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Fa 50 anni la 911 più “easy” della gamma

Porsche ha recentemente presentato la 911 (tipo 991) Carrera T, stabilendo così un fil-rouge con la sua illustre progenitrice del 1967. La 911 T, pensata all’epoca come entry-level della gamma, si affiancava alla 911 “base” da 130 CV e alla più sportiva 911 S da 160 CV. Meno spartana dell’economica 912, con motore 4 cilindri della 356, aveva comunque un allestimento semplificato che la rendeva più leggera rispetto alle 911 più potenti.

La 911 è stata un’automobile epocale: ha cambiato per sempre il modo d’intendere una Porsche e, ancor più importante, ha cambiato per sempre il concetto stesso di auto sportiva: scattante e veloce in pista, comoda e sfruttabile sulle strade di tutti i giorni. Al Salone di Francoforte del 1963, a quindici anni dalla nascita della 356 (evolutasi dal primo esemplare prodotto nella famosa “segheria” di Gmund, nella Carinzia austriaca, fino ai modelli A, B e C), allo stand Porsche, fu presentata un’automobile completamente nuova. Si trattava del tipo 901, opera di Ferdinand Alexander “Butzi” Porsche, che preannunciava un netto cambio di rotta nei piani della Casa di Stoccarda: potenza pari a quella di una 356 B Carrera 2 (130 CV), ma un’elasticità di funzionamento e una sfruttabilità del tutto inedite (garantite dal nuovo motore 6 cilindri boxer di 2 litri) che, da lì a poco, sarebbero divenute proverbiali e tipiche del Made in Zuffenhausen.

SI PARTE E GIÀ CI SI EVOLVE

A un anno dalla presentazione, nell’autunno ’64, la 911 (così ribattezzata in quanto le sigle numeriche dei modelli con lo zero al centro erano un’esclusiva della Peugeot) diventava ufficialmente realtà. Nei piani della Casa si pianificò fin da subito una differenziazione del nuovo modello, in modo da soddisfare le esigenze di un mercato in continua evoluzione.

Nel novembre ’66, al modello base si aggiunsero la 912 (carrozzeria della 911, ma motore 4 cilindri 1.6 da 90 CV della 356 C SC) e la 911 S, versione top di gamma in cui la potenza del boxer 6 cilindri saliva da 130 a 160 Cv.

Nel ’67 fu la volta della 911 Targa, la “cabriolet sicura” caratterizzata da un tettuccio rimovibile e da un massiccio rollbar a protezione dell’abitacolo: fu un successo del tutto inaspettato (basti pensare che che oggi  tutte le vetture con questa configurazione di carrozzeria adottano la denominazione “Targa”), quasi sorprendente per una soluzione che in realtà era stata imposta dalla mancanza del tempo necessario per lo sviluppo di una cabriolet tradizionale. La Targa ottenne un tale gradimento di pubblico che per la prima 911 Cabriolet si dovette attendere il 1983.

L’AMPLIAMENTO DELLA GAMMA ’68: T COME TOURING

La prima grande novità del model year ’68 fu l’introduzione del cambio semiautomatico Sportomatic, un 4 marce per il quale non era necessario il pedale della frizione: per cambiare marcia era sufficiente muovere la leva del cambio, provocando così l’interruzione del flusso di carburante e il distacco del gruppo frizione, con il successivo inserimento del rapporto desiderato.

Il nuovo modello di accesso alla gamma divenne la “Touring”, ovvero la 911 T inizialmente disponibile con una potenza di 110 CV (in seguito portata a 130 CV). Il suo equipaggiamento corrispondeva di fatto al modello 912 a quattro cilindri. Si differenziava dai modelli più potenti anche per la scritta sulla griglia del cofano motore, color argento anziché dorata. Con l’introduzione della versione “T” come nuovo modello base (con motore meno potente e cambio manuale a 4 marce), il modello 911 2.0 130 CV venne rinominato 911 L (la motorizzazione rimase invariata). La nuova 911 T andava idealmente a colmare il vuoto esistente tra la 912 (poco prestazionale per i “porschisti” più esigenti) e la 911 L.

La “T” era equipaggiata con una nuova versione del motore 901, in cui la potenza massima scendeva da 130 a 110 CV. La coppia massima era di 157 Nm a 4200 giri/minuto, contro i 174 Nm a 4600 giri/minuto della 911 L. Meno potenza e meno coppia, unitamente a un regime di rotazione inferiore, si traducevano in una componentistica meccanica più convenzionale e, quindi, più economica. Il cambio previsto di serie era manuale a 4 rapporti (optional il 5 marce). Anche il telaio, rispetto alle versioni L e S, era semplificato: era infatti sprovvisto delle barre antirollio.

La “strategia del risparmio” adottata da Porsche per la 911 T fu portata avanti anche per il modello dell’anno successivo. Se infatti la nuova 911 poteva contare su un nuovo sistema di iniezione meccanica Bosch, la 911 T rimaneva invece alimentata dai classici due carburatori Weber triplo corpo. Questa scelta tecnica, secondo specialisti e addetti ai lavori, rendeva la “T” meno sofisticata ma anche meno confortevole. Tuttavia, la leggerezza e il carattere del motore a cilindri contrapposti la rendevano una sportiva scattante e godibile, solo appena meno performante della 911 L.

Alvise-Marco Seno

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