Nel nome del padre, anzi del nonno. Da tre generazioni l’officina Toni a Maranello (quasi di fronte alla storica entrata della Ferrari, in via Abetone Inferiore) tratta le granturismo e le Sport del Cavallino rampante “dandogli del tu”, con un approccio unico nel suo genere. Che deriva da chi, queste auto, le ha viste nascere e le ha costruite, metabolizzando tutti i segreti che le rendono, da sempre, esclusive e desiderate in tutto il mondo. Non è un’officina auto- rizzata, ma in realtà è molto di più, proprio perché il fondatore, nonno Franco, iniziò il suo lavoro in bottega, dopo vent’anni di attività per il reparto Corse di Maranello, grazie a una stretta di mano con un certo Enzo Ferrari.
Che storia! Sì, è proprio così”, dicono oggi i nipoti Andrea e Davide, “il nonno ha iniziato a lavorare alla corte del Commendatore agli inizi degli anni 50, quando quasi sempre le granturismo avevano un doppio utilizzo da parte dei clienti, su strada e nelle competizioni. Quindi, si lavorava in fabbrica dal lunedì al venerdì e nei weekend si seguivano i clienti e le scuderie sui vari circuiti europei. Il nonno diventa molto amico dei vari Alberto Ascari, Luigi Villoresi, Lucien Bianchi, Alfonso de Portago, Olivier Gendebien, Wolfgang von Trips e Mike Hawthorn”.
Dall’Emilia a Francorchamps. Nel 1954, Franco con la moglie Antonietta si trasferiscono in Belgio. Il nuovo ambiente è quello del Garage Francorchamps, fondato da Jacques Swaters, dove raccoglie un bagaglio di esperienza, sui campi di gara, veramente fuori dall’ordinario. “Rientrato in Italia”, continuano i nipoti, “nonno Franco apre una piccola officina meccanica. E qui il suo sapere è una garanzia per i clienti, che sanno di poter contare su manutenzioni impeccabili dei loro veicoli. Parliamo dei migliori marchi della terra dei motori”. In questo periodo il figlio, Silvano, a sua volta muove i primi passi nel mondo della meccanica, si appassiona e impara a smontare e rimontare in tempo record il 12 cilindri delle Ferrari 250 GT. Poi, anche nel suo caso, arriva puntuale la chiamata del Cavallino rampante: “Buon sangue non mente”, sentenzia il Commendatore, che non perde tempo e offre al giovane Toni un con- tratto a tempo indeterminato nel reparto corse della sua fabbrica.
Con il benestare del Drake. Nel 1975, quella che era nata come ditta individuale diviene la Toni Auto, con sede a Maranello, come è conosciuta oggi. A quel tempo il figlio, Silvano, che ha 25 anni, decide di lasciare il Cavallino per lavorare col padre, assorbendone tutta la passione e l’esperienza. “Con il benestare di Enzo Ferrari”, proseguono i nipoti, “all’epoca bastava una stretta di mano virtuale per sancire un accordo. Il ‘Drake’, per sua stessa ammissione, non voleva perder tempo con le Ferrari usate e quindi aveva sempre visto di buon occhio la nostra officina, in grado di garantire una manutenzione ineccepibile. All’epoca non si parlava di ‘restauro’, che oggi è diventato il core business degli artigiani del nostro mondo”. Sono gli anni di Arturo Merzario, Clay Regazzoni, Niki Lauda e Carlos Reutemann; è l’epoca d’oro delle grandi sfide e delle vittorie mondiali che fanno sognare. L’officina Toni non è soltanto un luogo in cui si lavora, ma uno spazio in cui si scambiano idee, si sperimenta, si collabora e soprattutto si condivide la stessa passione per i motori tipica della “tera di mutur”. “Si coltivano le grandi amicizie”, sottolinea Andrea, “e i rapporti che ancora oggi resistono, nonostante il passare del tempo, come quelli con la famiglia Righini”.
Lavorare a occhi chiusi. E siamo alla terza generazione, quella dei figli di Silvano (scomparso alla fine dello scorso anno), entrambi diplomati all’istituto Ipsia Alfredo Ferrari. Entrambi coltivano lo stesso interesse per le auto che contraddistingue da sempre la fa- miglia. “Lavoriamo senza problemi anche sulle granturismo degli anni 90, la tecnologia non ci spaventa. Ovviamente preferiamo i classici V12, dato che li abbiamo visti ricostruire dal nonno e dal papà e abbiamo quindi avuto la possibilità di carpirne tutti i segreti. Tra l’altro, ora non si fa più manutenzione”, spiega Davide, “ma quasi esclusivamente restauro, di due tipologie, per la precisione. Esiste un ripristino totale che deriva dall’idea di riportare un veicolo al top, partendo dalle sue condizioni originali. Con alcuni eccessi: a volte arrivano in officina auto in kit di montaggio, tutto messo alla rinfusa nelle scatole, magari con molte parti mancanti. E poi c’è l’auto che, a vent’anni e oltre dal primo restauro, richiede nuove cure: bisogna ricominciare da zero. An- che perché l’approccio al restauro negli anni 80 era radicalmente differente rispetto a quello attuale, rigoroso e senza sbavature. Insomma, il lavoro non manca”.
Leit motiv di famiglia. Appena varcata la soglia di entrata, c’è un piccolo ufficio dove spiccano tutti i manuali di officina e i book fotografici dei restauri più impegnativi, il tutto condito da modellini in ogni scala che costituiscono il leit motiv della famiglia Toni, sin dalla prima generazione. Poi si accede all’officina, col primo attentato alle coronarie: su diversi ponti sollevatori sostano alcuni gioielli provenienti dal- la carrozzeria: stanno per essere nuovamente riaccoppiati sia alla meccanica sia alla ciclistica. Poco più in là, la sala motori (altro colpo al cuore), con monoblocchi, testate, carburatori e cambi di velocità già restaurati o smontati in attesa di revisione. Al primo piano, la stilettata definitiva: il magazzino ricambi, con molti componenti originali recuperati nel corso degli anni e pronti al montaggio. Il tutto è vivamente sconsigliato ai deboli di cuore, soprattutto se il colore è rosso corsa.