L'addio forzato di Ron Dennis alla sua McLaren e alla Formula 1, per certi versi chiude un'era dorata del circus. Dennis, estromesso dalla gestione sportiva della scuderia dal nuovo "asse di ferro" societario (composto al 25% da Mansour Ojjeh e al 50% dal fondo d'investimento del Bahrain Mumtalakat), era ancora oggi una leggenda vivente della F.1, l'ultimo protagonista della stagione d'oro degli anni 80 e 90.
Con la sua uscita di scena - nonostante resti ancora azionista della scuderia al 25% e mantenga la presidenza della divisione McLaren Technology Group (che si occupa di ricerca) scompare l'artefice del miracolo McLaren. La scuderia, nata nel 1963 per volontà del pilota neozelandese Bruce McLaren, debuttò nel Mondiale di Formula 1 nel 1967. L'ingresso di Marlboro come main sponsor fece cambiare passo al team inglese: nel 1974 arrivò il primo titolo costruttori e piloti (con Emerson Fittipaldi). Ma è nel 1980, quando la gestione sportiva viene affidata al giovane Ron Dennis, che la Casa di Woking segnerà la storia della Formula 1.
Ron Dennis, ex capo meccanico alla Brabham nel 1969, nel 1973 fonda la sua scuderia (la Rondel Racing) con cui vinse alcuni titoli in Formula 2. Per tutto il decennio lavorò nella serie, conquistando la reputazione di manager di spessore e uomo dalla visione lungimirante, sia nella scelta dei piloti sia nelle decisioni tecniche.
La sua prima monoposto, la MP4/1 progettata da John Barnard, è stata la prima Formula 1 con il telaio in fibra di carbonio. Nel 1982 grazie a lui Niki Lauda arriva alla McLaren. Dennis rompe gli schemi: vuole il meglio in tutto, scegliendo sempre i piloti più forti sulla piazza (come le accoppiate Lauda-Prost e Prost-Senna), i meccanici più qualificati, i fornitori di motori più veloci (prima Porsche poi Honda), il motorhome più grosso e appariscente. Una gestione che porta subito i suoi frutti: dal 1984 al 1991 la McLaren vince 7 titoli Piloti e 6 Costruttori. Storica l'annata 1988, quando le monoposto di Woking vinsero 15 dei 16 GP disputati.
Il dominio McLaren si interrompe quando la Honda lascia la scuderia ed è costretta a ripiegare sui meno performanti Coswhorth. E il passaggio di Ayrton Senna in Williams del 1994 mette fine al ciclo strepitoso degli anni '80 e '90. Una stagione per certi versi irripetibile, visto che nella lunga stagione di collaborazione con Mercedes (durata dal 1995 al 2009, anche se la Casa di Stoccarda ha fornito i motori gratuitamente fino al 2015) arriveranno due titoli piloti nel 1998 e 1999, fino all'ultimo successo datato 2008. Sia la doppietta sia l'ultimo successo portano la firma di due giovani piloti che faranno parecchia strada: il primo è il finlandese Mika Hakkinen, il secondo è Lewis Hamilton.
La storia recente è crepuscolare e solo l'ombra dei tempi che furono: il ritorno della Honda nel 2015, nella stagione dei powertrain ibridi, riporta alla mente la nostalgia dell'epoca vincente di Senna e Prost. Ma i motori giapponesi si rivelano inaffidabili e costringono il team (con Alonso e Button come piloti) a una stagione disastrosa. Quest'anno le cose sono migliorate sensibilmente con molti piazzamenti a punti, e Dennis ha deciso di puntare sulla scommessa cresciuta "in casa" di Stoffel Vandoorne, 24enne belga che dopo il titolo in GP2 è diventato terzo pilota e sostituto di Button durante il suo infortunio.
Le ultime dichiarazioni al vetriolo di Dennis ("Sono molto dispiaciuto che i rappresentanti di TAG e Mumtalakat, assieme agli altri azionisti di McLaren, abbiano deciso di mettermi alla porta") mettono fine nel peggiore dei modi a un matrimonio che era in crisi da qualche mese. Per il 69enne team principal adesso si apre una seconda vita, sempre nel mondo dell'automotive: lancerà un nuovo fondo d’investimento per la tecnologia.
Marco Gentili