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SORELLE D’ITALIA

Sul finire degli anni Sessanta, quando la crisi del petrolio è ancora lontana, arrivano tre velocissime GT, costruite senza economia e caratterizzate da consumi elevati. Sono la “Daytona”, la “Miura” e la “Ghibli”, oggi più che mai desiderate dai collezionisti di tutto il mondo. Ma è la Ferrari che vale di più.

Valutate rispettivamente 155.000, 129.000 e 36.000 euro, la Ferrari “Daytona”, la Lamborghini “Miura” e la Maserati “Ghibli” continuano a destare l’interesse dei collezionisti. La Ferrari “365 GTB/4 Daytona”, che debutta nel 1968, presenta un motore anteriore longitudinale a 12 cilindri a V e trazione posteriore con cambio in blocco con il differenziale; il telaio è a traliccio di tubi d’acciaio, con sospensioni indipendenti e quattro freni a disco; la carrozzeria, in acciaio con cofani in alluminio, è disegnata da Pininfarina; l’abitacolo è ampio, con sedili accoglienti e sportivi.

La maneggevolezza della “Daytona”, limitata dal peso elevato (1200 kg), viene però favorita dalla potenza e dall’elasticità del V12, dal passo corto (2400 mm) e dalla buona distribuzione dei pesi. A causa del centro di rollio alto e della leggerezza in coda, questa vettura evidenzia un leggero sottosterzo in entrata con un deciso sovrasterzo in uscita.

La Lamborghini “Miura”, qui presentata nella versione “S” del 1968, nasce nel 1966 con la firma di Bertone. Il propulsore è un V12 di 4 litri da 370 CV montato trasversalmente e il gruppo cambio-differenziale è in blocco; il telaio è monoscocca in acciaio saldato e la carrozzeria è caratterizzata dai cofani in alluminio ad apertura integrale; la plancia è quasi futuristica, con tachimetro e contagiri ai lati del piantone, mentre tutti gli altri strumenti sono raggruppati nella console centrale; l’altezza da terra è molto ridotta e la posizione di guida, quasi sdraiata, è molto simile a quella di una Formula 1.

Lo sterzo è pesante, il pedale della frizione e la leva del cambio sono difficili da manovrare; l’ottima distribuzione dei pesi e il centro di rollio molto basso rendono eccellente l’inserimento in curva; i limiti sono difficilmente raggiungibili, ma avvicinandosi ad essi la “Miura” diventa “selvaggia” e poco controllabile.

La Maserati “Ghibli” è molto più confortevole e facile da portare; nata nel 1966 e disegnata da Giugiaro, ha un motore V8 anteriore longitudinale in blocco con cambio e frizione e un telaio in acciaio a traliccio tubolare; all’avantreno le ruote sono indipendenti e al retrotreno troviamo un assale rigido con sospensioni a balestra e differenziale autobloccante. L’esemplare della prova è una “Ghibli SS” lanciata nel 1970, il cui motore, portato da 4,7 a 4,9 litri, eroga una potenza di 335 CV.

Lo sterzo servoassistito, la frizione non troppo pesante, il cambio preciso e ben sincronizzato rendono piacevole la guida. Nel misto stretto la “Ghibli”, a causa della massa non trascurabile, dei pneumatici alti e stretti e della ripartizione non ottimale dei pesi, mostra un sensibile sottosterzo all’entrata della curva, per poi passare a un deciso sovrasterzo in uscita favorito dalla presenza del ponte rigido posteriore.

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Categorie: Auto
Tags: ferrari
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