torpedo Lusso a sei posti con carrozzeria, fatto abbastanza anomalo all’epoca, realizzata dalla stessa Casa costruttrice. Appartiene da tempo a un collezionista ligure che, tenuto conto delle cento primavere della sua OM, la guida relativamente spesso. Lungo le stradine di Lerici e dintorni, dove la velocità poco conta, la 469 S non è d’intralcio al traffico e si arrampica sulle salite senza apparente sforzo. Concorrente naturale della 469 è negli anni 20 la Fiat 501, anch’essa di 1.5 litri e di prestazioni simili, ma meno raffinata in alcune soluzioni tecniche, come l’albero di trasmissione, accuratamente bilanciato sull’auto lombarda.

Praticamente indistruttibile. Con una potenza limitata, circa 25 cavalli (fino a 30 per le vetture destinate alle corse su strada), la distribuzione a valvole laterali che mantiene contenuto il regime di rotazione del motore, il surdimensionamento degli organi meccanici e una costruzione di elevata qualità e al contempo di razionale semplicità, la OM 469 si guadagna presto la fama di auto di estrema affidabilità, davvero difficile da rompere. Ciò fa sì che il modello raggiunga una buona diffusione, soprattutto dopo il record mondiale di velocità sulle 48 ore ottenuto fra il 15 e il 17 marzo 1924 a Monza, per la classe 1500, alla media di 70,5 km/h.

A listino, invariata, fino al 1929. La 469 resta a listino praticamente inalterata fino al 1929, totalizzando circa 4.200 esemplari, ma la sua variante 469 F, allestita sulla solita meccanica 1.500 come taxi, furgone, piccolo pullman per servizi privati, cisterna per l’innaffiatura del verde pubblico e altro ancora, è a catalogo fino al 1933, cioè fino alla fine della produzione automobilistica della OM stessa. In quell’anno, infatti, Fiat acquisisce la OM e decide di convogliarne l’attività verso il solo settore industriale pesante, arrestando la costruzione di automobili e di veicoli da trasporto leggeri da esse derivati, nonché ogni attività sportiva

Auto e ferrovia insieme. Nel 1937, poi, la branca milanese dell’azienda, fino allora dedicata al materiale ferroviario, la Mais di Suzzara (MN), specializzata in macchinari agricoli e la OM automobilistica di Brescia si fondono nella OM Società Anonima, che costruisce d’ora in poi materiale ferroviario, motori industriali, veicoli pesanti come autocarri e autobus e trattori agricoli. Tra le peculiarità tecniche della 469 sono da ricordare le valvole inserite direttamente nel monoblocco, senza l’interposizione di guide, per migliorare, negli intenti della Casa, il raffreddamento dello stelo.

Elementi in lega leggera. Parecchi gli elementi in lega leggera, allo scopo di contenere il peso e ottenere così migliori prestazioni dal 1.500 di concezione poco sportiva: in alluminio sono il parafiamma, la coppa dell’olio e la campana della frizione; i longheroni e alcune traverse del telaio hanno poi un profilo a U per consentire di utilizzare lamiere più sottili a parità di rigidità. Le ruote sono di norma a raggi, sempre per contenere il peso, ma sono disponibili anche cerchi in lamiera a disco o a razze metalliche tipo Sankey.

Quella faccia un po’ così. Il disegno delle 4 cilindri prodotte internamente all’azienda, nel proprio reparto di carrozzeria, non presenta spunti innovativi. Pensato per piacere un po’ a tutti senza la pretesa di essere originale, è elegante, pulito e tradizionale. Una OM 469 è molto simile a una contemporanea Fiat 503, oppure a una Bianchi o a un’Ansaldo. Altro particolare non innovativo, anzi, poco al passo con i tempi, è la presenza sulla testata (smontabile, questo sì un tocco di modernità, per il 1924) dei rubinetti di decompressione dei cilindri.

Elastica e maneggevole. Su strada la 469 si conferma leggera e maneggevole, più della Fiat sua concorrente, e borbotta placidamente senza mai salire granché di regime. Molto elastica, si è rivelata pronta nell’avviamento, ben frenata (rispetto alla produzione contemporanea) e dotata di un cambio piuttosto “ubbidiente”. Non ha dato segni di insofferenza o surriscaldamento nei ripetuti passaggi a bassa velocità e nelle manovre e ha rivelato un solo tallone d’Achille: senza ammortizzatori, massima attenzione alle buche, per non parlare dei rallentatori.

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