Sciavamo alla marinara. In ricordo di Gianni Agnelli - Ruoteclassiche
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12/03/2021 | di Giosuè Boetto Cohen
Sciavamo alla marinara. In ricordo di Gianni Agnelli
Nel giorno del centenario dalla nascita di Gianni Agnelli, abbiamo immaginato quella che potrebbe essere una sua giornata ideale tra le Alpi.
12/03/2021 | di Giosuè Boetto Cohen

Proviamo a ricordare Gianni Agnelli, che oggi compirebbe cent’anni, immaginandolo in una delle situazione che amava: una furtiva sciata in solitario. Ad attenderlo alla base delle piste, oltre all’elicottero, c’erano le sue giardinette speciali.

Nell’inverno più nevoso del decennio il silenzio è sceso sulle torri del Sestriere. Tace il ronzio degli impianti a fune, tace il rumore del traffico torinese, tacciono i rapper virtuali delle baite, che accompagnano ovunque (chissà perché?) il Vov caldo e il paesaggio col boato dei sub-woofer. In compenso impazza il Covid.
Se l’Avvocato fosse ancora sulla Terra, non perderebbe l’occasione godersi, per il suo centesimo compleanno, un salto veloce in questo paradiso, un po’ più piccolo dell’altro, ma amato e ritrovato. Un luogo famigliare che quest’anno assomiglia di più (guardato in controluce, schivando i condomini-mostro) alla stazione d’alta quota, ultramoderna e rarefatta, che suo nonno, il fondatore della Fiat, aveva ideato all’inizio degli anni ’30.
L’Avvocato oggi centenario, rinnovato nel corpo in virtù della sua speciale condizione, scenderebbe ancora una volta dall’elicottero, pronto a lanciarsi sui plateu della Banchetta o tra le gobbe del Sises, in solitaria.

Arrivava dal cielo. Che Gianni Agnelli amasse lo sci lo sanno tutti e molti, al Sestriere degli anni Sessanta, lo hanno incrociato. Da lontano. In quell’epoca, il colle in cima alla Val Chisone aveva già preso una deriva nazional popolare. Il cemento scorreva a fiotti, i dirigenti Fiat ci compravano la seconda casa e domenica salivano anche le maestranze, con le utilitarie e i torpedoni. Forse è anche per questo che l’Avvocato, in auto, al Sestriere si è visto pochissimo.
Lui arrivava volando. Di buon ora, un “Alouette” lucente lo prelevava dal prato di Villa Frescot, sulla collina di Torino. Di solito era già in giacca a vento e berretto, gli sci (Persenico Sideral, Head, vari Rossignol) pronti in mano. In cabina lo aspettava il maestro dei maestri: Hans Noble, che il senatore Agnelli, aveva chiamato dall'Austria, per aprire una scuola di sci all’altezza del “resort” che stava costruendo.

Tecnica e stile. E via, mezz'ora scarsa di volo sopra le teste dei mortali, che arrancavano via Stupinigi, Pinerolo, Villar Perosa, Fenestrelle. Quasi sempre con le catene, perchè il sale non lo avevano ancora inventato e gli spartineve non c’erano mai.
Con Noble, soprannominato “l'arcangelo delle nevi”, Agnelli si lanciava dall'elicottero ancora in movimento, giù, nel Canalone di Rio Nero o sui muri della Kandahar. I due facevano impressione, perché Noble sciava da dio e anche l’allievo non era da meno, con la sua gamba malata chiusa in uno stivale alto fino alla coscia, e i pantaloni dell’altra gamba che fileggiavano. Un mezzo di trasporto, un'accoppiata, un look che davan la fregola.

Trendsetter. L'automobile arrivava dopo (sempre che alla base della discesa non ci fosse di nuovo l'elicottero). Per esempio, quando Agnelli scendeva su Mollière, un fuoripista primaverile di quindici chilometri che toglieva il fiato anche a lui. Allora, per rientrare ai Duchi d’Aosta, o passare a salutare i cugini Camerana che avevano casa, arrivava una Fiat 2300 con un gran cesto di vimini sul tetto. Era una versione speciale, con profili di legno sulle fiancate. E naturalmente, come la erre arrotondata, il “veda…” e l’orologio sul polsino, a Torino il cesto diventò una moda da imitare.

Familiari “Tailor Made”. Per ammirare l'Avvocato al volante, in alta quota, bisogna invece cambiare epoca e panorama. Lo scenario diventa quello dei laghi dell'Engadina, sulla strada per Suvretta, dove Agnelli aveva uno splendido chalet. Anche lì lui arrivava volando, con un Falcon Jet della Fiat, ma poi aveva bisogno di muoversi, perché a differenza del Sestriere - dove le piste finiscono sulla porta di casa – a Sankt Moritz serve sempre una macchina. E così fu realizzata la sontuosa 130 familiare, anche questa con riporti in legno, molto americani, prodotta dalla Carrozzeria Introzzi di Como su progetto del Centro Stile Fiat. Un’altra station wagon usata da Agnelli in Svizzera fu la Lancia Thema disegnata da Zagato. Anche se meno esclusiva della 130, questa vettura è interessante: anticipa, nelle linee essenziali, il modello che verrà costruito in grandi numeri da Pininfarina, ma senza i compromessi dettati dalla produzione. Nel prototipo per l'Avvocato - ufficialmente un regalo alla moglie Marella - i montanti posteriori sono sottili e nascosti da cristalli, il tetto più agile e leggermente arcuato.

Un'auto per ogni occasione. Ma nel garage tra i boschi di Suvretta c’erano almeno altre due auto speciali, utilizzate soprattutto d’estate. Una è la Panda del 1980 (la prima delle undici possedute), in versione trasformabile, adatta alla montagna come al mare. La seconda è uno spider “one-shot” tratto dalla Delta Integrale, con cambio sequenziale e duecentocinquanta cavalli elaborati Abarth.
Questi e chissà quanti altri, furono i giocattoli dei uno degli italiani più ammirati nel mondo.

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