Oltre 110 iscritti (di cui 12 con auto anteguerra, una rarità assoluta in una gara di campionato italiano) per una delle gare di campionato italiano più partecipate. La quindicesima edizione del Trofeo Città di Lumezzane è andata in archivio con una giornata intensa condita da 49 prove cronometrate disputatesi tra la Valtrompia e la sponda bergamasca del lago d’Iseo, con passaggi che hanno regalato panorami mozzafiato ai concorrenti (con diversi equipaggi stranieri) che non sono voluti mancare all’appuntamento bresciano.
Rispetto all’edizione passata, la manifestazione ha registrato una diminuzione nel numero di iscritti che pare abbia una causa ben precisa: "Siamo convinti" ha sottolineato Sandro Ghidini, del comitato organizzatore "che i deferimenti di alcuni licenziati Csai ci abbiano penalizzati in termini di iscrizioni. Speriamo che il problema trovi presto una soluzione".
La vittoria, annunciata dai pronostici, è andata all’equipaggio formato da Andrea Vesco e Andrea Guerini che ha condotto la gara dalla prima all’ultima prova a bordo della Fiat 508 S del 1934. I vincitori hanno preceduto per distacco la Lancia Fulvia del 1966 condotta da Vicenzo Bertoli e Alberto Gamba. Sul terzo gradino del podio sono saliti Alberto Riboldi e Paolo Sabbadini su Fiat 508 S del 1933; diversi top driver hanno compromesso la propria gara per aver sbagliato strada durante le prove cronometrate.
Numeri alla mano, il Trofeo Città di Lumezzane non ha tradito le attese: a differenza di tante altre manifestazioni del campionato italiano non c’è stata la tradizionale «inflazione» di A112 e Mini Cooper, dettaglio non trascurabile che è riuscito per un giorno a mettere al centro dell’evento le auto più prestigiose al di là delle prestazioni cronometriche. Hanno «mietuto» sguardi innamorati la Ermini Siluro 1100 Sport del 1951, la Lancia Aurelia B24S del 1955, la Maserati Ghibli SS del 1971 ma anche la Bugatti T40 del 1927 del vincitore dell’ultima Mille Miglia Juan Tonconogy che ha scelto la gara bresciana per preparare il prossimo Gran Premio Nuvolari, «gioielli» difficilissimi da vedere in manifestazioni che non siano grandi eventi.
Daniele Bonetti