Un dipinto a mille colori di Steve McQueen che ripercorre dal profondo la sua enorme passione per il mondo delle corse. E racconta il volto umano della leggenda. Partendo dalle sue grandi debolezze…
Impareggiabile per carisma. Sì certo, pressato da un lato dall’eterno ribelle James Dean e dall’altra dal meno consumato Paul Newman, ma diamine: Steve McQueen è pressoché inarrivabile. Il docufilm “Una vita spericolata”, che non ha Vasco Rossi come co-autore né come produttore, ne ripercorre per due ore serrate le gesta, raccontando dal cuore la sua viscerale passione per il mondo dell’auto e, ancora di più, per quello delle corse.
Narrato con sapienti interviste raccolte su uno sgabello e da uno studio a fondo blu, il docufilm ripercorre soprattutto la complessa genesi del film “Le 24 Ore di Le Mans”, l’opera più sofferta dello Steve McQueen attore, produttore, pilota. Dopo aver trionfato per coraggio alla 12 Ore di Sebring del 1970, piazzato secondo con Peter Revson su Porsche 908/2 e dopo aver guidato con il piede sinistro fasciato a seguito di un incidente in moto, tutto il suo impegno e la sua passione sono stati riversati su quella pellicola.
Faticosa, combattuta, folle, con spese che sono sfuggite a qualsivoglia controllo (un budget multimilionario record per l’epoca), con una serie di avvicendamenti importanti e improvvisi per essere portato a compimento, con incidenti costruiti e anche purtroppo realissimi nella realizzazione – non ultimo quello di David Piper che su quel set ha lasciato metà gamba… – e con piloti bravissimi, tra cui Derek Bell (5 volte iridato a Le Mans) che hanno dedicato giorni, anzi mesi all’impresa. Epico.
Ecco, “Steve McQueen – Una vita spericolata”, pellicola firmata da Gabriel Clarke e John McKenna, distribuita da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection e con TAG Heuer come presenting partner, forse supera ancora di più il film per abilità narrativa ed è un ritratto trasparente e per certi aspetti mai visto del mito McQueen – compresi alcuni tagli e incisioni vocali inediti -, in sostanza un quadro dipinto sfruttando tutti i colori della tavolozza.
Interessante anche il ricordo del figlio Chad McQueen, a sua volta vittima – anche fisicamente – della passione per il mondo delle corse, che riassume con questa frase: “Motorsport is the strongest drug in the world” (non c’è droga al mondo più potente dello sport motoristico). Presentato al Festival di Cannes, sezione Classics, e al Biogram Festival di Bologna a giugno, il film sarà distribuito nelle sale italiane dal 9 novembre.
D.G.