Possedete una vettura costruita cinquant’anni fa? Se ritenete che ciò basti per dire che è d’epoca, vi sbagliate. Perché in Italia l’età non è sufficiente per determinare la storicità di un veicolo. Se non si dispone dei documenti ove si attesta che la vettura è di “interesse storico e collezionistico”, essa è soltanto “vecchia” e con pochi, pochissimi diritti ad esistere e a circolare.
Tutto ciò è la naturale conseguenza della cronica assenza di una legge nazionale che regoli in modo preciso e definitivo la materia, una giungla nella quale è facile perdersi. Le uniche certezze, per i veicoli non certificati, riguardano il “bollo”: in tutta Italia alcuni mezzi con più di vent’anni segnalati dall’Asi (Automotoclub Storico Italiano) e tutti quelli con più di trent’anni, se non circolano, sono esentati dal pagamento della tassa; se invece circolano, pagano una tassa ridotta e unica di 25,82 euro l’anno.
Succede però che i regolamenti regionali modifichino sia l’entità della tassa (soprattutto per i veicoli tra i venti e i trent’anni), sia i “diritti” dei veicoli d’epoca a circolare. Queste disparità, che in mancanza di disposizioni nazionali si estendono anche alla libertà di circolazione, sono la causa principale della confusione che avvolge gli appassionati.
In un’ampia panoramica di ben 11 pagine sul numero di marzo di Ruoteclassiche vi diciamo tutto ciò che si deve sapere sulla gestione di un’auto storica.