Dopo decenni di abbandono, l’ex dirigente Giuseppe Gorla si è aggiudicato all’asta la storica fabbrica Isotta Fraschini di Saronno. Sarà gestita da una Fondazione “per il bene comune della città”.
Un saronnese è il nuovo proprietario della storica fabbrica Isotta Fraschini della cittadina lombarda. L’ha rivelato ieri la trasmissione “Buongiorno Regione Lombardia” di Rai Tre. Si chiama Giuseppe Gorla, è un ex dirigente in pensione di una società di consulenza internazionale e ha rilevato l’area dismessa per restituirla alla cittadinanza di Saronno salvandola dalla speculazione edilizia. A questo scopo, creerà una Fondazione per gestirne il recupero attraverso un investimento a fondo perduto. Le cifre precise non sono state diffuse, si sa solo che l’ultima base d’asta era scesa a 3 milioni e 379mila euro. Nel 2017 l’area era stata valutata in 11 milioni di euro, più la bonifica stimata fra i nove e i dieci milioni di euro. Dopo cinque aste andate deserte, Giuseppe Gorla si è fatto avanti per salvare “un bene comune che appartiene alla cittadinanza. Una volta in pensione, mi è sembrato giusto dedicarmi al mio paese”.
Dalle auto all’abbandono. La fabbrica ex Isotta Fraschini sorge su un’area di oltre 116mila metri quadri in via Milano 7, a due passi dal centro storico di Saronno. Era stata costruita negli anni Trenta per trasferirvi alcune produzioni meccaniche, che aumentarono dopo i bombardamenti della storica sede di via Monterosa a Milano durante la Seconda guerra mondiale. Saronno era già un importante centro industriale lombardo e nonostante il mutare dei gusti e del mercato, Isotta Fraschini ne era uno dei nomi più prestigiosi. Pillole di storia: la Casa automobilistica era stata fondata il 27 gennaio 1900 a Milano come Società Milanese d'Automobili Isotta Fraschini & C. da Cesare Isotta e dai fretelli Antonio, Oreste e Vincenzo Fraschini, ai quali si aggregarono Riccardo Bencetti, Paolo Meda e quel Ludovico Prinetti che già era la metà del marchio Prinetti & Stucchi. A guerra terminata, la Casa della Vittoria alata decise di tornare alla produzione di auto di lusso con la 8C Monterosa, alla cui progettazione meccanica partecipò Aurelio Lampredi prima del suo rientro in Ferrari. Non erano tempi per scialare: la Isotta Fraschini era già in crisi e il progetto abortì. Nel 1949 l’azienda fu posta in liquidazione e passò a Finmeccanica senza più riprendere la produzione automobilistica. Nel 1985 fu deciso di abbandonare la fabbrica di Saronno lasciando a casa 555 operai, con l’intenzione di ricavare 20 miliardi di lire dalla vendita della struttura. Un paio di tentativi di resurrezione del marchio (prima da parte della Carrozzeria Fissore, poi di Gianfranco Castiglioni) andò a vuoto e negli anni l’area è diventata oggetto di cronache di ordinario degrado.
Il recupero. Nel 120° anniversario della fondazione della Isotta Fraschini, l’intenzione di recuperarne la fabbrica di Saronno per un progetto urbanistico di qualità non potrebbe essere regalo migliore alla sua storia. Stanno fiorendo numerose ipotesi sulle destinazioni d’uso, magari interessando grandi nomi dell’urbanistica e dell’architettura. Si parla di un campus universitario, di spazi adibiti alle attività culturali, senza escludere una componente residenziale. Risanare, recuperare e riconvertire l’ex fabbrica è un processo che costerà parecchio. A Giuseppe Gorla il merito di averlo avviato: «Penso a un campus universitario collegato con Milano, strumenti per il mondo dei giovani, con spazio per la residenza, lo studio, un’area attrattiva per brand universitari o industriali che abbiano interessi a creare qualcosa di positivo», ha dichiarato alla stampa locale. Parallelamente, nel 2001 il marchio della vittoria alata è stato rilevato da un gruppo familiare riferito a Valentino Spadafora, sotto il nome di Isotta Fraschini Milano Srl, con lo scopo di tornare alla produzione di auto sportive di lusso, magari in chiave elettrica. Nel 2003 la società ha dato vita alla Fondazione culturale Intrepida Fides, “per mantenere vivo lo spirito storico della Isotta Fraschini nel XXI secolo”.