Piccole bombe giapponesi: Micra Super S (1993) - Ruoteclassiche
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09/02/2024 | di Andrea Paoletti
Piccole bombe giapponesi: Micra Super S (1993)
La versione sportiva dell'utilitaria Nissan, prima vettura giapponese a vincere il titolo di “Auto dell’Anno”, cita a più riprese la famosa Mini Cooper, capostipite di tutte le piccole tutto pepe moderne
09/02/2024 | di Andrea Paoletti

Vista con gli occhi di oggi, la Nissan Micra è ancora quel simpatico “ovetto” che, nel 1993, si laureò “Auto dell’Anno”. Non poco, in quanto si trattava della prima volta per un modello nipponico. Se la più diffusa versione da 1 litro di cilindrata diventò rapidamente la beniamina dei centri storici italiani, la versione più potente, denominata Super S, con i suoi 75 cavalli e un look grintoso, prometteva qualche emozione in più, solleticando velleità sportive. A partire dal nome.

Assonanze forti. Non è certo un caso che Super S suoni molto simile foneticamente a Cooper S: la mitica Mini di Alec Issigonis era stata ben più che un’ispirazione per gli ingegneri giapponesi, e non va dimenticato che è stata la prima Nissan prodotta in grandi numeri negli stabilimenti britannici. L’omaggio, che parte dal nome - ma anche da Mini a Micra il passo è abbastanza breve - prosegue sotto il cofano: la cilindrata dell’1.3 16 valvole a doppio albero a camme in testa è, per la precisione, 1.275 cm³, esattamente la stessa della Mini Cooper S che, a cavallo degli anni 60 e 70 era la “piccola bomba” per antonomasia.

Punta sul look. Non immaginiamoci però la Micra Super S come un kart in grado di mettere in imbarazzo auto di cilindrata superiore, com’era nel caso della Mini Cooper S: sulla giap è soprattutto il look a farsi notare, grazie all’avvolgente paraurti anteriore che integra i faretti fendinebbia, allo spoiler posteriore e ai cerchi di lega a cinque razze da 13 pollici. Anche all’interno la Super S aveva un allestimento specifico: contagiri, volante a tre razze privo di airbag e sedili più avvolgenti con una spalla leggermente più pronunciata. Nel 1997 un leggero facelift portò a un disegno diverso delle prese d’aria della mascherina frontale, all’adozione dello stesso volante con airbag già presente sul resto della gamma, all’aggiunta del terzo stop nella parte inferiore del vetro posteriore e ai nuovi cerchi di lega a quattro razze.

Più vivace che cattiva. Le prestazioni oggi fanno sorridere, ma agli inizi degli anni 90 la Super S si difendeva, con oltre 170 km/h di velocità massima, raggiungibili abbastanza facilmente, grazie ai rapporti del cambio corti. Sullo 0-100, invece, era meglio non aspettarsi miracoli: nonostante il peso a vuoto di soli 850 kg, era difficile scendere sotto i 12 secondi. Alla guida però la Super S si rivelava divertente, con il quattro cilindri pronto a frullare in alto, oltre i 6.000 giri e, se dotata di ABS (un accessorio opzionale, come il tetto apribile), guadagnava anche i dischi al retrotreno, migliorando la frenata, solo discreta in presenza invece dei tamburi. La Super S, circondata da concorrenti dirette italiane, francesi e tedesche ben più performanti, ai tempi sicuramente non vinse la sfida dei numeri, ma seppe ritagliarsi il proprio spazio, forte di equipaggiamenti di serie sconosciuti alle rivali: dall’aria condizionata ai sedili sdoppiati, oltre a un ottimo livello di finitura.

Ne restano poche. Oggi è diventata abbastanza rara, non certo per mancanza di affidabilità, quanto per gli incentivi alla rottamazione che ne hanno decimato la popolazione.Nel suo piccolo, comunque, resta un pezzo di storia degli anni 90, in cui le auto giapponesi conquistavano il mondo.

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