La Bugatti Royale gira sulla pista con un bel rumore basso e potente e incede con passo elegante nonostante la stazza monumentale. A muovere gli 8 cilindri progettati da Ettore Bugatti nel 1930 non è un carburante fossile, ma uno prodotto combinando etanolo ottenuto da biomasse e CO2 catturata in modo sostenibile.
Il test, che ha sperimentato i carburanti per il futuro su una delle auto più straordinarie del passato, è stato condotto dalla Aramco, compagnia petrolifera saudita che da molti anni sta studiando diverse soluzioni per produrre carburanti sintetici. Per questo ha anche stretto partnership con alcuni costruttori (tra cui BYD, Stellantis e Renault) e con il motorsport, fornendo questi nuovi prodotti per alimentare le monoposto dei campionati di F.2 e F.3 (e in futuro lo farà anche per le F.1), ma pure le vetture che prendono parte alla Dakar e alla Le Mans Classic.
Uno degli ambiti per i quali i carburanti ottenuti da fonti rinnovabili appare interessante è quello delle vetture storiche. E per mostrarne il funzionamento i vertici dell’azienda hanno scelto la Bugatti Royale della collezione Schlumpf di Mulhouse, che è uscita per un giorno dalle sale del Museo Nazionale dell’Automobile per scendere in pista nel piccolo tracciato di prova adiacente alla raccolta ed esibirsi in un breve shake down.
Museo imperdibile
La collezione, creata negli anni 50 e 60 dagli industriali tessili alsaziani Hanz e Fritz Schlumpf e ora gestita da un’associazione di enti locali, è uno dei luoghi imperdibili per gli appassionati di automobili. Nelle sale di una ex filanda si possono ammirare oltre 250 vetture e quasi altrettante sono conservate nei depositi e nell’officina di restauro interna. Qui si trova la raccolta più importante al mondo di Bugatti, l’azienda creata da Ettore nel 1909 a Mohlsheim, a un centinaio di chilometri da distanza.
Nel serbatoio senza modifiche
Tra le auto custodite vi sono due delle sei Royale prodotte. Quella utilizzata per il test ha carrozzeria Coupé Napoleon ed è spinta da un motore 8 cilindri di 12.700 cm3 per 300 CV di potenza. L’auto durante il test è stata rifornita di un carburante sviluppato specificamente per le auto storiche. Nessuna modifica al motore è stata necessaria: il carburante si utilizza come quelli di origine fossile e può anche essere miscelato con questi ultimi. La combustione c’è, e dunque anche le emissioni allo scarico, ma il bilancio finale è positivo, fanno sapere da Aramco, con una riduzione delle emissioni complessive di CO2 lungo il processo di produzione.
“Questo non è un e-fuel (che si ottiene combinando l’idrogeno proveniente dall’elettrolisi dell’acqua con la CO2 catturata dall’atmosfera, entrambi i processi ottenuti con energie rinnovabili, ndr), ma è basato su idrocarburi rinnovabili”, spiega Pierre Oliver Calendini, direttore Ricerca e Sviluppo di Aramco. “Ci sono diversi modi per ottenerli. Attualmente stiamo usando la sintesi da etanolo combinato con la CO2. In futuro, quando l’impianto che stiamo realizzando sarà pronto, useremo l’e-metanolo”.
Tempi lunghi
Al momento questa è ancora un’attività di ricerca e i tempi di un possibile ingresso sul mercato sono lunghi: “Sviluppiamo prototipi per valutare qualità, costi di produzione e riduzione complessiva di CO₂”, prosegue Calendini. “Vogliamo dati solidi prima di pensare a investimenti commerciali. E anche sull’entità della riduzione per ora non vengono comunicati dati: “La definizione di carbon neutral è complicata”, aggiunger il manager. “Nulla è davvero neutrale: anche solo respirando, emettiamo CO₂. Possiamo produrre carburanti dove tutto il carbonio è riciclato o rinnovabile, per esempio, CO₂ biologica o catturata da fonti industriali. Ma per costruire gli impianti servono acciaio, cemento, energia: tutto ciò ha un’impronta. Quindi non è mai completamente neutrale. Per arrivarci, servono anche tecnologie di assorbimento e stoccaggio della CO₂, che stiamo sviluppando”.